Offerta formativa anno accademico 2023/2024


Elenco dei corsi/attività primo anno

titolocrediti
LINEE DI RICERCA A PARTIRE DA GIUSEPPE TERRAGNI _prof. A. Saggio 10
VERSO UN’ARCHITETTURA PER I RITI FUNEBRI LAICI _prof. Caterina Padoa Schioppa 10
QUALI PAROLE CI SERVONO. UN GLOSSARIO PER L’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA_ prof. Maria Clara Ghia 10
RIPENSARE I MUSEI UNIVERSITARI DI SAPIENZA. Comunicare un sapere in divenire_ proff. Andrea Grimaldi e Paola Guarini 10
NATURA E INFRASTRUTTURA IN CITTÀ. il caso studio della Petite Ceinture di Parigi _ proff. Nicoletta Trasi e Renzo Lecardane 10
TARANTO DA RIPENSARE. ABITARE IN ECODISTRICT AI PIEDI DI UN PONTE_ prof. Paola Veronica Dell’Aira 10
UPLIVING LAMPEDUSA _ prof. Nicola Flora 10

Eventuali maggiori informazioni per le voci sopra elencate

LINEE DI RICERCA A PARTIRE DA GIUSEPPE TERRAGNI
Antonino Saggio
Il seminario si articola con incontri che esaminano gli sviluppi critici dell’architettura di Giuseppe Terragni (1904-1943). Come è ben noto Terragni è considerato tra i più interessanti architetti italiani del 1900 e il suo lavoro è stato fonte di continue letture e riletture critiche gìà a pochi anni dalla sua morte prematura avvenuta dopo il rimpatrio forzato dalla tragica campagna di Russa nella seconda guerra mondiale.
Nel seminario si affronteranno in una serie di lezioni successive i motivi principali della sua architettura in particolare
1. Lo spirito nuovo con particolare riferimento alla creazione del Gruppo 7, all’adesione al Miar e alla progettazione delle Officine del gas del 1927 e del Novocomum del 1929
2. Progettare pericolosamente che discute del clima politico e propagandistico degli anni Trenta anche in rapporto alla volontà rivoluzionaria della nuova a architettura. Ci si soffermerà in particolare nell’analisi della Casa del fascio di Como
3. Caposcuola a Milano, Si indagherà la stagione dei grandi concorsi per la città di Roma e la realizzazione di case d’abitazione a Milano in particolare la Casa Rustici
4. Oltre il Razionalismo, si indagherà la partecipazione a rilevanti iniziative espositive (come la Triennale di Milano) e pubblicistiche (come a rivista “Quadrante”). Ci si soffermerà sulle case d’abitazione e sull’Asilo Sant’Elia
5. Il vetro spezzato indagherà in nuovo clima degli anni precedenti la guerra e opere come il Danteum e la casa Giuliani Frigerio

Le lezioni avranno carattere seminariale con un aperto dialogo tra i partecipanti sulla base di alcune tracce di approfondimento e di letture preparatorie. In particolare verrà chiesto ai dottorandi di individuare dei temi architettonici presenti nell’opera di Giuseppe Terragni che possano avere rilevanza nello sviluppo della loro ricerca attuale. A secondo della pregnanza del lavoro gli esiti del Seminario potrebbero convergere come nel passato in opere pubblicate.
Il seminario può terminare con un prodotto che verrà delineato lungo lo sviluppo dello stesso seminario e il cui grado di coinvolgimento è volontario e supera i limiti istituzionali del seminario.

Bibliografia.
Antonino Sgagio, Giuseppe Terragni una biografia critica, letteraventidue, 2022
Fiamma Ficcadenti, Selenia Marinelli, Linee di ricerca: Temi e ricerche del Dottorato in Architettura - Teorie e Progetto 1986-2020, Lulu.com 2020
Altri testi saranno consigliati parallelamente allo svolgersi del seminario


VERSO UN’ARCHITETTURA PER I RITI FUNEBRI LAICI
Caterina Padoa Schioppa
A tutti sarà capitato di partecipare a funerali celebrati in circostanze squallide – in un parcheggio, in un retrobottega, in una stanza insignificante o in luogo di culto estraneo a chi si vuole commemorare. A tutti sarà capitato di ‘attendere’ per settimane la consegna delle ceneri di un defunto, dopo una cremazione avvenuta in un’architettura che somiglia più a una fabbrica di feretri che a uno spazio solenne, o addirittura di dover viaggiare da una regione a un’altra per poter soddisfare il diritto a farsi cremare. Oggi in Italia un terzo della popolazione sceglie la cremazione ad altre forme di sepoltura, per ragioni molteplici – politiche, religiose, logistiche, economiche, ecologiche – ma i crematori non riescono a soddisfare tutte le richieste. La domanda di spazi civili per il rito funebre, tra l’altro, sembra interessare tutte le persone, indifferentemente dalle convinzioni politiche e religiose.
Lo spazio del commiato va dunque radicalmente ripensato, come del resto avviene in altri paesi europei – Belgio, Francia, Germania e tutti i paesi scandinavi – dove l’architettura per i riti funebri laici – crematori, funeral homes, sale del commiato, giardini della memoria etc. – è da qualche decennio oggetto di un serio dibattito politico ma anche, parallelamente e autonomamente, di una riflessione architettonica, sia nelle compagini accademiche, sia nell’ambito professionale. In Italia tranne poche associazioni (tra le quali la So.Crem, Federazione Italiana Cremazione) ad occuparsene sono quasi esclusivamente le agenzie funebri private (pensiamo alla coraggiosa e irriverente campagna pubblicitaria della Taffo).
Occorre investire tecnologie intellettuali e risorse materiali in un progetto su vasta scala per colmare un vuoto sul piano tanto politico quanto formale. Sebbene la legge italiana in materia, dall’inizio degli anni Novanta (D.P.R. n 285/90), preveda la presenza diffusa sul territorio di strutture progettate a questo scopo, moltissimi comuni ne sono ancora sprovvisti.
Come tutta ‘l’architettura inutile’, la cui ragione principale risiede nella sfera del simbolico e nel mondo magico che essa vuole invocare e incarnare, l’architettura per il rito funebre civile – ma dovremmo aggiungere per qualsiasi altro rito laico – deve essere pensata come uno spazio sacro, seppur in senso anonimo e impersonale.
Il Seminario è l’occasione per approfondire un tema architettonico radicale, necessario e pressoché inedito, attraverso l’incontro con studiosi che hanno affrontato la questione da diverse prospettive. Al termine del Seminario i dottorandi dovranno produrre un ‘manifesto’ in forma libera che rappresenti la sintesi di una riflessione critica, teorica e progettuale sul tema.


QUALI PAROLE CI SERVONO. UN GLOSSARIO PER L’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA
Maria Clara Ghia

Il seminario propone una riflessione teorico/critica intorno alla necessità della formulazione di un glossario per l’architettura contemporanea. Obiettivo degli incontri è tornare a insistere sulla centralità delle teorie dell’architettura (inevitabilmente plurali e transdisciplinari) nel momento attuale, per affrontare gli eventi trasformativi che hanno avuto luogo nell'ultimo quarto di secolo: gli effetti della crisi ambientale, le migrazioni di massa, la pandemia, la polarizzazione politica, la crescente disparità di reddito e così via. Eppure il linguaggio sembra mancarci: da una parte partecipiamo all’abuso di slogan il cui significato si fa ancora più confuso a causa della velocità e superficialità con cui oggi i messaggi vengono consumati, dall’altra assistiamo all’oblio di alcune
parole essenziali per descrivere i fenomeni architettonici, necessarie per re-immaginarli e re-indirizzarli verso traiettorie in grado di corrispondere alle sfide cruciali nella contemporaneità. E se manca il linguaggio, viene meno l’esercizio del pensare e di conseguenza del dare forma. Quali parole trascuriamo per descrivere i fenomeni in atto nel panorama architettonico, quali parole ci ingannano o creano fraintendimenti rispetto agli obiettivi che dobbiamo prefiggerci, quali parole ci servono per ritrovare un senso nel fare progettuale?
Joan Ockman, direttrice del PhD program in architecture presso Yale University, ha introdotto il suo seminario del 2020, anno successivo al dilagare della pandemia, con le parole “Architectural theory is back”. Questo ritorno delle teorie è veramente avvenuto? Se in epoche passate la teoria si presentava agli architetti come una sorta di dottrina da seguire, oggi che la stessa definizione disciplinare e gli ambiti di intervento dell’architettura necessitano di una riformulazione, le teorie architettoniche funzionano più che altro come una piattaforma per il dibattito e per la manifestazione di strategie intellettuali e critiche. Ma se analizziamo il linguaggio corrente nei testi più diffusi di teorie dell’architettura, per non parlare di quello adottato su riviste e quotidiani, non possiamo non accorgerci che di fronte ai grandi cambiamenti cui l’architettura dovrebbe rispondere non mancano solo soluzioni dal punto di vista funzionale o morfologico, mancano anche le parole.
Architettura sostenibile, inclusiva, green, parametrica etc.: sono sufficienti, queste definizioni abusate, a spiegare i fenomeni in atto, a farci immaginare altre traiettorie possibili, a indirizzarci verso il continuo cambiamento che la crisi ambientale, sociale e politica richiede alla prassi architettonica? L’obiettivo del seminario è fornire ai dottorandi gli strumenti per un esercizio di natura critico-analitica sul pensiero intorno alla nostra disciplina, e per una efficace esplorazione occorre innanzitutto tornare a cercare le parole giuste. La finalità è di natura metodologica: dalla redazione collettiva del glossario dal quale prendere le mosse, il dottorando sarà invitato a
sviluppare un percorso individuale sviscerando il significato di una singola parola-chiave individuata come essenziale nella propria ricerca, e sarà chiamato a puntualizzare gli esiti dello studio attraverso i due output principali che ogni studioso deve saper predisporre e presentare, ovvero il testo scritto e la lezione ex cathedra.

1_ Step: Alla ricerca delle parole necessarie > focus: Come si redige un glossario?
Giornata istruttoria: presentazione del tema attraverso letture e comunicazioni da parte del docente e di discussant esperti invitati.
Dibattito intorno al linguaggio corrente nel panorama architettonico contemporaneo, riflessione sull’abuso e sulla vaghezza di significato dei termini più inflazionati, indagine riguardo alle parole che si ritengono mancanti e necessarie.
2_ Step: Una parola ciascuno > focus: Come si sottopone ad analisi il significato di una parola?
I dottorandi presenteranno la parola-chiave che hanno scelto di analizzare. Si individuerà una bibliografia di riferimento appropriata per investigare i significati della parola in questione (trattati o testi di teorie dell’architettura, scritti di architetti, ma anche saggi che si affacciano su altre discipline – filosofia estetica, storia dell’arte, sociologia, opere letterarie, romanzi, etc.) e una ristretta selezione di opere di architettura contemporanea le cui caratteristiche spaziali e morfologiche saranno studiate “sotto la lente” del significato della parola scelta (Il dottorando svolgerà l’indagine utilizzando gli strumenti che ritiene più appropriati, tra disegni, fotografie,
modelli tridimensionali, video etc.)
3_ Step: Un testo per ogni parola > focus: come si scrive un articolo?
Ogni dottorando sarà invitato a redigere un breve saggio (15.000-20.000 battute) nel quale sarà portata a sintesi l’analisi della parola chiave scelta. Saranno fornite norme editoriali e bibliografiche e sarà richiesta una particolare attenzione alla stesura del testo.
4_ Step: Una lezione per ogni parola > focus: come si svolge una lezione?
Ogni dottorando preparerà una lezione (la cui durata sarà stabilita in base al numero dei partecipanti). Sarà possibile predisporre un powerpoint o altro supporto video attraverso cui esporre i risultati dell’analisi condotta sulla parola-chiave scelta.
5_ Step: Presentazione finale
Giornata conclusiva: i dottorandi saranno invitati a raccogliere i lavori individuali in un glossario complessivo e a presentare gli esiti della ricerca a una giuria selezionata, che risponderà con un commento critico. Si riaprirà la discussione intorno al linguaggio corrente nel panorama architettonico contemporaneo inaugurata durante la prima giornata e si valuterà la necessità, la chiarezza e la rilevanza delle parole mancanti emerse nel corso del seminario.


RIPENSARE I MUSEI UNIVERSITARI DI SAPIENZA. Comunicare un sapere in divenire
Andrea Grimaldi e Paola Guarini

Il tema
Nel vasto campo della museografia contemporanea, il tema dei musei universitari è argomento di grande interesse perché in esso si palesa, potremmo dire per statuto, l’idea del museo come luogo della restituzione di un sapere in divenire, frutto degli esiti delle ricerche universitarie che in quegli spazi dovrebbero trovare il modo di essere raccontati, in primis agli studenti, ma non solo a loro. Un museo dunque in cui alla definizione di luogo della conservazione e conoscenza delle esperienze e documentazioni passate, si associa l’idea della comunicazione e divulgazione delle attività della ricerca. Un museo dove una parte dell’allestimento si dovrebbe o potrebbe modificare con grande velocità per restituire, in presa quasi diretta, il frutto delle nuove scoperte.
I musei universitari sono anche luoghi di studio e formazione, conformandosi come spazi ibridi in cui l’articolazione interna cerca, con alterne fortune, di rispondere alle diverse esigenze funzionali.
Appaiono insomma concettualmente come dei musei di estremo interesse perché questa loro poliedrica condizione d’uso e di funzione ce li presenta quali ideali casi di sperimentazione e ricerca di nuove idee e visioni per il museo contemporaneo, chiamato sempre più ad assumere un ruolo importante di rappresentanza identitaria per le nostre società, anch’esse in continua evoluzione.
Ma al di là di questa lettura concettuale, qual è la realtà dei musei universitari italiani?
La Sapienza da diversi anni ha dato luogo al coordinamento dei suoi 20 musei, ciascuno con una propria specificità e identità culturale, creando il Polo Museale Sapienza che ne coordina le attività soprattutto nell’ambito delle comunicazioni verso l’esterno.

Gli obiettivi
Il seminario vuole proporre ai dottorandi una riflessione teorico-progettuale che partendo dalla tipologia del museo universitario, si estenda a ragionare sulla idea di museo contemporaneo, visto non più e non solo quale luogo della conservazione ma piuttosto quale struttura viva e rappresentativa di una comunità, spazio da “abitare” e non solo da visitare.
Il campo d'indagine da cui far scaturire le proprie riflessioni sarà il Museo di Arte Classica della Sapienza, uno dei più famosi e prestigiosi musei del Polo.
A ciascun dottorando sarà chiesto di riformulare l’organizzazione spaziale della struttura tenendo conto delle tre mission del museo universitario:
divulgare e far comprendere i processi storici e le principali linee di ricerca che hanno caratterizzato l’evoluzione scientifica e determinato lo stato attuale delle conoscenze in uno specifico settore disciplinare;
aprire il museo universitario alla città, interpretando gli obiettivi di Terza Missione degli Atenei Italiani, condividendo con la comunità, non soltanto universitaria, gli esiti delle ricerche più recenti.
accogliere gli studenti e le loro attività di studio.

Gli esiti
Ai dottorandi verrà richiesto di formulare un prodotto di sintesi in cui una serie di grafici a tecnica libera (collages, fotomontaggi, render, disegni bi e tridimensionali etc.) racconteranno con il supporto di testi sintetici, alla maniera di corpose didascalie, i principali obiettivi dell’ipotesi spaziale e narrativa proposta, i significati sottesi e le componenti teoriche della visione progettuale. Il prodotto dovrà presentarsi in forma di brochure/manifesto della proposta elaborata.
I migliori risultati potranno trovare spazio all’interno degli esiti pubblicistici di una ricerca in corso di svolgimento sui musei universitari di cui i proponenti del seminario sono i responsabili.

Struttura del seminario
Il seminario sarà strutturato in una serie di comunicazioni da parte dei docenti proponenti con il coinvolgimento dei rappresentanti delle istituzioni museali del Polo e di esperti e studiosi di chiara fama negli ambiti della museologia e della museografia. Saranno organizzati sopralluoghi alle strutture del Polo ed al museo interessato dalla sperimentazione progettuale.
Le giornate impegnate da questo seminario saranno 7 e si distribuiranno tra maggio e giugno:
a maggio si terranno gli incontri formativi, i sopralluoghi (3 e 10) e tre giorni di workshop (17-18-19);
a giugno una giornata di revisione collettiva (7) e una giornata di presentazione pubblica delle proposte elaborate ad una commissione di membri esperti (21).


NATURA E INFRASTRUTTURA IN CITTÀ. il caso studio della Petite Ceinture di Parigi
Nicoletta Trasi e Renzo Lecardane
Il tema del costruito, e in particolar modo del consumo di suolo, rappresenta una delle questioni principali del dibattito sull’equilibrio degli ecosistemi, sulla biodiversità e sulla qualità della vita. L’intervento sull’esistente pone l’accento sulla necessità di ripensare i territori e le nostre città in una prospettiva che non tenga conto solo dei singoli obiettivi quanto dell’impatto su tutte le risorse.
Di fronte alla crisi della società della crescita, sobrietà e frugalità sono le parole chiave di un altro modo di trasformare il costruito con una responsabilità rinnovata nei confronti dell’urgenza ecologica e climatica, in un’economia della misura e del rispetto della biodiversità (P. Madec, 2021).
Il Seminario intende focalizzare l’attenzione sull’urgenza di cambiare passo per accelerare il cambiamento culturale verso i temi della transizione ecologica e la biodiversità in ambito urbano, soffermandosi sul caso di studio della Petite Ceinture a Parigi, infrastruttura ferroviaria abbandonata che circonda anularmente la città di Parigi. Questo caso studio offrirà ai dottorandi la possibilità concreta di riflettere sul suo riutilizzo in chiave ecologica, sia alla scala micro dell’intervento puntuale che alla scala macro dell’insieme.
Il breve viaggio a Parigi servirà a vedere da vicino questi luoghi e ad incontrare alcuni architetti e urbanisti coinvolti in questo progetto urbano di rigenerazione.
Ai dottorandi sarà richiesto la scrittura di un testo critico e l’elaborazione di una tavola Manifesto- metaprogettuale che mettano in evidenza le criticità e le potenzialità delle interazioni della Petite Ceinture con l’ambiente naturale e costruito della metropoli.
Il programma dettagliato sarà fornito in seguito.
parole chiave: transizione ecologica, intervento sull’esistente, infrastruttura, natura, interscalarità


TARANTO DA RIPENSARE. ABITARE IN ECODISTRICT AI PIEDI DI UN PONTE
Paola Veronica Dell’Aira

PREMESSA
Grazie al progetto di un Ponte Pedonale (il Q45), condiviso con l’ideatore, Gruppo Foresta, vengo coinvolta dalla Municipalità di Taranto in una Serie di iniziative culturali sul futuro della città, per ritracciarne il volto, con interventi puntuali, ma esemplari, che la rilancino sullo scenario delle città virtuose in Agenda 2030: una nuova ‘Taranto bene comune’ che si lasci alle spalle il triste disastro ecologico cui lega il suo nome.
Il Comune si dà il compito di una diffusa opera di Rigenerazione Urbana, di qui al 2026, anno nel quale è stata eletta a ospitare i Giochi del Mediterraneo 2026.
L’immaginato Ponte Pedonale congiunge i due seni del Mare Piccolo, tra le due Punte Penne e Pizzone, viaggiando in sospensione, appeso alla possente struttura in c.a. del viadotto autostradale esistente (1977) già Ponte delle 3P (PuntaPennePizzone) re-intitolato ad Aldo Moro, suo primo ideatore, e che fu poi tragicamente assassinato l’anno seguente. Il Ponte pedonale Q45 attraversa uno ‘stretto azzurro’ di due chilometri) viaggiando a 45 metri di quota sul pelo dell’acqua, godendo di splendide viste, su uno scenario di parchi, monumenti e mare di commovente bellezza con la sicurezza, libertà, e felicità di essere noi, i pedoni, i ciclisti, gli skaters, le carrozzine, i padroni della scena.
La sequenza di iniziative, ALDO MORO: IL PENSIERO DEL PONTE nel Mediterraneo riflessioni a mezzogiorno, si protrarrà sino a Dicembre 2023, promuovendo, Incontri-Confronti con studiosi, docenti, progettisti, amministratori e associazioni cittadine.
Saranno 12 pomeriggi di Studio, con Lecturers, Mostre, Presentazioni, dibattiti, partecipabili in presenza o a distanza.
Filo rosso: visioni, problemi, prospettive per la città futura. Taranto si riposiziona al centro del Mediterraneo valorizzando il suo patrimonio costruito e vissuto, e riflette sul concept del ponte, che secolarmente ne segna i passaggi, quelli interni al suo stesso tessuto urbano, fatto di intervalli continui tra terra e mare. Ascolti, Speach, Proposte rivolti al concept di ‘ponte’ come proiezione al futuro. Perché un ponte non è una infrastruttura, se non prima il simbolo di un braccio teso tra le terre e le genti.
PROPOSTA: SEMINARIO DOTTORALE T&P
Il ponte Q45, riservato alla mobilità lenta e amica dell’ambiente, è una formidabile vision di promenade “mediterranea”
Resta tuttavia uno spazio inesplorato per completarla: lo spazio che accoglie il flusso umano per riportarlo a terra, ovvero i due piazzali di sbarco, quello su Punta Penne e quello su Punta Pizzone. Si scende, ai piedi del ponte, sui due litorali preziosi. Le macchine, al di sopra, si proiettano nell’hinterland di sempre. La gente invece ritrova il contatto fisico con la terra e il mare, già conosciuti dall’alto. Due rampe sfioccano dal ponte Aldo Moro, per disegnare i lievi percorsi digradanti.
I piazzali di sbarco, invece, sono ancora da inventare.
TEMA: È questo il tema lanciato per il SEMINARIO DOTTORALE 2023
Ideare due Living Ecodistricts, uno per sponda, con 26 abitazioni speciali per 26 + 26 atleti paralimpici, provenienti dalle 26 Nazioni, che qui saranno ospitati nel periodo dei Giochi del Mediterraneo del 2026.
Le residenze poseranno su Ground Floors inclusivi per lo svago, luoghi pubblici per utenze deboli, facili da fruire e aperti alla città, con playgrounds e campi d’allenamento … ‘senza tempo da cronometrare’. L’habitat dovrà essere comodo, flessibile, adattivo … non solo per le fragilità degli atleti svantaggiati. Abitazioni ri-adattabili, in seguito, come nuova stabile residenza, alle famiglie sfortunate che attualmente abitano il disastrato Rione Tamburi.
Il contenuto dell’operazione è allora portatore di un delicato ma forte valore simbolico per la città.
Gli approfondimenti saranno forniti, a seguire, all’interno del Seminario
Il SEMINARIO DOTTORALE è preceduto da un WORKSHOP JUNIOR WJ già condotto (gennaio-luglio 2023) con neo-laureati triennali (under 26) che ha lavorato sul medesimo tema
AI Dottorandi è richiesta, in prosecuzione, raffinamento, completamento del lavoro del WJ
• 1 TAVOLA GRAFICA di LIBERA PROPOSTA PROGETTUALE (1 metroquadrato 100x100)
• 1 BREVE SAGGIO (in tema: ‘Taranto al futuro’) 12.000 bb + 6/8 immagini
In programma
• Mostra|Convegno: ALDO MORO: IL PENSIERO DEL PONTE–DICEMBRE 2023. Comune di Taranto, Palazzo di Città
• Presentazione dei Risultati WORKSHOP JUNIOR WJ, Taranto città sfida
• Presentazione dei Risultati del SEMINARIO DOTTORALE 2023, Taranto da ripensare
• Pubblicazione Atti Convegno ALDO MORO: IL PENSIERO DEL PONTE
• Partecipazione (volendo) on_line ai 12 pomeriggi di Studio, durante l’intero anno


UPLIVING LAMPEDUSA
Nicola Flora

Temi del seminario: il seminario intende proporre al centro del proprio interesse le attività di progettazione finalizzata all’autocostruzione che negli ultimi anni ha permesso, a giovani gruppi di progettisti, di sperimentare in maniera diretta, rapida e “politicamente accorta”, la costruzione quale atto sapiente, nello scambio spesso fruttuoso con altri colleghi autocostruttori. Le dinamiche che tali azioni hanno mostrato di saper mettere in campo sono spesso incentrate sulle relazioni con piccole e medie comunità, sulle necessità dei progettisti di saper condividere in breve tempo temi, approcci, soluzioni, e quindi mettersi rapidamente in discussione al fine di ottenere un progetto (e quindi degli oggetti) efficaci in quanto non autoreferenziali ma centrati sulle necessità concrete che chiedono, in sintesi, efficacia di pensiero e rapidità di scelta ed esecuzione. Come ha recentemente detto un maestro come Renzo Piano «un buon progetto realizzato è sempre meglio di un buon progetto».
Nel seminario di questa annualità, che sul piano della strategia si inserisce sulla scia dei seminari degli ultimi due anni, il valore aggiunto è dato dal portato simbolico e politico che i materiali di base che si propone di utilizzare denunciano: la partenza sarà costituita infatti dal riutilizzo di materiali derivanti dallo smontaggio di alcune “barche della speranza” utilizzate dai migranti per sbarcare a Lampedusa, e che il Ministero degli Interni ha concesso in uso al carcere di Opera (Milano) per costruire (con alcuni detenuti ergastolani appositamente educati) una serie di strumenti musicali. Fondazione san Gennaro ha attivato una partnership con chi gestisce tale azione ricevendo in uso alcune di queste barche, e data la nostra lunga interazione con questa istituzione del terzo settore napoletano, noi ne proponiamo l’uso per questo seminario.
L’alto valore simbolico che queste materie hanno, chiede un “UPliving” di alto impatto significativo: si immagina quindi di condividere con Fondazione san Gennaro e altre cooperative sociali del rione Sanità di Napoli le scelte strategiche le quali orienteranno i micro-progetti dei dottorandi (verosimilmente strutture informativo sulla questione dei migranti, teche espositive per materiali legati alle attività delle diverse cooperative, piccole strutture si accoglienza come sedute, espositori per i diversi luoghi info-point de La Paranza, delle Forti Guerriere e di Fondazione san Gennaro).
Modalità di lavoro e risultati attesi: una lezione di carattere generale introdurrà gli studenti alle ragioni per le quali oggi abbiano particolare presa sulla comunità scientifica internazionale esperienze condotte spesso da collettivi molto giovani, capaci di coinvolgere le comunità nei processi, ma particolarmente nelle tattiche, su azioni finalizzate alla rigenerazione urbana. seguirà una serie di 2 lezioni/incontro con gruppi che praticano tali processi e con gli operatori del carcere di Opera.
Al termine delle tre lezioni/conferenze gli studenti dovranno produrre un progetto per allestire le piccole attrezzature individuate.
Il seminario si concluderà infine con un workshop applicativo che si svolgerà sempre nel rione Sanità a Napoli (dove da anni cooperiamo con associazioni locali e in particolare la Fondazione san Gennaro) sotto la guida del docente proponente il seminario e di un
gruppo di azione locale nato in ambito del DiARC-Napoli quale è LAPS (Laboratorio di Architettura Permanente per la Sanità). Qui, in una tre giorni di fine novembre o nei primi giorni di dicembre 2023, si realizzeranno, in autocostruzione, le piccole strutture progettate dai dottorandi.
Bibliografia minima di riferimento:
- Oppenheimer Dean A., Hursley T., Proceed and Be Bold: Rural Studio After Samuel Mockbee, Princeton Architectural Press, 2005.
- Ricci G., I workshop di Orizzontale sulla autocostruzione per le comunità in Calabria, Domus 1042, gennaio 2020.

- Flora N., Iarrusso F., Progetti Mobili, Letteraventidue, 2018.
- Granata E., Placemaker, gli inventori dei luoghi che abiteremo, Einaudi, Torino, 2021.


Modalità di scelta del soggetto della tesi

Nel 1° anno di corso, i seminari e i workshop rappresentano per i Dottorandi un’importante occasione per una prima forma di avvicinamento agli specifici caratteri della ricerca nel campo della progettazione architettonica e delle teorie dell’architettura e dall’altra permette loro di sondare differenti linee di ricerca al fine di individuare e delimitare i campi di interesse nell’ambito dei quali costruire le prime ipotesi di dissertazione finale.


Modalità delle verifiche per l'ammissione all'anno successivo

I seminari e i workshop di progettazione costituiscono una delle componenti principali dell’offerta formativa del Dottorato nel 1° anno di corso. La partecipazione ad essi e la produzione dei papers o degli elaborati progettuali richiesti permette di ottenere un significativo numero di crediti per il passaggio all’anno successivo


Elenco dei corsi/attività secondo anno

titolocrediti
DIGITAL STAGE – Architettura Spazio Corpo _ prof. Renato Bocchi con gruppo di ricerca della univ. di Valladolid 10
L’ARCHITETTURA IN DANIMARCA: FORME E SPAZI VIVIBILI _proff. Rosalba Belibani e Antonella Romano 10
LO SPAZIO DI UN ISTANTE. Ricerca spaziale nell’architettura degli allestimenti italiani _ prof. Filippo Lambertucci 10
HABITAT FLESSIBILE A DENSITÀ VARIABILE. Seminario/workshop tra Roma e Parigi _ proff. Domizia Mandolesi e Massimo Zammerini con Cristiana Mazzoni 10
LE FORME DELLO SPIRITO. UN LUOGO PER LA PREGHIERA, LO STUDIO E L’INCONTRO INTERCULTURALE _ prof. Guendalina Salimei con F. R. Castelli, A. Riciputo 10
L'IMMAGINARIO DELLE ROVINE. DA PIRANESI AL MODERNO _ prof. Lucio Altarelli con M. Falsetti 10

Eventuali maggiori informazioni per le voci sopra elencate

DIGITAL STAGE – Architettura Spazio Corpo
Renato Bocchi con gruppo di ricerca della univ. di Valladolid

L’obiettivo del seminario è di fornire – mediante la comparazione e il montaggio di concetti e strategie progettuali delle arti visive e performative e dell’architettura contemporanee – un apparato teorico-metodologico utile ad esplorare in corpore vivo il tema dei rapporti fra corpo e spazio, nell’ambito di esperienze di installazione artistica, arte ambientale, digital exhibit e digital stage, oppure di progetto ed allestimento dello spazio architettonico d’interni.
In questa prospettiva di studio risulta cruciale l’apporto di tutti quegli artisti moderni e contemporanei che hanno assunto la dimensione corporea come riferimento e misura dello spazio architettonico e come strumento performativo per tale percezione. Si analizzeranno in particolare gli apporti in tal senso di alcune ricerche dell’arte contemporanea in funzione immersiva e performativa, comparate con l’attenzione alla dimensione spaziale e corporea di esperienze sviluppate da alcuni architetti contemporanei nel campo della scenografia e dell’interior design.
Il seminario si avvale di una prima sperimentazione del tema svolta dai proponenti in un analogo seminario dal titolo Lo spazio del corpo – Il corpo dello spazio, a cura dello scrivente, tenutosi all’Iuav nel luglio 2022, e dei relativi materiali (cfr. http://www.iuav.it/Didattica1/workshop-e/2022/Lo-spazio-/index.htm).
Accanto a un ciclo di lezioni-dibattito, con contributi di confronto interdisciplinare su tali temi, il seminario sfocerà in un esercizio sperimentale multimediale (condotto tramite workshop) da allestirsi alla fine in un determinato spazio espositivo, che indaghi sperimentalmente i caratteri relazionali fra corpi e spazi attraverso il progetto di installazioni fisiche o virtuali, in particolare attraverso l’utilizzo di tecniche digitali e di video-art.
Partendo dal mutuo plasmarsi di corpo e spazio, l’esperimento mira a stimolare una riflessione su quanto e come lo spazio architettonico dipenda da un sé corporeo e, in parallelo, tenta di valutare in che misura la capacità dell’architettura di incidere sul corpo e le sue percezioni possa generare nuove aperture in ambito esperienziale.
Il workshop mira, perciò, a sperimentare pratiche di misurazione e comprensione dello spazio sollecitando l’uso di strumenti innovativi offerti dal mondo digitale e multimediale che possano essere d’ausilio sia per la fase esplorativa che per l’attività di allestimento dei risultati delle esplorazioni progettuali.
Le comunicazioni analizzeranno alcune esperienze dell’arte performativa e teatrale nel loro rapporto con gli spazi architettonici che le ospitano:
per es. le esperienze di Bruce Nauman in relazione agli spazi espositivi di Tadao Ando a Venezia o le esperienze di Virgilio Sieni in relazione agli spazi di Rem Koolhaas a Milano;
la comparazione recentemente proposta da Luca Massimo Barbero fra l’opera di Lucio Fontana e Antony Gormley e gli spazi progettati da Carlo Scarpa al Negozio Olivetti di Venezia;
esperienze storiche di interior design, scenografia e arte ambientale della tradizione italiana;
una serie di esperienze dell’arte contemporanea spagnola nei medesimi campi, analizzate dai ricercatori del gruppo Digitalstage dell’Università di Valladolid;
la sperimentazione degli strumenti del Digital Exhibit proposta dal master omonimo diretto da Cristina Barbiani all’Iuav di Venezia.
Il workshop finale sarà coordinato da Juan Carlos Quindós, con la collaborazione di Valentina Rizzi. Si valuterà la possibilità di affiancare operativamente ai dottorandi alcuni studenti di arti visive dell’Iuav di Venezia e dell’Universidad de Valladolid.

Il seminario-workshop sarà ospitato dall’Accademia di Spagna in Roma, continuando la collaborazione già intrapresa con successo negli scorsi anni. Al termine sarà allestita una installazione-mostra multimediale dei risultati ottenuti.


L’ARCHITETTURA IN DANIMARCA: FORME E SPAZI VIVIBILI
Rosalba Belibani e Antonella Romano

Le opere di architettura e gli interventi a scala urbana danesi attirano l’attenzione degli altri paesi europei, e dell’Italia in particolare, già dalla seconda metà del Novecento quando - osservati con attenzione e studiati sulle pagine di riviste e volumi che ne indagano le peculiarità - rapidamente esercitano il fascino di un modello sociale e urbanistico concreto, divenendo un riferimento ineludibile e solido.
La qualità elevata della didattica impartita dal Dipartimento di architettura dell’Accademia Reale di Copenhagen – tuttora, all’inizio del XXI secolo, riconosciuta unanimemente tra le migliori scuole d’Europa – ha spinto al superamento del classicismo romantico e degli storicismi. Ne consegue lo sviluppo di un originale movimento moderno, i cui esponenti nel secondo dopoguerra guidano rapidamente la fama dell’architettura danese nel mondo: Arne Jacobsen, Jørn Utzon, Kay Fisker, Johann Otto von Spreckelsen, Ove Arup sono tra i più celebri progettisti, autori di opere fondamentali del XX secolo.
La considerazione fino al dettaglio delle proprietà inerenti al manufatto architettonico, il metodo compositivo di addizione, anticlassico e romantico, la regolarità dei ritmi, la chiarezza dei volumi, la confortevolezza degli interni, sono valori condivisi del design danese che perviene alla sua peculiare qualità di vivibilità degli spazi.
Al contempo, l’attenzione al tema residenziale, la centralità dello spazio pubblico, l’espressione ingegneristica, il disegno infrastrutturale, attraversano la cultura architettonica danese sin dall’avvio del Finger Plan - celebre modello di sviluppo urbano tuttora in corso di realizzazione - e si riversano nelle attuali politiche nazionali accrescendo al contempo identità e qualità urbana diffusa.
Storicamente e geograficamente fulcro delle relazioni tra i paesi scandinavi, la Danimarca - oggi intenta nella costruzione di nuove ipotesi di organizzazione della società futura - colloca l’architettura, la pianificazione urbana, il design a pieno titolo nel variegato panorama della cultura del paese, avvalendosi della ricerca progettuale e delle opere di un’ampia, attivissima, schiera di architetti e studi di progettazione quali Henning Larsen Architects, Aart, Dorthe Mandrup Architects, NORD Architects, 3Xn Architects, Bjarke Ingels Group - BIG, Schmidt Hammer Lassen, Cobe, C.F. Møller, cui si sono uniti, per interventi qualificatissimi durante gli ultimi due decenni, anche Norman Foster, Jean Nouvel, Zaha Hadid, OMA e Rem Koolhaas, Daniel Libeskind.
Il seminario - incluso in un ciclo sull’architettura dei paesi Nordici - intende studiare la produzione dell’architettura contemporanea in Danimarca per comprendere le peculiarità dei temi progettuali che attraversano i passaggi generazionali e indagarne attualità e fecondità.

Bibliografia di base:
Lindhardt Weiss K., New Danish Architecture, Strandberg Publishing, Copenhagen, 2022
Dahlkild N., Danish Architecture and Society: From Absolute Monarchy to the Welfare State, Museum Tusculanums Press, Charlottenlund 2020
Plummer, H., Nordic lights. Modern scandinavian architectures, Thames and Hudson, London 2012
Lind, O., Architecture guide: Danish islands, Copenhagen, Danish Architectural Press, Copenhagen, 2007

Le indicazioni bibliografiche saranno ulteriormente specificate e integrate nel corso del seminario


LO SPAZIO DI UN ISTANTE. Ricerca spaziale nell’architettura degli allestimenti italiani
Filippo Lambertucci

Il seminario vuole esplorare, attraverso lo studio delle fonti primarie e la ricostruzione grafica, il patrimonio di una ricerca spaziale che l’architettura italiana ha compiuto, raggiungendo livelli di riconosciuta eccellenza, in un contesto sperimentale favorito dalla temporaneità delle realizzazioni e dal cono d’ombra dell’attenzione critica, incline a una classificazione più marginale degli allestimenti rispetto a un presunto asse maggiore della pratica architettonica.
I casi studio si riferiscono ad architetture destinate per vocazione all’esperienza e per natura a scomparire, che perciò sono state tramandate in modo incompleto per la via indiretta di documentazione spesso avara, ripetitiva e talvolta fuorviante, restando per di più impossibile la verifica attraverso la visita. Si tratta infatti di allestimenti e padiglioni per manifestazioni e fiere che, a dispetto delle dimensioni fisiche contenute, o delle limitazioni temporali obbligate, puntano a ragionare intorno a concetti spaziali e a verificarli attraverso l’esperienza del visitatore.
L’indagine si applicherà ad uno spettro che comprende esempi molto conosciuti ma tuttavia noti attraverso documentazione parziale, opere meno note di autori noti più nel campo dell’architettura “maggiore”, opere di autori meno noti ma non indifferenti per la ricostruzione di un terreno di sperimentazione ritenuto più libero e meno compromettente, ma che restituisce il quadro di traiettorie dell’architettura italiana di grande vigore e originalità, rimaste per lo più potenziali rispetto ai successivi ed effettivi sviluppi.
Il seminario propone una struttura articolata in tre momenti:
‐ istruttoria del tema, con lezioni e comunicazioni di inquadramento e posizionamento metodologico
su aspetti compositivi e progettuali peculiari legati ai casi studio, anche con il contributo esterno di
esperti del settore, max 3, tra giugno e luglio
‐ ricerca d’archivio e bibliografica guidata, affidata al dottorando sui materiali originali presso archivi
come il CSAC di Parma, della Triennale di Milano, della Fiera di Milano, o dei singoli architetti, tra
giugno e settembre
‐ attività di ridisegno critico, a partire dalla ricostruzione tridimensionale basata sui documenti e
articolata nella esplorazione dei dispositivi della messa in scena, supportata da 2/3 incontri di revisione discussione tra settembre e ottobre
Il prodotto atteso è un breve testo critico di 5‐6.000 battute e una raccolta di disegni di ricostruzione e di analisi critica attraverso la grafica e didascalie narrative.
I contributi saranno raccolti in fascicoli/volumi per la pubblicazione e quindi finalizzati, nella loro confezione, ad una destinazione editoriale compiuta e una possibile esposizione collettiva.
Si vuole così indirizzare il ricercatore ad un’esperienza completa, seppur contenuta, di istruttoria e indirizzo di un tema di ricerca, la sua verifica su base documentaria da reperire, la restituzione attraverso lo strumento peculiare del disegno.
A titolo esemplificativo i temi di indagine saranno condotti in modo coordinato tra i vari ricercatori intorno a nuclei omogenei, come le diverse edizioni della Triennale, esposizioni nazionali, fiere ed episodi anche molto studiati come la Mostra della Rivoluzione Fascista, ma non sempre ricostruiti e approfonditi sul piano spaziale. Tra i nomi esaminati: Zavanella, Munari, Mari, Castiglioni, Carboni, Fontana, Aulenti, Baldessari, Gregotti, Albini, Scarpa, Viganò, Minoletti, Zanuso...


HABITAT FLESSIBILE A DENSITÀ VARIABILE. Seminario/workshop tra Roma e Parigi
Domizia Mandolesi e Massimo Zammerini con Cristiana Mazzoni

Il seminario, organizzato nell’ambito di un accordo tra il Dottorato di ricerca in Architettura. Teorie e Progetto e l’Ecole Nationale Supérieure d'Architecture de Paris-Belleville, propone un’esperienza progettuale in un’area della periferia di Parigi come verifica di alcune riflessioni sui temi dell’abitazione, della densità insediativa e della sostenibilità ambientale.
Abstract
Il documento “No Net Land Take 2050” stilato dalla commissione europea definisce le nuove priorità dello sviluppo legate alla crisi ambientale, sociale ed economica a partire dalle azioni su suolo, acqua e multifunzionalità e individua nella densificazione dei territori urbanizzati la via sostenibile da percorrere per il futuro.
A partire da questi principi, diverse possono essere le interpretazioni del concetto di sostenibilità, mentre l’idea di densificare senza tenere conto delle prerogative economiche, sociali e delle vocazioni spaziali di ciascun territorio sembra generare numerose contraddizioni. Una tra queste, evidenziata a titolo di esempio da Paola Viganò, è l’incongruenza tra la necessità di mantenere aree permeabili per infiltrare le piogge sempre più intense e l’imperativo “rendere la città compatta”. A ben osservarne i recenti sviluppi, infatti, alcune città europee si presentano più come l’esito di una battaglia tra capitali finanziari, che nel progetto di concentrazione e di polarizzazione trova il terreno propizio alla propria espressione, che come attuazione di un progetto collettivo di redistribuzione delle risorse e delle opportunità. (Cfr. Viganò, P., Abitare paesi, città, e metropoli orizzontali, “l’industria delle costruzioni” n. 472/2020, p. 4)
In questo quadro, univocamente indirizzato verso il modello della città molto densa e compatta, recentemente messo in crisi dagli effetti sull’organizzazione sociale della pandemia in corso, l’obiettivo è quello di esplorare possibilità alternative di habitat flessibili a densità variabile, capaci di stabilire relazioni più equilibrate anche con le aree non urbanizzate spesso presenti all’interno e ai margini dei centri urbani.
Superandone il concetto di mero parametro tecnico-quantitativo tipicamente urbanistico, la densità viene intesa come parametro qualitativo in grado di misurare l’intensità delle relazioni tra le persone e la qualità spaziale degli insediamenti, divenendo strumento di controllo del progetto di trasformazione sostenibile della città e del paesaggio. Nella struttura fisica dello spazio abitato, la densità si manifesta nella variazione dei rapporti tra pieni e vuoti, nel modo di articolarli e distribuirli per accogliere le diverse attività quotidiane; progettare in quest’ottica significa assumere un punto
di vista diverso che non parte dall’oggetto, ma dall’intensità delle relazioni tra gli oggetti dando valore alla qualità dei vuoti.
Ciò premesso, le aree oggetto della sperimentazione progettuale sono state individuate in zone della cintura periferica di Parigi inserite nel quadro delle politiche di trasformazione in corso nell’ Île-de-France che si interrogano sull’impatto ambientale, sociale ed economico dell'espansione urbana. La scelta di queste aree, caratterizzate da condizioni urbane differenti, offrirà l’occasione di studiare interventi di densificazione che interpretino non solo in termini quantitativi ma soprattutto in chiave morfologica e spaziale le questioni legate alla “densità”, sia in contesti ampiamente urbanizzati che nei cosiddetti territori di mezzo, dove poter approfondire il tema delle interazioni tra costruito e ambiente naturale.

Testi di riferimento
Secchi, B., 2005. La città del XX secolo. Bari, Laterza.
Secchi, B. & Viganò, P., 2011. La ville poreuse: un projet pour le grand Paris et la métropole de
l'après-Kyoto. Genève: METISPRESSES.
Indovina, F., 2009. Dalla città diffusa all’arcipelago metropolitano, Franco Angeli, Milano
Magnaghi, A., 2012. Il territorio bene comune. Firenze, Firenze University Press.
Tuscano, C. (a cura di), 2019. Giancarlo De Carlo. La città e il territorio. Quattro lezioni. Roma, Quodlibet
Carta, M. Futuro. Politiche per un diverso presente, 2019. Soveria Mannelli, Rubettino


LE FORME DELLO SPIRITO. UN LUOGO PER LA PREGHIERA, LO STUDIO E L’INCONTRO INTERCULTURALE
Guendalina Salimei, F. R. Castelli, A. Riciputo

Abstract
Il fenomeno della diversità religiosa oggi assume i connotati di un’emergenza sociale e culturale alla quale le metropoli contemporanee - e soprattutto le loro periferie - stanno tentando di trovare soluzioni architettoniche e urbanistiche che superino il concetto di cluster monoculturale. Il continuo sovrapporsi di flussi migratori determina la compresenza di numerose etnie che non hanno luoghi specifici per la pratica (e lo studio) della propria religione, comportando la loro costituzione spontanea in spazi domestici e impropri da riadattare alle nuove esigenze. I grandi edifici e privati a uso pubblico (come le università, le grandi aziende e società, i centri commerciali, gli ospedali, gli aeroporti - tranne le carceri) delle metropoli maggiormente caratterizzate dalla compresenza plurietnica hanno trovato una soluzione nella costituzione di luoghi spirituali multifede - all’interno dei quali è necessario tracciare una differenza sostanziale tra le stanze a vocazione interreligiosa che possono contenere al loro interno oggetti o indicazioni appartenenti alle religioni maggiori e le cosiddette stanze del silenzio, caratterizzate tendenzialmente da una spoliazione decorativa che coincide con un concetto astratto di spiritualità universale. Queste ultime stanno diventando una realtà diffusa ma, proprio in ragione della loro indeterminatezza, non hanno ancora sviluppato una propria identità.
Tra le prime stanze del silenzio si può nominare la Meditation Room del quartier generale dell’ONU a New York del 1948-1957, mentre la più famosa è la Rotko Chapel del 1971 progettata da Philip Johnson e allestita dall’artista che ne ha dato il nome: entrambe parlano agli archetipi collettivi agendo sui comuni dogmi della fede (come univocità e assolutezza della divinità, imperscrutabilità, dominio dei cicli vitali, solidità dell’eterno) usando i linguaggi dell’arte, della luce, dei materiali, della stereometria delle forme.
La finalità del seminario è quella di introdurre gli studenti alla tipologia della stanza del silenzio attraverso lo studio della teoria e dei riferimenti più significativi che sono stati realizzati nella contemporaneità. Contestualmente, sarà loro presentata anche la realtà complessa dell’edificio carcere, nei suoi aspetti sociali e architettonici, una megastruttura che funziona come un cluster multietnico caratterizzato da una forte conflittualità sociale. Per tradizione dotati di una chiesa, le
carceri italiane soffrono l’assenza di luoghi per il culto e lo studio sacro in cui i detenuti - a maggioranza di fede musulmana - possano incontrarsi (con le debite cautele) per la preghiera collettiva o raccogliersi nell’intimità della preghiera individuale.
Esiti
Il seminario sarà organizzato in quattro incontri durante i quali verranno forniti i principi teorici e progettuali fondamentali sull’argomento. Alla conclusione del seminario gli studenti saranno in possesso degli strumenti teorico pratici per poter affrontare una riflessione sull’argomento sotto forma sia di saggio scritto sia di meta-progetto con la messa a punto di un concept per un luogo di preghiera e studio multireligioso attraverso disegni in tecnica libera (render, fotomontaggio, schizzo ecc.). Gli esiti verranno esposti dagli allievi durante l’ultimo incontro. Gli esiti verranno raccolti e finalizzati per l’inserimento in una pubblicazione più ampia sullo stesso argomento.
Bibliografia
Burchardt M., Giorda M.C., Luoghi multireligiosi come luoghi di incontro. Una introduzione, in “Annali di Studi Religiosi”, 20, 2019, p.43.
Crompton A. , “The architecture of multifaith spaces: God leaves the building”, in The Journal of Architecture, 18:4, 2013, pp. 474-496.
Salimei G. (a cura di), Percorsi del sacro, numero monografico di Metamorfosi n.8/2020, LetteraVentidue, Siracusa.
Salimei G. (a cura di), Architettura Dialogo Religione. Nuovi luoghi di condivisione per Terzo Millennio, LetteraVentidue, Siracusa 2020.
Salimei G., Ricostruire sul costruito in: G. Marucci (a cura di), Costruire nel costruito. Architettura a volume zero, Di Baio Editore, Milano, 2012, pp. 79-82.


L'IMMAGINARIO DELLE ROVINE. DA PIRANESI AL MODERNO
Lucio Altarelli con M. Falsetti
Le rovine non sono solo i testimoni del passato ma agiscono come presenze attive, come oggetti a reazione poetica che esibiscono una propria estetica: quella legata alle figure della sottrazione, dell’erosione, del taglio e dello scavo. All’idea apollinea dell’unità classica le rovine contrappongono quella dionisiaca della frammentazione; al modo delle regole quella della trasgressione dei codici; ai temi della razionalità quelli dell’inespresso.
Per queste ragioni il ruolo eversivo dell’immaginario delle rovine è il motore costante di una rêverie che, da Piranesi al Moderno, feconda i processi d’invenzione. L’apparente negatività delle rovine orienta, positivamente, la formazione dei linguaggi e l’invenzione del nuovo; svolgendo quel ruolo pedagogico che appare particolarmente significativo nei diversi distretti dell’arte e dell’architettura contemporanee.
Tema
Destabilizzando le demarcazioni aperto/chiuso, esterno/interno, natura/artificio e architettura/paesaggio, la rovina sovverte i codici tradizionali dell’architettura. La suggestione delle rovine, con il loro linguaggio eversivo, alimenta i processi d’invenzione e dà diverse indicazioni all’operabilità del progettista.
Analizzando in maniera inclusiva e zenitale i diversi apporti che le rovine hanno esercitato nel tempo come incitamento al nuovo che ha orientato e orienta diversi processi d’invenzione, da Piranesi a Scarpa, dal Canina a Rossi, da Terragni a Eisenman, è possibile individuare cinque stanze tematiche che delineano, le forme di un potenziale lessico compositivo offerto alla contemporaneità. Queste figure riguardano i seguenti temi.
La rovina come essenza.
La rovina come sottrazione.
La rovina come moduli in collisione.
La rovina come palinsesto.
La rovina come macerie.
Le caratteristiche di ogni classificazione, qui come altrove, non sono quelle della loro presunta scientificità ma rispondono alla necessità di rendere analizzabile e trasmissibile ciò che è complesso e dispersivo.
Prova finale
Non uno scritto ma un progetto: la rappresentazione (attraverso una planimetria e una sezione) di una città ideale legata a una delle cinque figure sollecitate dall’immaginario delle rovine e presenti nelle mappe urbane del nuovo millennio. La scelta del tema è individuale anche se è auspicabile fornire un esauriente confronto tra diversi modelli urbani.
Bibliografia
Altarelli, Lucio, L’immaginario delle rovine. Da Piranesi al Moderno, LetteraVentidue, Siracusa 2022
Augé, Marc, Le temps en ruines, Galilée, Paris 2003; trad. it.: Rovine e macerie, Bollati Boringhieri, Torino 2004, p. 92
Barbanera, Marcello, Capodiferro, Alessandra (a cura), La forza delle rovine, Electa, Milano 2015
Bigiotti, Stefano, Corvino Enrica (a cura), La modernità delle rovine, presentazione di Saggio, Antonino, introduzione di Altarelli, Lucio, contributi di Caliari, Pier Federico, Carpenzano, Orazio e Purini, Franco, Prospettive, Roma 2015
Purini, Franco, Attualità di Giovanni Battista Piranesi, Neri, Gianfranco (a cura), Libria, Melfi 2008.
Purini, Franco, La forma storica della decostruzione nell’architettura italiana, in: Dal progetto. Scritti teorici di Franco Purini,1966-1991, Moschini, Francesco, Neri, Gianfranco (a cura), Kappa, Roma 1992, pp. 184-189
Rowe, Colin, Koetter, Fred, Collage City, MIT Press, Cambridge, Mass. 1981; trad. it.: Collage City, Il Saggiatore, Milano 1981
Tafuri, Manfredo, L’architetto scellerato: G.P. Piranesi, l’eterotopia e il viaggio, pp.33-75 in:La sfera e il labirinto, Einaudi, Torino 1980, p. 71
Yourcenar, Marguerite, Le cerveau noir de Piranèse, Gallimard, Paris 1962; trad. it.: La mente nera di Piranesi, Pagine d’Arte, Aprica, Tesserete 2016, p. 34


Modalità di preparazione della tesi

Nel 2° anno di corso, i seminari e i workshop rappresentano per i Dottorandi l’occasione per un approfondimento dei personali interessi di ricerca o di specifiche metodologie di analisi che di norma tendono a confluire in una più precisa definizione dei temi intorno ai quali si svilupperà la dissertazione finale. Va ricordato che i Dottorandi del 2° anno presentano e discutono con il Collegio dei Docenti la loro proposta di tesi nella prima settimana di febbraio.

Modalità delle verifiche per l'ammissione all'anno successivo

Anche nel 2° anno di corso, i seminari e i workshop di progettazione costituiscono, sia pur in misura più contenuta rispetto al 1° anno, una componente importante dell’offerta formativa del Dottorato. La partecipazione ad essi e la produzione dei papers o degli elaborati progettuali richiesti permette di ottenere un significativo numero di crediti per il passaggio all’anno successivo.


Elenco dei corsi/attività terzo anno


Eventuali maggiori informazioni per le voci sopra elencate

Il secondo semestre del 2° anno e l’intero 3° anno del corso di Dottorato sono dedicati all’elaborazione della dissertazione finale. Non è quindi prevista la partecipazione dei Dottorandi alle attività seminariali (se non in casi particolari e su base volontaria) e il loro lavoro si svolge in stretta relazione con i tutor e attraverso una serie di confronti con il Collegio dei Docenti. Comunque, poiché l'articolazione dell'offerta formativa NON È RIGIDA, i dottorandi del terzo anno possono frequentare tutti i seminari o i workshop che fossero di loro interesse.

Modalità di ammissione all'esame finale

La presentazione al Collegio dei Docenti della proposta di dissertazione da parte dei Dottorandi avviene di norma nel mese di gennaio, all’inizio del 3° anno del corso di Dottorato. Almeno un capitolo e l’indice deve essere consegnato in formato cartaceo. La tesi è presentata al Collegio dei Docenti in forma di programma che viene discusso e difeso dal candidato con il supporto del tutor. Nel mese di ottobre - alla fine quindi del terzo anno – la tesi viene inviata a due valutatori esterni che dovranno esprimersi sull’ammissione del candidato all’esame per il conseguimento del titolo nella prima sessione dell’anno successivo (e cioè entro il 28 febbraio) oppure sull’opportunità di concedere al candidato stesso una proroga per gli approfondimenti che si rendessero necessari (di norma 6 mesi), rinviando la discussione della tesi alla sessione straordinaria

Modalità di svolgimento dell'esame finale

Secondo le indicazioni del Regolamento vigente, l’esame finale di fronte alla commissione nazionale si svolge di norma in due sessioni. La prima entro il 28 febbraio dell’anno successivo alla conclusione del percorso di Dottorato, la seconda – la sessione straordinaria - entro il 30 settembre dello stesso anno. A seguito delle valutazioni di merito espresse dai due valutatori esterni, i candidati ammessi dal Collegio dei Docenti a sostenere l'esame finale devono inviare almeno un mese prima della data fissata per l’esame copia della loro dissertazione ai membri della Commissione e ne devono depositare una copia cartacea presso la Biblioteca del Dipartimento di Architettura e Progetto oltre che nelle Biblioteche Nazionali di Roma e di Firenze. Rendono inoltre disponibile in versione elettronica la loro dissertazione inserendola in una cartella condivisa da docenti e dottorandi e accessibile dal sito web del Dottorato. L’esame finale prevede una presentazione orale del candidato - di norma attraverso un ppt o un pdf con immagini - che riassume i contenuti della dissertazione. Successivamente il candidato risponde alle domande da parte dei membri della Commissione e in questo contesto opera la "defence" della propria dissertazione.

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