Eleonora Duse nel Centenario della sua morte. Un secolo di Storiografia e Mitografia


Seminario di Anna Sica

8 maggio 2024, ore 14:30, Aula A, Ex Vetrerie Sciarra, via dei Volsci 122

Dopo la morte di colei che d’Annunzio definì la grande tragica sapiente (21 aprile 1924) migliaia di pagine in tutte le lingue sono state pubblicate e diffuse per raccontare la straordinaria personalità della Divina, dell’impareggiabile attrice Eleonora Duse.
Dalla donazione del fondo più corposo delle carte dusiane, consegnato dalla nipote Sister Mary Mark (Eleonora Bullough) nel 1969 alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia, e successivamente dal ritrovamento di documentazione di vario tipo emersa sulla grande attrice, e conservata presso altri archivi e fondazioni italiani e stranieri, tra cui la Fondazione Primoli, la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice di Roma, Il Vittoriale degli Italiani, la Biblioteca Centrale di Roma, la Biblioteca Archivio del Burcardo di Roma, la Biblioteca del Murray Edwards College di Cambridge, critici, letterati e storici del teatro si sono adoperati per raccontare la vita avventurosa e passionale dell’attrice, mischiando sempre fatti privati con soluzioni artistiche, atti scenici con esperienze intime della sua vita.
Ma ciò che più sorprende è che, nonostante la documentazione e i materiali sull’artista siano stati in gran numero recuperati, ricomponendo quasi del tutto la sua biografia, resti ancora viva una mitografia generata dalla frenesia di dare forma ad una materia divulgativa o di intrattenimento, che per essere tale continua a trascurare il ruolo artistico che la Duse ebbe nel panorama dei grandi capocomici e capocomiche italiane di fine Ottocento: figli tutti di un modo di recitare sapiente e antico, la drammatica metodo italiano, o come fu anche detto all’Antica italiana, con il quale dirigevano con le modulazioni della voce gli attori della loro compagnia. Fu questa un’arte che praticarono e trasmisero ancora più sapientemente alle ultime generazioni del diciannovesimo secolo, le quali a loro volta determinarono gusto e arte del primo cinquantennio del secolo successivo. Una delle massime esponenti dell’Antica italiana fu Eleonora Duse.
Nonostante il ritrovamento dei libri di Cambridge, delle lettere di Volkov alla Duse, e degli intensi carteggi con Boito, d’Annunzio e soprattutto con i suoi direttori di compagnia, Ettore Mazzanti e Luigi Rasi, per citare i carteggi più completi e continuativi; nonostante la decodificazione del metodo declamatorio della drammatica dell’antica italiana di cui la Duse ha lasciato tracce sostanziali nei suoi copioni contrassegnati, ancora si divulga per citazioni il “dolorismo della Duse”, dell’ attrice che mutò la recitazione, fino ad azzerarne i precetti, dell’attrice che “vera in scena” rappresentava il suo intimo malessere.
Questo resoconto sugli studi dusiani che l’occasione del centenario della morte ci suggerisce di fare deve essenzialmente tenere conto che bisogna riconoscere ciò che fa parte della sfera dell’intrattenimento, della divulgazione e ciò che è invece pertinente e necessario alla filologia teatrale. Verificare e capire i documenti che costituiscono l’immenso patrimonio che ci è giunto sui grandi attori dell’Ottocento e del primo Novecento italiano è la materia di cui si sostanzia la filologia teatrale, la quale ci permette di ricostruire la storia del teatro, e di depurarla da mitografie e leggende ripetute per inerzia o per mancanza di una attitudine alla passione del comprendere.

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