Negli interventi di rigenerazione di parti di città, riuso o riqualificazione, dove il progetto del nuovo integra o sostituisce il preesistente, il fattore tempo è frequentemente disatteso o poco analizzato. Nel recupero materiale e immateriale del patrimonio, nella ricostruzione, il progetto è portatore di una intenzione: confrontarsi con la preesistenza, con l’identità precedentemente acquisita del luogo. Nel ri-attribuire un valore ai luoghi è difficile riconsiderare i tempi di costruzione e di uso ormai stratificati quando il nuovo progetto, portatore di un linguaggio autonomo, ha un uso veloce, un tempo immediato. Lo spazio è noto nella sua identità mentre l’intervento contemporaneo rispetto al consolidato presenta un fattore tempo debole: un displacement temporale.
L’identità del progetto rivisitata, assimilata o ridisegnata non appartiene solo al manufatto, ma alle relazioni con il contesto nel suo significato più ampio che “colui che vive lo spazio” riconosce emotivamente come tali e stabilisce come proprie con il contesto stesso.
Molte sono le interpretazioni sul modo di esplorare lo spazio in architettura che ci hanno permesso di consolidare la correlazione tra spazio e architettura e queste derivano dall’immediatezza con cui si esplicita l’architettura come una “cosa spaziale”. Husserl concepisce lo spazio com’era già definito da Platone nel Timeo, cioè come avente una natura che non è intelligibile né sensibile, e che soltanto può essere conosciuta da un “ragionamento”, e oggi possiamo anche dire da “un sentimento”.
Lo spazio non si manifesta, non diventa fenomenico; non esiste una vita specifica dello spazio, piuttosto si costituisce insieme alle cose.
Modalità:
Saranno proposte ai dottorandi progetti e letture sul tema. Al termine sarà loro richiesta una riflessione progettuale. Parteciperanno al seminario due ospiti.
9, 11, 15, 18 Dicembre