Relazione attività I anno (XXXIII ciclo)
Un progetto è stato dedicato alla comprensione del ruolo dei micro-RNA (miRNA) nella cachessia da neoplasia o da scompenso cardiaco. Il progetto è svolto in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università di Torino (Prof. Paola Costelli). Durante questo primo anno, dopo l’approvazione del comitato etico, sono stati arruolati 25 pazienti neoplastici (pancreas, stomaco e colon) e 15 controlli sani. La cachessia è stata definita sulla base di: i) parametri ematochimici, ii) Bioimpedenziometria (BIA), iii) TC multistrato e iiii) questionari specifici per la diagnosi di anoressia. Dal plasma dei 40 soggetti sono stati isolati esosomi e microvescicole. L’RNA totale estratto è stato sottoposto a una metodica di Next Generation Sequencing (NGS) per il sequenziamento del miRnoma. Sul siero sono state inoltre dosate (ELISA) le citochine GDF15 e FGF21 implicate nella patogenesi della cachessia. I risultati preliminari indicano che i livelli di GDF15 e FGF21 sono significativamente più elevati nei pazienti oncologici rispetto ai controlli sani.
Un secondo progetto ha lo scopo di valutare l’espressione dell'indice di proliferazione Ki67 e della famiglia dei recettori per il fattore di crescita epidermico, in particolare HER2, in una casistica di carcinomi differenziati della tiroide (DTC), con l’obiettivo di correlare l’espressione di questi marcatori con l’istotipo e le dimensioni della neoplasia primitiva, la multifocalità, la presenza di metastasi, e la valutazione prognostica complessiva. L'attività proliferativa del Ki67 e l’espressione dei recettori per il fattore di crescita epidermico sono determinate mediante tecnica immunoistochimica (IHC), utilizzando specifico anticorpo monoclonale. La presenza di nuclei immunoreattivi per Ki67 è valutata con tecnica automatizzata mediante microscopio a campo chiaro quantificandone la percentuale tramite apposito software. All’espressione dei recettori per il fattore di crescita epidermico, in particolare di HER2, è attribuito un punteggio da 0 a 3+; in caso di score 2+ è eseguita amplificazione genica mediante tecnica di ibridazione fluorescente in situ (FISH). Sono stati selezionati retrospettivamente 113 pazienti (età media: 50 anni; 89 donne e 24 uomini) sottoposti a tiroidectomia totale dal 2009 al 2017 con diagnosi istologica di DTC e stadiati secondo la classificazione TNM (AJCC VII edizione 2009). I 113 pazienti con DTC sono stati suddivisi in due sottogruppi: a) 109 pazienti con carcinoma papillifero (PTC) (78 variante classica, 29 variante follicolare, 1 variante oncocitaria, 1 variante Whartin-like); b) 4 pazienti con carcinoma follicolare (FTC). E’ in corso di valutazione l’analisi dell’indice proliferativo Ki67 sul primo campione di 21 pazienti con carcinoma papillifero nella variante classica.
Un altro progetto ha come obiettivo quello di chiarire il meccanismo molecolare attraverso cui ANGPTL3 influenza l'espressione di LDLR e LRP1. A tale scopo, cellule HepG2 sono state trasfettate utilizzando siRNA che ha come bersaglio ANGPTL3 umano (siANGPTL3) o siRNA di controllo (siCTRL). Attraverso tecniche di Western blot e di RT-qPCR sono stati valutati gli effetti sull'espressione a livello proteico e di mRNA di LDLR, LRP1, e di PCSK9. Le cellule siANGPTL3 hanno mostrato maggiori livelli di espressione, a livello proteico ma non di mRNA, di LDLR e LRP1 rispetto alle siCTRL. Poiché la proteasi PCSK9 regola la degradazione di entrambi i recettori, la sua espressione è stata analizzata, rivelando una minore espressione proteica, ma nessuna modulazione dei livelli di mRNA, di PCSK9 nelle cellule siANGPTL3 rispetto a quelle di controllo. I risultati ottenuti dimostrano che ANGPTL3 modula l’espressione di LRP1 e LDLR attraverso la regolazione dei livelli di PCSK9.
Un altro progetto prevede di utilizzare un approccio di network medicine per comprendere le ragioni dell’eterogeneità della risposta al vemurafenib nel tumore del polmone (LUAD), della tiroide (PTC) e del colon-retto (CRC). Il software SWItchMiner (SWIM) è stato utilizzato per analizzare i profili di espressione genica, disponibili su The Cancer Genome Atlas. SWIM identifica un piccolo pool di geni regolatori (switch genes), probabilmente associati con cambiamenti rilevanti nel fenotipo cellulare. Poi, utilizzando la piattaforma Geneious R11, abbiamo identificato quei geni switch che codificano per chinasi, selezionando quelli con la maggiore omologia di sequenza ai target noti del vemurafenib. Il LUAD è il tumore con il più alto numero di geni switch (298) confrontato con il tessuto normale, seguito dal PTC (227) e dal CRC (183). I geni switch che codificano per chinasi sono 14,7 e 3, rispettivamente per i tumori suddetti. I tre motivi ricorrenti nei target noti del vemurafenib sono presenti in 6 e 5 geni switch codificanti per chinasi, nel LUAD e nel PTC, rispettivamente. Al contrario, il CRC ha una sola chinasi switch con minore omologia di sequenza. La presenza di un differente numero di chinasi switch, target del vemurafenib, nei vari tumori, potrebbe costituire una delle ragioni alla base della diversità di risposta al farmaco, ipotesi da validare con esperimenti in vitro.
In un progetto di dottorato ci si propone di:1) analizzare i livelli di espressione dei recettori di AB (FXR, LXR, TGR5 e PXR) in una linea cellulare intestinale (Caco2) ed epatica (HepG2), poste in co-coltura ed con TNFalfa overespresso e in modelli murini di steato-epatite-non-alcolica (NASH) e colite, per stimare l’impatto dell’infiammazione intestinale sul fegato e viceversa; 2) testare l’efficacia di terapie innovative, quali agonisti di recettori di AB, acido glicirretico, omega-3, probiotici in grado di ridurre l’infiammazione intestinale ed epatica agendo sul GLA. Dati preliminari hanno evidenziato una diminuzione dell’espressione dei recettori FXR, LXR, PXRe TGR5 in Caco2 e HepG2 infiammate. Prove preliminari di co-colture Caco2-HepG2 hanno dimostrato che l’alterazione della permeabilità intestinale durante l’infiammazione induce un aumento di citochine (IL-8 e IL1beta) e una diminuzione dei recettori biliari nelle HepG2.
In un altro progetto, affidato a una dottoranda straniera proveniente dall’Iran, ci si propone di valutare gli effetti di ANGPTL3 in cellule muscolari. Ciò consentirebbe di migliorare la nostra conoscenza del ruolo di ANGPTL3 nell’ambito della regolazione dei substrati energetici. Per tale obiettivo, cellule C2C12 differenziate sono trattate con ANGPTL3 (100nM) e il beta-agonista isoproterenolo (100nM). I livelli di espressione proteica cosi come i livelli di mRNA dei geni coinvolti nelle vie lipolitiche intracellulari sono stati analizzati in tempi diversi per un totale di 90 minuti mediante analisi Western blot e RT-qPCR. I risultati preliminari hanno indicato che il trattamento con ANGPTL3 e isoproterenolo (ISO) è in grado di produrre una riduzione dei livelli di espressione di AMPK rispettivamente dopo 30 e 60 minuti. Le cellule trattate con ANGPTL3 e quelle trattate con ISO hanno mostrato inoltre un aumento dell'espressione genica e proteica di ERK1 / 2, cosi come della loro forma fosforilata.
In un altro progetto, si vuole valutare l'effetto dell’allopurinolo ad alte dosi (300 mg/die) sull'andamento dei valori di hs-PCR e sull'aggregazione piastrinica in pazienti con infarto miocardico acuto ed incompleta rivascolarizzazione miocardica rispetto ai casi controllo. In questo è uno studio di coorte, prospettico, monocentrico in cui sono stati arruolati 116 pazienti con IMA sottoposti a trattamento farmacologico e 116 pazienti controllo. Per tutti i pazienti arruolati si è proceduto alla raccolta dei dati anamnestici e alla localizzazione angiografica della “culprit lesion”. I livelli di hs-PCR, così come la reattività piastrinica, espressa in termini di PRU, sono stati determinati in tre differenti tempi (T0: basale; T1: dopo 30 giorni con l'inizio della somministrazione di allopurinolo 300 mg; T2: dopo altri 30 giorni contestualmente alla sospensione dell'allopurinolo. T3: dopo 5 giorni di wash-out da allopurinolo). I dati preliminari dimostrano, sia nei pazienti controllo sia nei pazienti trattati con allopurinolo una riduzione non significativa dei livelli di hs- PCR (p= NS). L'allopurinolo ha invece determinato, nei pazienti trattati una riduzione significativa della reattività piastrinica rispetto ai casi controllo PRU pz trattati: (T1 vs T2: p= 0,0001; T2 vs T3: p= 0,0001).
Il progetto ha l’obiettivo di analizzare i fattori in grado di influenzare la progressione del carcinoma vescicale allo stato iniziale (dimensioni inferiori ai 200-300µm), ancora ben localizzato, verso il fenotipo tumorale maligno con tutte le caratteristiche biologiche invasive e metastatiche (crescita incontrollata, capacità di invadere i tessuti adiacenti). Sono stati selezionati 18 pazienti affetti da tumore della vescica: 4 donne e 14 uomini, di età compresa tra i 40 e gli 85 anni. In ogni caso sono stati raccolti almeno tre campioni tissutali durante intervento chirurgico. I campioni crioconservati sono stati analizzati con la tecnica LCMD (laser capture microdissection) per effettuare un’analisi cellulo-specifica. Dalle cellule ottenute è stato estratto RNA, utilizzando il biorobot EZ1. L’RNA ottenuto dovrà essere retrotrascritto e il cDNA ottenuto dovrà essere sottoposto a PCR in real-time su arrays customizzati a bassa densità, in 50 ml di una PCR Master Mix. Lo stesso cDNA dovrà essere analizzato tramite card microfluide customizzate con geni di interesse (tra cui HIF-1, NFkB, iNOS2, RAGE, P2X7R). AL momento sono state completate solo le analisi istologiche
L’obiettivo di un altro progetto del dottorato è l'identificazione di nuovi biomarkers circolanti nell’ carcinoma midollare della tiroide (MTC). Saranno prospetticamente arruolati nello studio pazienti affetti da MTC sporadico/ereditario: coorte-1 (pazienti neodiagnosticati, in attesa di intervento chirurgico sul tumore primitivo); coorte-2 (pazienti in persistenza di malattia, eleggibili a trattamento locale/sistemico). Di ciascun paziente sarà analizzato: il tessuto tumorale (primitivo e/o secondario); il plasma (al baseline e dopo trattamento) per la ricerca di biomarkers circolanti (miRNA, DNA libero circolante – cfDNA). L’analisi di espressione dei miRNA sarà effettuata sia a livello tissutale sia circolante mediante PCR. L’analisi mutazionale su tessuto tumorale e su plasma verrà effettuata mediante tecnica di NGS. Le mutazioni identificate verranno validate e monitorate nel tempo mediante digital-PCR. I pazienti saranno stratificati in base alla risposta al trattamento.
Nel corso del 2018, sono riprese le attività del I anno di un progetto longitudinale prospettico volto a valutare la relazione tra microRNA e fibrosi renale nella malattia renale policistica autosomica dominante (ADPKD). In questo arco di tempo, sono stati arruolati 25 pazienti ADPKD, 15 pazienti con diverso grado di funzione renale sono stati sottoposti a esami di laboratorio, RM 3T per la quantificazione del volume renale totale (TKV), perfusionale (TPV) e fibrotico (TFV). I dati preliminari indicano che sono risultati negativamente e significativamente correlati all’eGFR (EPI), il TKV (<0.02), il rapporto tra TPV/TKV% (p<0.02) e il TFV (p<0.04). TFV è risultato correlato positivamente e significativamente all’aldosterone plasmatico (p<0.05), all’insulinemia (p<0.05) e all’ABI (p<0.05).
Relazione attività II anno (XXXII ciclo)
Il progetto dedicato a investigare gli aspetti clinici e terapeutici delle manifestazioni reumatologiche in una coorte di pazienti pediatrici con malattie infiammatorie croniche intestinali, nel secondo anno di attività ha arruolato 83 pazienti con MICI e manifestazioni articolari (56 Crohn, MC, 27 colite ulcerosa RCU): la valutazione prospettica di questi pazienti ha mostrato che l'artrite presenta un esordio più precoce rispetto all’artralgia (p=0.031), senza differenza in prevalenza di artrite o artralgia nella MC vs RCU (p=0.930). La frequenza dell’interessamento delle piccole articolazioni, delle articolazioni coxofemorali e sacroiliache è maggiore nei pazienti con artrite (p=0.006, p=0.001, p=0.001 rispettivamente). Nella MC, in entrambi i gruppi con artrite o artralgia, prevale l’interessamento ileo colon (L3) rispetto a quello ileale (L1) e colon (L2). La remissione dell’ artrite in terapia top down vs step up evidenzia differenze significative già a 6 (p=0.043) e 12 mesi (p=0.036).
Il progetto dedicato alla definizione del ruolo di NBS1, N-MYC e della pathway di Sonic Hedgehog (SHH) nello sviluppo e nella carcinogenesi cerebellare nel II anno è proseguito generando due modelli animali (NbnGCP-∆ e NBNfl/flGli1/CRE-tamoxifen-driven). Lo studio del modello murino NbnGCP-∆ ottenuto dalla delezione condizionale di Nbs1 nei progenitori dei granuli cerebellari (GCPs) mostra come l’assenza di Nbs1 determina difetti di sviluppo cerebellare e downregolazione della pathway di Shh nei GCPs ex-vivo. La downregolazione della pathway è stata inoltre confermata in-vitro in Neurosfere/GCP-NBNfl/flGli1/CRE-tamoxifen-driven. Tra le possibili cause si è valutato un eventuale ruolo di Nbs1 nella regolazione della ciliogenesi primaria, processo essenziale per la pathway di Shh. I nostri dati mostrano come l’assenza di Nbs1 determina un’alterazione morfologica del cilium primario ex-vivo e in-vitro, e anomalie di disassemblaggio ciliare.
Il progetto dedicato alla valutazione del microbiota respiratorio e della risposta immunitaria in lattanti ricoverati per bronchiolite ha visto, nel secondo anno, l’arruolamento di 40 bambini di età < 6 mesi e sottoposti ad aspirato nasofaringeo per la ricerca di 14 virus respiratori. E’ stato poi estratto il DNA metagenomico con successivo sequenziamento delle comunità batteriche. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: virus positivo (21) e virus negativo (10). In 9 casi non è stato possibile estrarre il DNA dal materiale biologico prelevato. E’ stata osservata una minore ricchezza e biodiversità in termini di specie batteriche in presenza del VRS. Lo Streptococcus pseudopneumoniae è discriminante ed è maggiormente presente (p=0.013) nei bambini con VRS. Altre specie discriminanti per il VRS sono lo Staphylococcus epidermidis (p=0.048), il Rubrobacter xylanophilus (p=0.025) e il Corynebacterium tuberculostearicum (p=0.025).
Il progetto dedicato all’identificazione e caratterizzazione di farmaci antagonisti della pathway di Hedgehog per il trattamento dei tumori cerebrali, ha riportato nel secondo anno risultati che dimostrato l’attività antitumorale di piccole molecole, identificate all’inizio di questo progetto, capaci di bloccare la via di Hh agendo sia a monte sul recettore Smo, sia a valle sul fattore trascrizionale Gli1. Avendo inoltre identificato un nuovo regolatore positivo del signaling, il fattore trascrizionale Sall4, che agisce in complesso con HDAC1 (noto attivatore di Hh), la ricerca condotta ha definito alcuni dettagli molecolari coinvolti nella regolazione dell’attività trascrizionale di Gli1.
Il progetto volto a determinare gli effetti del dipotassioglicirrizinato (DPG) sulla regolazione dei geni del risanamento mucosale Mucosal Healing, MH) nell’epitelio intestinale successivo a una fase acuta di colite sperimentalmente indotta in modelli murini ha riportato, nel secondo anno di attività, che Il DPG accelera il MH inibendo geni pro-infiammatori (CXCL1, CXCL3, CXCL5, PTGS2, IL-1β, IL-6, CCL12, CCL7) e attivando geni centrali alla pathway del MH (PLAUR, VTN, COL3A1, MMP9, SERPINE, CSF3, FGF2, FGF7, PLAT, TIMP1). In particolare, PLAUR e VTN, durante l’infiammazione, sono fondamentali in vitro per un’efficiente riparazione e funzionalità della mucosa intestinale, mediate dal DPG.
Il progetto dedicato allo studio comparativo del microbiota intestinale di bambini affetti da allergia alle proteine del latte vaccino (APLV) con quello di soggetti sani della stessa età, prevedeva l’arruolamento di 3 gruppi di bambini: Gruppo1: bambini con sensibilizzazione per il latte vaccino (positività di Skin Prick Test e delle IgE specifiche per PLV; cut-off 0,35 kUI /L) e positività al test di provocazione orale con latte vaccino in doppio cieco contro placebo (DBPCFC); Gruppo2: bambini con sensibilizzazione per PLV, ma DBPCFC negativo; Gruppo3: bambini sani con IgE specifiche per PLV negative. Il progetto è proseguito per il suo secondo anno di attività riportando la selezione di 33 pazienti (16 femmine; età mediana 12.8 mesi; range 11-15 mesi): di cui: 12 per il Gruppo1, 6 per il Gruppo2 e 15 per il Gruppo3. L’analisi del microbiota ha mostrato che il Bifidobacterium longum BB536, Bifidobacterium breve M-16V sono risultati presenti in modo paragonabile tra i 3 gruppi ad una concentrazione media di 104-105 cells/ul; Bifidobacterium infantis M-63 è risultato completamente assente nei tre gruppi.
Il progetto dedicato alla valutazione del ruolo dello stress ossidativo nelle patologie tiroidee nel corso del secondo anno di attività ha proseguito l’arruolamento di pazienti affetti da tumori della tiroide con diagnosi citologica Thy3b, Thy4, Thy5, candidati a intervento di tiroidectomia totale ed eventuale linfectomia (n=20). L’espressione di GPx1 e TrxR1 è stata determinata mediante Western blot su campioni di tireociti prelevati sia nel nodulo tumorale sia nel tessuto sano, mentre la valutazione dello stress ossidativo è stata eseguita con tecnica EPR-spin trapping. I risultati preliminari mostrano una diminuzione significativa dell’espressione di GPx1 e TrxR1 (-45,7% e -43,2% rispettivamente, p<0,01), nel tessuto tiroideo tumorale rispetto a quello sano, mentre l’EPR, evidenzia un incremento dei radicali liberi nel tumore, rispetto ai tireociti sani (+38,7% a.u. p<0,01).
Un progetto di oncogenesi sperimentale è stato dedicato alla valutazione delle poliammine (spermina, spermidina, putrescina e cadaverina) nella proliferazione cellulare e tumorale. Il principale regolatore del loro metabolismo è l’ornitina decarbossilasi (ODC). Alti livelli di poliammine e di ODC sono riscontrati in molti tumori e l’inibizione farmacologica di tale asse (DFMO, inibitore di ODC) ha effetto antitumorale in vitro e in vivo. Nonostante ciò la cellula attiva meccanismi di rescue delle poliammine dall’ambiente esterno e questo rende necessario agire su effettori downstream della via. Il fattore traduzionale Eif5a, overespresso in molti tumori, è attivato tramite la modifica post-traduzionale dell’ipusinazione mediata dagli enzimi DHPS e DOHH utilizzando la spermidina come substrato. Nel corso del secondo anno di svolgimento del progetto si sono valutati gli effetti del GC7, inibitore di DHPS, sulla proliferazione di linee cellulari di carcinoma del colon-retto (CRC) (HCT116, HT29 e LoVo). I risultati riportati hanno indicato che l’inibizione dell’asse ipusinico riduce la proliferazione delle cellule di CRC e i livelli proteici di c-Myc in vitro e in vivo. Il GC7 mostra uno spiccato effetto sinergico in vitro in combinazione con DFMO.
Relazione attività III anno (XXXI ciclo)
Il progetto dedicato a valutare in vitro gli effetti di diversi composti che hanno come target mutazioni diverse coinvolte nello sviluppo e nella progressione del tumore della prostata (PCa) e confrontare questi risultati con l’esperienza clinica di risposta alla terapia di pazienti con PCa con diversa progressione ed espressione di AR-V7 nel nucleo. Per questo studio sono state utilizzate diverse linee cellulari: a) LnCaP (che mantiene la sensibilità agli androgeni, esprime PSA e PSMA, mantiene p53 wt e presenta PTEN mutato che porta all’attivazione costitutiva della via di AKT); b) VCaP sono cellule che derivano da metastasi vertebrali isolate da una vertebra lombare di un paziente refrattario alla terapia ormonale. Queste cellule esprimono PSA e PAP (prostatic acid phosphatase). Le cellule VCaP esprimono AR wt ma presentano un’amplificazione di AR risultando in livelli più elevati di AR-FL, inoltre presentano la variazione di splicing 7, AR-V7. Esprimono PTEN e il gene di fusione TMPRSS2-ERGPTEN. Su queste cellule sono stati valutati gli inibitori di PI3K/AKT/ mTOR, Wortmannin e RAD001 in combinazione con farmaci che interferiscono con la via di AR. E’ emerso che il docetaxel ha una maggiore capacità di inibire la crescita cellulare di entrambe le linee cellulari: dopo trattamento con 5nM solo il 14% e il 30% rispettivamente LnCaP e delle VCap continuano a proliferare. Il trattamento con Abiraterone riduce del solo 40% la crescita delle LnCap e del 20% quella delle VCaP, mentre l’Enzalutamide riduce del 55% le LnCaP e del 30% le VCap. Il trattamento di queste cellule con inibitori di PI3K/AKT/mTor effettivamente riduce la sopravvivenza delle cellule esaminare.
Un progetto di ricerca ha previsto la creazione di scores multiparametrici per la caratterizzazione del rischio stimato di malignità di noduli tiroidei sottoposti a citologia per ago sottile. Sono stati campionati 917 noduli, di cui 82 sono stati esclusi per dimensioni <1 cm e 282 per assenza di diagnosi conclusiva. Le caratteristiche ultrasonografiche dei noduli sono state registrate ed utilizzate per classificare ciascun nodulo secondo le linee guida American Association of Clinical Endocrinologists (AACE/ACE/AME), American College of Radiologists (ACR), American Thyroid Association (ATA), EU-TIRADS e K-TIRADS. Lo standard di riferimento è stata l’istologia definitiva se disponibile, oppure una citologia benigna con successivo follow-up. Sono stati escluse citologie non diagnostiche o indeterminate. L’applicazione dei sistemi di classificazione permetterebbe di evitare da 92 (16.6%) a 287 (51.9%) agoaspirati (sistema K-TIRADS e ACR TIRADS, rispettivamente [p<0.001], con un false-negative rate di 3.3% e 2.8%). Il tasso di malignità nelle varie categorie risulta congruente con il rischio stimato. In sintesi, la stratificazione ecografica ha permesso una migliore selezione dei noduli candidati a citologia ed eventuale analisi molecolare, attraverso la stima del rischio di malignità pre-test, ottimizzando i valori predittivi risultanti.
Lo scopo dello studio è stato quello di valutare la funzionalità cardiaca in soggetti affetti dalla Sindrome da del22q11 senza CC, confrontandoli con un gruppo di controllo. Lo studio ha coinvolto 20 soggetti adulti con del22q11 senza CC e un gruppo di controllo di 14 soggetti sani. Tutti i soggetti arruolati hanno eseguito ecocardiografia color-doppler transtoracica. Dallo studio ecografico è risultato che i pazienti del22q11.2 hanno valori nella norma. Nel complesso però, del gruppo di studio del22, sono state registrate variazioni statisticamente significative per i valori M-mode del setto interventricolare e degli indici di massa ventricolare sinistra, e, al Tissue Doppler Imaging, vi sono variazioni di alcuni valori del flusso transmitralico, che possono far pensare a una disfunzione diastolica in fase subclinica. I pazienti con del22q11 hanno una funzione ventricolare sostanzialmente normale. Nonostante ciò, sono state riscontrate, per alcuni valori, differenze significative tra i due gruppi che dovranno essere indagate per capirne le cause e per impostare dei programmi di follow-up.
Lo scopo dello studio è stato quello di identificare fattori prognostici clinici e molecolari nel carcinoma differenziato della tiroide (DTC) utilizzando un database nazionale prospettico e multicentrico. Il rischio di recidiva e la risposta al trattamento sono stati classificati secondo le linee guida dell’American Thyroid Association (ATA). In 721 pazienti si è raggiunto un follow-up ≥3 anni. Il rischio di recidiva era basso in 417 (57,8%), intermedio-basso in 143 (19,8%), intermedio-alto in 128 (17,8%), alto in 33 (4,6%). La risposta al trattamento era eccellente in 452 (61,8%), biochimica incompleta in 36 (4,7%), indeterminata in 198 (27,3%), strutturale incompleta in 44 (6,2%). I pazienti a rischio intermedio-alto ed alto avevano un maggior tasso di malattia strutturale a 3 anni rispetto ai pazienti a rischio basso (15% e 21% rispettivamente vs 3%). Il profilo nel tempo dei miR-146a-5p e miR-221-3p è stato analizzato in 44 pazienti. Il loro trend era in riduzione nei pazienti liberi da malattia e in aumento nei pazienti con persistenza di malattia. La classificazione del rischio ATA è efficace nel predire la persistenza strutturale di malattia. Un terzo dei pazienti presenta uno stato di malattia “indeterminato” con gli attuali marcatori, il profilo dei miRNA rappresenta una promettente alternativa.
Lo scopo principale di questo studio era di identificare e quantificare i substrati energetici utilizzati dal cuore nello SC di grado moderato-severo. Per tale obiettivo, in pazienti candidati all’impianto di un devie cardiaco, e dopo almeno 6h di digiuno, sono state misurate contemporaneamente le concentrazioni ematiche di β-idrossibutirrato, lattato, triacilgliceroli, glucosio e acidi grassi sia nel circolo arterioso sia in quello venoso coronarico. Sono stati arruolati un totale di 16 pazienti affetti da SC e 15 controlli. Le concentrazioni dei substrati energetici, sia sul versante arterioso sia su quello venoso, erano simili nei due gruppi mentre la loro differenza artero-venosa mostrava una riduzione significativa dell’estrazione di acidi grassi nei pazienti affetti da SC (SC 0.07±0.23 mmol/L vs non-SC 0.25±0.16 mmol/L, p=0.03). Anche quando si analizzavano solo i pazienti non diabetici i risultati apparivano sostanzialmente invariati (SC 0.03±0.30 mmol/L vs non-SC 0.26±0.12 mmol/L, p=0.09). Nello studio l’utilizzo di corpi ketonici da parte del muscolo cardiaco era sovrapponibile nei pazienti con insufficienza cardiaca e nei controlli. Al contrario, è stata dimostrata una riduzione nell’estrazione degli acidi grassi nei soggetti con SC, compatibile con una down regolazione della beta-ossidazione, già dimostrata nelle fasi più avanzate della malattia.
Un progetto è stato dedicato alla valutazione prospettica dell’impatto della sarcopenia sull’outcome di pazienti affetti da carcinoma polmonare, in relazione al Glasgow Prognostic Score (GPS). Obiettivo addizionale era quello di correlare la presenza di sarcopenia con i valori di GDF 15 e di miRNA. Dei 35 pazienti arruolati, 18 sono sarcopenici e 17 non sarcopenici; 12 pazienti sono classificati in GPS 0, 15 pazienti in GPS 1 e 8 pazienti in GPS 2. I pazienti GPS 0 sono prevalentemente non sarcopenici; i pazienti GPS 2 sono sarcopenici (p=0.023). E’ stata riscontrata una correlazione statisticamente significativa tra GPS e stato di nutrizione (p=0.0013). I pazienti sarcopenici e quelli anoressici mostravano valori di PCR significativamente più alti. La chemioterapia è stata ben tollerata: 12 pazienti hanno presentato Dose-limiting toxicity (DLT. I dati ottenuti mostrano un’associazione tra sarcopenia, anoressia e malnutrizione. La presenza di sarcopenia e malnutrizione è associata a un indice prognostico peggiore. Lo stato di sarcopenia e anoressia è correlato ad aumento degli indici di infiammazione. I sarcopenici presentano maggior tossicità rispetto ai non sarcopenici.
Un progetto ha avuto lo scopo di determinare i pattern di funzione biventricolare e la loro relazione con indicatori di severità clinica pre e post natale nei neonati con ernia diaframmatica congenita (CDH). Valutazione di cluster micro RNA 17-92 tipici dell’ipoplasia polmonare nei pazienti con CDH. Lo studio è stato condotto come studio osservazionale caso-controllo, in pazienti con CDH, con valutazione della funzione cardiaca precoce tramite lo speckle tracking-derived global strain e il tissue Doppler imaging. La ricerca di microRNA 17-92 è stata eseguita su broncolavaggio alveolare. Successivamente sono stati correlati con il Lung Head Ratio (LHR), l’indice di ossigenazione (IO), la durata dell’intubazione (DINT) e dell’ospedalizzazione (DOSP). Tutte le misurazioni di funzione sono risultate significativamente ridotte nei pazienti con CDH (n=25) rispetto al gruppo di controllo (n=20) entro le 48 ore di vita. I miR17, miE18a, miR19b, miR20a sono stati riscontrati significativamente elevati nei pazienti con CDH (p<0.05). Solo la disfunzione ventricolare sinistra ha evidenziato una correlazione positiva con l’LHR (r2=0.32, p 0.03), con l’IO (r2 0.35, P<0.001), con DINT (r2 0.24, p 0.04), e con DOSP (r2=0.4, p 0.006). Il periodo transizionale nella CDH è caratterizzato da una disfunzione cardiaca biventricolare. La funzione ventricolare sinistra correla inoltre con i markers clinici di severità pre e post natali e sembra quindi avere un ruolo determinante nella severità di questa patologia rappresentando anche un possibile target terapeutico. Questi risultati supportano l’importanza di un assessment regolare della funzione cardiaca. I miR 17-92 possono rappresentare un marker importante di ipertensione polmonare nei pazienti con CDH.
Un progetto ha valutato i marcatori neuroradiologici precoci di neurodegenerazione nella sclerosi multipla (SM) e nella sindrome clinicamente isolata (CIS) dell'età evolutiva. Sono stati reclutati 62 pazienti (20 SM, 42 CIS). Il carico lesionale all’esordio è maggiore nei pazienti SM vs CIS (14.1 ± 12 vs 9.5 ± 7, p<0.05); i pz SM e CIS rispetto ai controlli presentano riduzione del volume cerebrale totale (1.56 x 106 vs 1.64 x 106, p<0.05); l’analisi spettroscopica ha mostrato nei pazienti CIS/SM rispetto ai controlli un aumento dei livelli di glutammato (8.1±1.6) nella sostanza bianca apparentemente normale; un aumento del glutammato (8.0±1) nelle lesioni captanti gadolino; una riduzione dell’N-acetil-aspartato (10.8±2) nelle lesioni croniche. Esiste una relazione tra danno cognitivo e volume delle lesioni corticali(r=0.59; P .001), lesioni iperintense in T2 (r=0.41; P .001) e volume della sostanza grigia (r=−0.47; P .001). La regressione logistica ha mostrato che ridotte performance cognitive correlano con il numero delle lesioni corticali (r=0.59; P .001), del volume delle lesioni iperintense in T2 (r=0.41; P .001) e il volume della sostanza grigia (r=−0.47; P .001).
Dopo un follow-up di 12 mesi, si è osservato che i pazienti che mostravano all’esordio una significativa riduzione del volume corticale hanno mostrato una maggiore aggressività di malattia (numero recidive e riduzione delle performance cognitive).
Sulla base della premessa che la fibrillazione atriale (FA) è solitamente associata a molteplici comorbidità valutabili attaverso il Charlson Comorbidity Index (CCI) uno strumento validato per la valutazione del carico di comorbidità un progetto di ricerca ha avuto come scopo lo studio della relazione tra FA e CCI in un ampio database amministrativo della regione Lombardia (>10 milioni di abitanti). Tutti i pazienti ammessi con diagnosi di FA nel 2002 sono stati considerati per l’analisi e seguiti per un follow-up di 12 anni e comparati con un campione casuale di soggetti non fibrillanti. La diagnosi di FA e la costruzione del CCI sono stati valutati tramite l’utilizzo dei codici ICD-9 ottenuti dalle ospedalizzazioni. Nel 2012, 24040 pazienti sono stati ricoverati con diagnosi di FA, con un CCI significativamente più elevato rispetto ai 240400 pazienti senza FA (1.8±2.1 vs. 0.2±0.9, p<0.001). Nel corso dei 12 anni di osservazione, un modello lineare aggiustato ha mostrato come la FA fosse associata indipendentemente a un rischio di aumento significativo del CCI (coefficiente beta: 1.69, 95% intervallo di confidenza [IC]: 1.67-1.70). Un’analisi logistica di regressione aggiustata ha mostrato che il CCI era inversamente associato alla prescrizione di anticoagulanti al basale (OR: 0.91, 95% IC: 0.89-0.92 per punto) e alla fine dell’osservazione (OR: 0.98, 95% IC: 0.98-0.99). Nel corso dei 12 anni di osservazione, i pazienti con FA con alto CCI (≥4) avevano un’incidenza cumulativa più elevata per ictus, sanguinamento maggiore e morte (tutte p<0.001), rispetto ai pazienti FA con basso CCI (0-3). In questo studio di coorte, la FA era indipendentemente associata con un aumentato rischio di un progressivo maggior carico di comorbidità, valutata come CCI. Un aumentato CCI era inversamente associato alla prescrizione degli ACO nell’intero periodo di osservazione. In ultimo, il CCI era indipendentemente associato un aumentato rischio di ictus, sanguinamento maggiore e morte.
L’obiettivo del progetto era quello di validare l’impiego della Next Generation Sequencing (NGS) per l’analisi simultanea di più geni, nella diagnostica oncologica predittiva e prognostica. È stata quindi indagata la presenza di mutazioni germinali in pazienti affetti da carcinoma mammario/ovarico (CM/O) ereditario e di mutazioni somatiche in casi di melanomi metastatici (MM). Per tale obiettivo, 152 casi di CM/O sono stati analizzati per l’identificazione di mutazioni germinali nei geni ad alta penetranza BRCA1/2. 26 casi risultati BRCA1/2 negativi sono stati analizzati con pannello custom per l’analisi di 29 geni associati al rischio di sviluppo di CM/O. Il profilo delle mutazioni somatiche in 22 geni chiave della tumorigenesi è stato analizzato in 46 casi di MM, mediante l’utilizzo di un pannello commerciale. Il 24% (37/152) dei casi di CM/O sono risultati portatori di mutazioni in BRCA1/2. L’11% (3/26) dei casi BRCA1/2 negativi presentano mutazioni patogenetiche nei geni ATM, MUTYH, PALB2; il 61% (16/26) presenta 20 varianti di significato incerto nei geni MSH6, APC, TP53, RAD51B, EPCAM, BRIP1, CHEK2, RAD50, STK11 e BARD1. L’analisi dei casi di MM ha evidenziato una percentuale del 48% di casi mutati in BRAF e del 33% di casi mutati in NRAS. I risultati dello studio evidenziano l’utilità dell’impiego di tecnologie NGS nella diagnostica oncologica al fine di ottenere la migliore stratificazione prognostica.
Nel corso del 2018, sono stati ripresi e portati a compimento quattro progetti di ricerca di dottorandi appartenenti a cicli precedenti. Il primo, dedicato a identificare target terapeutici nelle cellule staminali tumorali di carcinoma del colon retto (CR-CSC), ha riportato che una terapia combinata di anti-HER2 e inibitori di PI3K e BRAF è in grado di determinare una risposta terapeutica parziale in tumori BRAF-mutati e una rallentata progressione tumorale in tumori con mutazioni di KRAS.
Inoltre, in un modello di terapia combinata, nella quale i farmaci anti-BRAF sono stati sostituiti con inibitori di MEK che provocano down regolazione di Mici nelle CR-CSC, si è mostrata in grado di determinare una significativa e persistente diminuzione della massa tumorale. Il secondo progetto, volto a valutare l’efficacia terapeutica dell’approccio top-down (introduzione precoce di farmaci biologici) e compararlo con l’approccio step-up (terapia convenzionale), ha evidenziato in un gruppo 49 bambini con MC che l’introduzione precoce dei farmaci biologici nella MC in età pediatrica si è dimostrata più efficace nel raggiungere una guarigione mucosale completa, più lunghi periodi steroid-free e minori tassi di ricadute. Un altro progetto ha riportato i dati dello studio CD-GEMM (Celiac Disease Genetic Enviromental Microbiome and Metabolome), studio prospettico condotto simultaneamente negli USA e in Italia che ha cercato di valutare il contributo del metagenoma al rischio genetico di celiachia mediante un approccio moderno di biologia dei sistemi. Dalle heat maps relative alla presenza e all’abbondanza di genere e di specie per ciascun periodo iniziale di raccolta dei campioni (7 giorni di vita, 3 mesi, 6 mesi) è stato osservato una segregazione in due cluster (lattanti nati da taglio cesareo/allattamento formulato/esposti agli antibiotici alla nascita VS lattanti nati da parto vaginale/allattamento al seno/senza esposizione agli antibiotici alla nascita) E’ stato anche registrato un’ulteriore segregazione in cluster per quanto riguarda i pattern metabolomici a seconda della genetica dei bambini studiati. L’ultimo di questi progetti, volto a identificare fattori prognostici preoperatori in grado di stratificare il rischio di metastasi del compartimento centrale nel carcinoma papillare della tiroide attraverso lo studio di 47 pazienti consecutivi affetti da carcinoma papillare della tiroide unifocale e senza evidenza clinica di metastasi linfonodali (cN0), ha mostrato come non vi sono parametri pre-operatori in grado di identificare una popolazione “a rischio” di coinvolgimento linfonodale.