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DIGITAL STAGE – Architettura Spazio Corpo
Renato Bocchi con gruppo di ricerca della univ. di Valladolid
L’obiettivo del seminario è di fornire – mediante la comparazione e il montaggio di concetti e strategie progettuali delle arti visive e performative e dell’architettura contemporanee – un apparato teorico-metodologico utile ad esplorare in corpore vivo il tema dei rapporti fra corpo e spazio, nell’ambito di esperienze di installazione artistica, arte ambientale, digital exhibit e digital stage, oppure di progetto ed allestimento dello spazio architettonico d’interni.
In questa prospettiva di studio risulta cruciale l’apporto di tutti quegli artisti moderni e contemporanei che hanno assunto la dimensione corporea come riferimento e misura dello spazio architettonico e come strumento performativo per tale percezione. Si analizzeranno in particolare gli apporti in tal senso di alcune ricerche dell’arte contemporanea in funzione immersiva e performativa, comparate con l’attenzione alla dimensione spaziale e corporea di esperienze sviluppate da alcuni architetti contemporanei nel campo della scenografia e dell’interior design.
Il seminario si avvale di una prima sperimentazione del tema svolta dai proponenti in un analogo seminario dal titolo Lo spazio del corpo – Il corpo dello spazio, a cura dello scrivente, tenutosi all’Iuav nel luglio 2022, e dei relativi materiali (cfr. http://www.iuav.it/Didattica1/workshop-e/2022/Lo-spazio-/index.htm).
Accanto a un ciclo di lezioni-dibattito, con contributi di confronto interdisciplinare su tali temi, il seminario sfocerà in un esercizio sperimentale multimediale (condotto tramite workshop) da allestirsi alla fine in un determinato spazio espositivo, che indaghi sperimentalmente i caratteri relazionali fra corpi e spazi attraverso il progetto di installazioni fisiche o virtuali, in particolare attraverso l’utilizzo di tecniche digitali e di video-art.
Partendo dal mutuo plasmarsi di corpo e spazio, l’esperimento mira a stimolare una riflessione su quanto e come lo spazio architettonico dipenda da un sé corporeo e, in parallelo, tenta di valutare in che misura la capacità dell’architettura di incidere sul corpo e le sue percezioni possa generare nuove aperture in ambito esperienziale.
Il workshop mira, perciò, a sperimentare pratiche di misurazione e comprensione dello spazio sollecitando l’uso di strumenti innovativi offerti dal mondo digitale e multimediale che possano essere d’ausilio sia per la fase esplorativa che per l’attività di allestimento dei risultati delle esplorazioni progettuali.
Le comunicazioni analizzeranno alcune esperienze dell’arte performativa e teatrale nel loro rapporto con gli spazi architettonici che le ospitano:
per es. le esperienze di Bruce Nauman in relazione agli spazi espositivi di Tadao Ando a Venezia o le esperienze di Virgilio Sieni in relazione agli spazi di Rem Koolhaas a Milano;
la comparazione recentemente proposta da Luca Massimo Barbero fra l’opera di Lucio Fontana e Antony Gormley e gli spazi progettati da Carlo Scarpa al Negozio Olivetti di Venezia;
esperienze storiche di interior design, scenografia e arte ambientale della tradizione italiana;
una serie di esperienze dell’arte contemporanea spagnola nei medesimi campi, analizzate dai ricercatori del gruppo Digitalstage dell’Università di Valladolid;
la sperimentazione degli strumenti del Digital Exhibit proposta dal master omonimo diretto da Cristina Barbiani all’Iuav di Venezia.
Il workshop finale sarà coordinato da Juan Carlos Quindós, con la collaborazione di Valentina Rizzi. Si valuterà la possibilità di affiancare operativamente ai dottorandi alcuni studenti di arti visive dell’Iuav di Venezia e dell’Universidad de Valladolid.
Il seminario-workshop sarà ospitato dall’Accademia di Spagna in Roma, continuando la collaborazione già intrapresa con successo negli scorsi anni. Al termine sarà allestita una installazione-mostra multimediale dei risultati ottenuti.
L’ARCHITETTURA IN DANIMARCA: FORME E SPAZI VIVIBILI
Rosalba Belibani e Antonella Romano
Le opere di architettura e gli interventi a scala urbana danesi attirano l’attenzione degli altri paesi europei, e dell’Italia in particolare, già dalla seconda metà del Novecento quando - osservati con attenzione e studiati sulle pagine di riviste e volumi che ne indagano le peculiarità - rapidamente esercitano il fascino di un modello sociale e urbanistico concreto, divenendo un riferimento ineludibile e solido.
La qualità elevata della didattica impartita dal Dipartimento di architettura dell’Accademia Reale di Copenhagen – tuttora, all’inizio del XXI secolo, riconosciuta unanimemente tra le migliori scuole d’Europa – ha spinto al superamento del classicismo romantico e degli storicismi. Ne consegue lo sviluppo di un originale movimento moderno, i cui esponenti nel secondo dopoguerra guidano rapidamente la fama dell’architettura danese nel mondo: Arne Jacobsen, Jørn Utzon, Kay Fisker, Johann Otto von Spreckelsen, Ove Arup sono tra i più celebri progettisti, autori di opere fondamentali del XX secolo.
La considerazione fino al dettaglio delle proprietà inerenti al manufatto architettonico, il metodo compositivo di addizione, anticlassico e romantico, la regolarità dei ritmi, la chiarezza dei volumi, la confortevolezza degli interni, sono valori condivisi del design danese che perviene alla sua peculiare qualità di vivibilità degli spazi.
Al contempo, l’attenzione al tema residenziale, la centralità dello spazio pubblico, l’espressione ingegneristica, il disegno infrastrutturale, attraversano la cultura architettonica danese sin dall’avvio del Finger Plan - celebre modello di sviluppo urbano tuttora in corso di realizzazione - e si riversano nelle attuali politiche nazionali accrescendo al contempo identità e qualità urbana diffusa.
Storicamente e geograficamente fulcro delle relazioni tra i paesi scandinavi, la Danimarca - oggi intenta nella costruzione di nuove ipotesi di organizzazione della società futura - colloca l’architettura, la pianificazione urbana, il design a pieno titolo nel variegato panorama della cultura del paese, avvalendosi della ricerca progettuale e delle opere di un’ampia, attivissima, schiera di architetti e studi di progettazione quali Henning Larsen Architects, Aart, Dorthe Mandrup Architects, NORD Architects, 3Xn Architects, Bjarke Ingels Group - BIG, Schmidt Hammer Lassen, Cobe, C.F. Møller, cui si sono uniti, per interventi qualificatissimi durante gli ultimi due decenni, anche Norman Foster, Jean Nouvel, Zaha Hadid, OMA e Rem Koolhaas, Daniel Libeskind.
Il seminario - incluso in un ciclo sull’architettura dei paesi Nordici - intende studiare la produzione dell’architettura contemporanea in Danimarca per comprendere le peculiarità dei temi progettuali che attraversano i passaggi generazionali e indagarne attualità e fecondità.
Bibliografia di base:
Lindhardt Weiss K., New Danish Architecture, Strandberg Publishing, Copenhagen, 2022
Dahlkild N., Danish Architecture and Society: From Absolute Monarchy to the Welfare State, Museum Tusculanums Press, Charlottenlund 2020
Plummer, H., Nordic lights. Modern scandinavian architectures, Thames and Hudson, London 2012
Lind, O., Architecture guide: Danish islands, Copenhagen, Danish Architectural Press, Copenhagen, 2007
Le indicazioni bibliografiche saranno ulteriormente specificate e integrate nel corso del seminario
LO SPAZIO DI UN ISTANTE. Ricerca spaziale nell’architettura degli allestimenti italiani
Filippo Lambertucci
Il seminario vuole esplorare, attraverso lo studio delle fonti primarie e la ricostruzione grafica, il patrimonio di una ricerca spaziale che l’architettura italiana ha compiuto, raggiungendo livelli di riconosciuta eccellenza, in un contesto sperimentale favorito dalla temporaneità delle realizzazioni e dal cono d’ombra dell’attenzione critica, incline a una classificazione più marginale degli allestimenti rispetto a un presunto asse maggiore della pratica architettonica.
I casi studio si riferiscono ad architetture destinate per vocazione all’esperienza e per natura a scomparire, che perciò sono state tramandate in modo incompleto per la via indiretta di documentazione spesso avara, ripetitiva e talvolta fuorviante, restando per di più impossibile la verifica attraverso la visita. Si tratta infatti di allestimenti e padiglioni per manifestazioni e fiere che, a dispetto delle dimensioni fisiche contenute, o delle limitazioni temporali obbligate, puntano a ragionare intorno a concetti spaziali e a verificarli attraverso l’esperienza del visitatore.
L’indagine si applicherà ad uno spettro che comprende esempi molto conosciuti ma tuttavia noti attraverso documentazione parziale, opere meno note di autori noti più nel campo dell’architettura “maggiore”, opere di autori meno noti ma non indifferenti per la ricostruzione di un terreno di sperimentazione ritenuto più libero e meno compromettente, ma che restituisce il quadro di traiettorie dell’architettura italiana di grande vigore e originalità, rimaste per lo più potenziali rispetto ai successivi ed effettivi sviluppi.
Il seminario propone una struttura articolata in tre momenti:
‐ istruttoria del tema, con lezioni e comunicazioni di inquadramento e posizionamento metodologico
su aspetti compositivi e progettuali peculiari legati ai casi studio, anche con il contributo esterno di
esperti del settore, max 3, tra giugno e luglio
‐ ricerca d’archivio e bibliografica guidata, affidata al dottorando sui materiali originali presso archivi
come il CSAC di Parma, della Triennale di Milano, della Fiera di Milano, o dei singoli architetti, tra
giugno e settembre
‐ attività di ridisegno critico, a partire dalla ricostruzione tridimensionale basata sui documenti e
articolata nella esplorazione dei dispositivi della messa in scena, supportata da 2/3 incontri di revisione discussione tra settembre e ottobre
Il prodotto atteso è un breve testo critico di 5‐6.000 battute e una raccolta di disegni di ricostruzione e di analisi critica attraverso la grafica e didascalie narrative.
I contributi saranno raccolti in fascicoli/volumi per la pubblicazione e quindi finalizzati, nella loro confezione, ad una destinazione editoriale compiuta e una possibile esposizione collettiva.
Si vuole così indirizzare il ricercatore ad un’esperienza completa, seppur contenuta, di istruttoria e indirizzo di un tema di ricerca, la sua verifica su base documentaria da reperire, la restituzione attraverso lo strumento peculiare del disegno.
A titolo esemplificativo i temi di indagine saranno condotti in modo coordinato tra i vari ricercatori intorno a nuclei omogenei, come le diverse edizioni della Triennale, esposizioni nazionali, fiere ed episodi anche molto studiati come la Mostra della Rivoluzione Fascista, ma non sempre ricostruiti e approfonditi sul piano spaziale. Tra i nomi esaminati: Zavanella, Munari, Mari, Castiglioni, Carboni, Fontana, Aulenti, Baldessari, Gregotti, Albini, Scarpa, Viganò, Minoletti, Zanuso...
HABITAT FLESSIBILE A DENSITÀ VARIABILE. Seminario/workshop tra Roma e Parigi
Domizia Mandolesi e Massimo Zammerini con Cristiana Mazzoni
Il seminario, organizzato nell’ambito di un accordo tra il Dottorato di ricerca in Architettura. Teorie e Progetto e l’Ecole Nationale Supérieure d'Architecture de Paris-Belleville, propone un’esperienza progettuale in un’area della periferia di Parigi come verifica di alcune riflessioni sui temi dell’abitazione, della densità insediativa e della sostenibilità ambientale.
Abstract
Il documento “No Net Land Take 2050” stilato dalla commissione europea definisce le nuove priorità dello sviluppo legate alla crisi ambientale, sociale ed economica a partire dalle azioni su suolo, acqua e multifunzionalità e individua nella densificazione dei territori urbanizzati la via sostenibile da percorrere per il futuro.
A partire da questi principi, diverse possono essere le interpretazioni del concetto di sostenibilità, mentre l’idea di densificare senza tenere conto delle prerogative economiche, sociali e delle vocazioni spaziali di ciascun territorio sembra generare numerose contraddizioni. Una tra queste, evidenziata a titolo di esempio da Paola Viganò, è l’incongruenza tra la necessità di mantenere aree permeabili per infiltrare le piogge sempre più intense e l’imperativo “rendere la città compatta”. A ben osservarne i recenti sviluppi, infatti, alcune città europee si presentano più come l’esito di una battaglia tra capitali finanziari, che nel progetto di concentrazione e di polarizzazione trova il terreno propizio alla propria espressione, che come attuazione di un progetto collettivo di redistribuzione delle risorse e delle opportunità. (Cfr. Viganò, P., Abitare paesi, città, e metropoli orizzontali, “l’industria delle costruzioni” n. 472/2020, p. 4)
In questo quadro, univocamente indirizzato verso il modello della città molto densa e compatta, recentemente messo in crisi dagli effetti sull’organizzazione sociale della pandemia in corso, l’obiettivo è quello di esplorare possibilità alternative di habitat flessibili a densità variabile, capaci di stabilire relazioni più equilibrate anche con le aree non urbanizzate spesso presenti all’interno e ai margini dei centri urbani.
Superandone il concetto di mero parametro tecnico-quantitativo tipicamente urbanistico, la densità viene intesa come parametro qualitativo in grado di misurare l’intensità delle relazioni tra le persone e la qualità spaziale degli insediamenti, divenendo strumento di controllo del progetto di trasformazione sostenibile della città e del paesaggio. Nella struttura fisica dello spazio abitato, la densità si manifesta nella variazione dei rapporti tra pieni e vuoti, nel modo di articolarli e distribuirli per accogliere le diverse attività quotidiane; progettare in quest’ottica significa assumere un punto
di vista diverso che non parte dall’oggetto, ma dall’intensità delle relazioni tra gli oggetti dando valore alla qualità dei vuoti.
Ciò premesso, le aree oggetto della sperimentazione progettuale sono state individuate in zone della cintura periferica di Parigi inserite nel quadro delle politiche di trasformazione in corso nell’ Île-de-France che si interrogano sull’impatto ambientale, sociale ed economico dell'espansione urbana. La scelta di queste aree, caratterizzate da condizioni urbane differenti, offrirà l’occasione di studiare interventi di densificazione che interpretino non solo in termini quantitativi ma soprattutto in chiave morfologica e spaziale le questioni legate alla “densità”, sia in contesti ampiamente urbanizzati che nei cosiddetti territori di mezzo, dove poter approfondire il tema delle interazioni tra costruito e ambiente naturale.
Testi di riferimento
Secchi, B., 2005. La città del XX secolo. Bari, Laterza.
Secchi, B. & Viganò, P., 2011. La ville poreuse: un projet pour le grand Paris et la métropole de
l'après-Kyoto. Genève: METISPRESSES.
Indovina, F., 2009. Dalla città diffusa all’arcipelago metropolitano, Franco Angeli, Milano
Magnaghi, A., 2012. Il territorio bene comune. Firenze, Firenze University Press.
Tuscano, C. (a cura di), 2019. Giancarlo De Carlo. La città e il territorio. Quattro lezioni. Roma, Quodlibet
Carta, M. Futuro. Politiche per un diverso presente, 2019. Soveria Mannelli, Rubettino
LE FORME DELLO SPIRITO. UN LUOGO PER LA PREGHIERA, LO STUDIO E L’INCONTRO INTERCULTURALE
Guendalina Salimei, F. R. Castelli, A. Riciputo
Abstract
Il fenomeno della diversità religiosa oggi assume i connotati di un’emergenza sociale e culturale alla quale le metropoli contemporanee - e soprattutto le loro periferie - stanno tentando di trovare soluzioni architettoniche e urbanistiche che superino il concetto di cluster monoculturale. Il continuo sovrapporsi di flussi migratori determina la compresenza di numerose etnie che non hanno luoghi specifici per la pratica (e lo studio) della propria religione, comportando la loro costituzione spontanea in spazi domestici e impropri da riadattare alle nuove esigenze. I grandi edifici e privati a uso pubblico (come le università, le grandi aziende e società, i centri commerciali, gli ospedali, gli aeroporti - tranne le carceri) delle metropoli maggiormente caratterizzate dalla compresenza plurietnica hanno trovato una soluzione nella costituzione di luoghi spirituali multifede - all’interno dei quali è necessario tracciare una differenza sostanziale tra le stanze a vocazione interreligiosa che possono contenere al loro interno oggetti o indicazioni appartenenti alle religioni maggiori e le cosiddette stanze del silenzio, caratterizzate tendenzialmente da una spoliazione decorativa che coincide con un concetto astratto di spiritualità universale. Queste ultime stanno diventando una realtà diffusa ma, proprio in ragione della loro indeterminatezza, non hanno ancora sviluppato una propria identità.
Tra le prime stanze del silenzio si può nominare la Meditation Room del quartier generale dell’ONU a New York del 1948-1957, mentre la più famosa è la Rotko Chapel del 1971 progettata da Philip Johnson e allestita dall’artista che ne ha dato il nome: entrambe parlano agli archetipi collettivi agendo sui comuni dogmi della fede (come univocità e assolutezza della divinità, imperscrutabilità, dominio dei cicli vitali, solidità dell’eterno) usando i linguaggi dell’arte, della luce, dei materiali, della stereometria delle forme.
La finalità del seminario è quella di introdurre gli studenti alla tipologia della stanza del silenzio attraverso lo studio della teoria e dei riferimenti più significativi che sono stati realizzati nella contemporaneità. Contestualmente, sarà loro presentata anche la realtà complessa dell’edificio carcere, nei suoi aspetti sociali e architettonici, una megastruttura che funziona come un cluster multietnico caratterizzato da una forte conflittualità sociale. Per tradizione dotati di una chiesa, le
carceri italiane soffrono l’assenza di luoghi per il culto e lo studio sacro in cui i detenuti - a maggioranza di fede musulmana - possano incontrarsi (con le debite cautele) per la preghiera collettiva o raccogliersi nell’intimità della preghiera individuale.
Esiti
Il seminario sarà organizzato in quattro incontri durante i quali verranno forniti i principi teorici e progettuali fondamentali sull’argomento. Alla conclusione del seminario gli studenti saranno in possesso degli strumenti teorico pratici per poter affrontare una riflessione sull’argomento sotto forma sia di saggio scritto sia di meta-progetto con la messa a punto di un concept per un luogo di preghiera e studio multireligioso attraverso disegni in tecnica libera (render, fotomontaggio, schizzo ecc.). Gli esiti verranno esposti dagli allievi durante l’ultimo incontro. Gli esiti verranno raccolti e finalizzati per l’inserimento in una pubblicazione più ampia sullo stesso argomento.
Bibliografia
Burchardt M., Giorda M.C., Luoghi multireligiosi come luoghi di incontro. Una introduzione, in “Annali di Studi Religiosi”, 20, 2019, p.43.
Crompton A. , “The architecture of multifaith spaces: God leaves the building”, in The Journal of Architecture, 18:4, 2013, pp. 474-496.
Salimei G. (a cura di), Percorsi del sacro, numero monografico di Metamorfosi n.8/2020, LetteraVentidue, Siracusa.
Salimei G. (a cura di), Architettura Dialogo Religione. Nuovi luoghi di condivisione per Terzo Millennio, LetteraVentidue, Siracusa 2020.
Salimei G., Ricostruire sul costruito in: G. Marucci (a cura di), Costruire nel costruito. Architettura a volume zero, Di Baio Editore, Milano, 2012, pp. 79-82.
L'IMMAGINARIO DELLE ROVINE. DA PIRANESI AL MODERNO
Lucio Altarelli con M. Falsetti
Le rovine non sono solo i testimoni del passato ma agiscono come presenze attive, come oggetti a reazione poetica che esibiscono una propria estetica: quella legata alle figure della sottrazione, dell’erosione, del taglio e dello scavo. All’idea apollinea dell’unità classica le rovine contrappongono quella dionisiaca della frammentazione; al modo delle regole quella della trasgressione dei codici; ai temi della razionalità quelli dell’inespresso.
Per queste ragioni il ruolo eversivo dell’immaginario delle rovine è il motore costante di una rêverie che, da Piranesi al Moderno, feconda i processi d’invenzione. L’apparente negatività delle rovine orienta, positivamente, la formazione dei linguaggi e l’invenzione del nuovo; svolgendo quel ruolo pedagogico che appare particolarmente significativo nei diversi distretti dell’arte e dell’architettura contemporanee.
Tema
Destabilizzando le demarcazioni aperto/chiuso, esterno/interno, natura/artificio e architettura/paesaggio, la rovina sovverte i codici tradizionali dell’architettura. La suggestione delle rovine, con il loro linguaggio eversivo, alimenta i processi d’invenzione e dà diverse indicazioni all’operabilità del progettista.
Analizzando in maniera inclusiva e zenitale i diversi apporti che le rovine hanno esercitato nel tempo come incitamento al nuovo che ha orientato e orienta diversi processi d’invenzione, da Piranesi a Scarpa, dal Canina a Rossi, da Terragni a Eisenman, è possibile individuare cinque stanze tematiche che delineano, le forme di un potenziale lessico compositivo offerto alla contemporaneità. Queste figure riguardano i seguenti temi.
La rovina come essenza.
La rovina come sottrazione.
La rovina come moduli in collisione.
La rovina come palinsesto.
La rovina come macerie.
Le caratteristiche di ogni classificazione, qui come altrove, non sono quelle della loro presunta scientificità ma rispondono alla necessità di rendere analizzabile e trasmissibile ciò che è complesso e dispersivo.
Prova finale
Non uno scritto ma un progetto: la rappresentazione (attraverso una planimetria e una sezione) di una città ideale legata a una delle cinque figure sollecitate dall’immaginario delle rovine e presenti nelle mappe urbane del nuovo millennio. La scelta del tema è individuale anche se è auspicabile fornire un esauriente confronto tra diversi modelli urbani.
Bibliografia
Altarelli, Lucio, L’immaginario delle rovine. Da Piranesi al Moderno, LetteraVentidue, Siracusa 2022
Augé, Marc, Le temps en ruines, Galilée, Paris 2003; trad. it.: Rovine e macerie, Bollati Boringhieri, Torino 2004, p. 92
Barbanera, Marcello, Capodiferro, Alessandra (a cura), La forza delle rovine, Electa, Milano 2015
Bigiotti, Stefano, Corvino Enrica (a cura), La modernità delle rovine, presentazione di Saggio, Antonino, introduzione di Altarelli, Lucio, contributi di Caliari, Pier Federico, Carpenzano, Orazio e Purini, Franco, Prospettive, Roma 2015
Purini, Franco, Attualità di Giovanni Battista Piranesi, Neri, Gianfranco (a cura), Libria, Melfi 2008.
Purini, Franco, La forma storica della decostruzione nell’architettura italiana, in: Dal progetto. Scritti teorici di Franco Purini,1966-1991, Moschini, Francesco, Neri, Gianfranco (a cura), Kappa, Roma 1992, pp. 184-189
Rowe, Colin, Koetter, Fred, Collage City, MIT Press, Cambridge, Mass. 1981; trad. it.: Collage City, Il Saggiatore, Milano 1981
Tafuri, Manfredo, L’architetto scellerato: G.P. Piranesi, l’eterotopia e il viaggio, pp.33-75 in:La sfera e il labirinto, Einaudi, Torino 1980, p. 71
Yourcenar, Marguerite, Le cerveau noir de Piranèse, Gallimard, Paris 1962; trad. it.: La mente nera di Piranesi, Pagine d’Arte, Aprica, Tesserete 2016, p. 34
Modalità di preparazione della tesi
Nel 2° anno di corso, i seminari e i workshop rappresentano per i Dottorandi l’occasione per un approfondimento dei personali interessi di ricerca o di specifiche metodologie di analisi che di norma tendono a confluire in una più precisa definizione dei temi intorno ai quali si svilupperà la dissertazione finale. Va ricordato che i Dottorandi del 2° anno presentano e discutono con il Collegio dei Docenti la loro proposta di tesi nella prima settimana di febbraio.
Modalità delle verifiche per l'ammissione all'anno successivo
Anche nel 2° anno di corso, i seminari e i workshop di progettazione costituiscono, sia pur in misura più contenuta rispetto al 1° anno, una componente importante dell’offerta formativa del Dottorato. La partecipazione ad essi e la produzione dei papers o degli elaborati progettuali richiesti permette di ottenere un significativo numero di crediti per il passaggio all’anno successivo.
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