Relazione annuale

L’attività scientifica nell’anno accademico 2022-23 ha riguardato argomenti tutti inerenti le tematiche del Dottorato. Molti dei risultati ottenuti dai Dottorandi sono stati presentati a diversi congressi nazionali ed internazionali (vedi schede dottorandi). Inoltre, i Dottorandi hanno prodotto numerose pubblicazioni su riviste internazionali. Le relazioni sull'attività di Ricerca svolta dai Dottorandi, controfirmate dai Docenti Guida/Tutor, e le loro pubblicazioni sono sul sito del Dottorato in Medicina Sperimentale, al seguente link:
https://phd.uniroma1.it/web/relazione.aspx?i=3522&l=IT.

Gli argomenti di ricerca sviluppati dagli studenti del 38° ciclo hanno riguardato:
-Nuovi approcci terapeutici nel melanoma e adenocarcinoma polmonare attraverso la generazione di Organoidi da pazienti sottoposti ad intervento chirurgico -Oncogenic outcome of FGFR2 isoform switch in epithelial context: contribution of TRPs at a glance -Multidrug Resistance Protein-4 (MRP4) protein expression in patients with acute coronary sindrome under chronic aspirin treatment -Ruolo dell’infiammazione nello sviluppo e progressione della fibrosi polmonare idiopatica e delle fibrosi polmonari progressive: dati preliminari -Ruolo sesso-specifico dei recettori degli estrogeni nelle cellule del sistema immunitario -Ruolo del peptide natriuretico atriale nella modulazione dell' autofagia endoteliale in risposta allo stress -Livelli sierici del neuropeptide y e la sindrome di tako-tsubo apicale: il potenziale ruolo diagnostico e prognostico -The role of OPA1 and mitochondrial dynamics in the biology of resident cardiac stromal cells. -Identificazione dei Costraints di Dose delle Sub-Unità Cardiache per valutazione della tossicità tardiva radioindotta -Radiomica ed Intelligenza Artificiale per la Caratterizzazione di Lesioni Renali Solide in Tomografia Computerizzata

Gli argomenti di ricerca sviluppati dagli studenti del 37° ciclo hanno riguardato:
- Studio dei meccanismi neuroprotettivi della Neuroglobina associati ai mitocondri;
- Valutazione del potenziale differenziativo di cellule staminali mesenchimali derivate da polpa dentaria in seguito a stimolo ipossico;
- Role of microbial co-infections and immune response in the persistence of human papillomavirus mucosal infections;
- Characterization of epi-metabolic crosstalk contributing to Pancreatic Ductal Adenocarcinoma onset and progression;
- Valutazione dell’efficacia di PIVKA-II nella diagnosi del carcinoma pancreatico: espressione del biomarcatore a livello circolante, tissutale e cellulare;
- Il ruolo della disfunzione autonomica e dell'infiammazione in pazienti con sindrome coronarica acuta a coronarie indenni: una relazione complessa con potenziali implicazioni terapeutiche;
- Correlazione dei livelli circolanti di MST1 e MST1-P in piastrine ed EPC di pazienti con la presenza e la severità di malattia coronarica, disfunzione endoteliale e stress ossidativo;
- Effetti del microambiente ipossico e ruolo dell'acido polisialico nel glioblastoma.

Gli argomenti di ricerca sviluppati dagli studenti del 36°ciclo hanno riguardato:
- Potenzialità della manipolazione della UPR nel trattamento del cancro del colon;
- Characterization of the Interferon response during SARS-CoV-2 infection and of the host factors determining COVID-19 severity;
- Studio della risposta alla vaccinazione anti SARS-CoV-2 in popolazioni "fragili";
- La bioenergetica nella Sclerosi Laterale Amiotrofica, nuovi approcci sperimentali e potenziali terapeutici;
- La fibrosi cardiaca nella fibrillazione atriale;
- Correlazione tra lo Shrinkage della parete aortica e la risposta infiammatoria dopo EVAR;
- Vescicole extracellulari in biopsia liquida e campioni tissutali nei gliomi diffusi dell'adulto: possibile ruolo di H3F3A p.Tyr55f;
- La degenerazione del disco intervertebrale: studio dei meccanismi alla base della degenerazione su modello in vitro.

Gli argomenti di ricerca sviluppati dagli studenti del 35°ciclo hanno riguardato:
- Studio del secretoma delle ASC: approcci epigenetici e molecolari per l’ottimizzazione del potenziale terapeutico;
- Crosstalk EMT / autofagia: ruolo dell'espressione aberrante dell'isoforma mesenchimale FGFR2c;
- Ruolo dell’autofagia nell’induzione di modificazioni post-traduzionali delle proteine nelle vescicole extracellulari in corso di malattie autoimmunitarie;
- Analisi dei geni correlati all'interferone che controllano la replicazione del papillomavirus in vitro e mediano la risposta anti-papillomavirus in vivo;
- L'espressione della proteina ID4 controlla i percorsi immuno-correlati nel carcinoma mammario di tipo basale;
- RNA come biomarcatori prognostici nei pazienti con sindrome coronarica acuta: lo studio RNA-ACS;
- Il ruolo dei biomarcatori e delle metodiche di imaging cardiaco non convenzionali (ecocardiografia speckle tracking e RMN cardiaca) nella valutazione del danno miocardico e nella stratificazione prognostica dei pazienti affetti da sclerosi sistemica progressiva;
- Scoring multiparametrico nello scompenso cardiaco;
- Sistema Endocannabinoide: possibile target nel trattamento della malattia di Alzheimer;
- Ruolo di IL-23 nella placca aterosclerotica;
-Il ruolo della stimolazione dell’autofagia tramite la somministrazione del trealosio nella cardiomiopatia indotta dalla doxorubicina.

I risultati delle ricerche condotte dai Dottorandi sono state presentate in tre incontri Docenti-Dottorandi tenutisi nel 2023 (10 luglio, 11 e 25 settembre), allo scopo di promuovere interazioni scientifiche e discussione dei contenuti.


Relazioni annuali dei dottorandi del terzo anno:

"Ruolo dell’autofagia nell’induzione di modificazioni post-traduzionali delle proteine nelle vescicole extracellulari in corso di malattie autoimmunitarie". Negli ultimi anni numerosi dati di letteratura hanno evidenziato l’importanza degli autoanticorpi rivolti verso proteine “self” con modificazioni post-traduzionali nella patogenesi delle malattie autoimmuni. Infatti, nell’artrite reumatoide (AR) il principale test diagnostico è rappresentato dagli anticorpi anti-peptidi citrullinati (ACPA), dotati di elevata specificità e di alto valore predittivo diagnostico, a cui si affianca anche la ricerca degli autoanticorpi anti-proteine carbamilate (anti-CarP). Gli ACPA riconoscono proteine citrullinate in seguito ad attivazione della peptidil arginin deaminasi (PAD). La presenza degli ACPA nel siero di pazienti con AR può precedere di anni l'insorgenza della sintomatologia e predire la progressione da una forma di artrite indifferenziata, ad una associata a danno articolare più severo con attività di malattia più elevata. Altra modificazione post-traduzionale, non enzimatica, in corso di AR è rappresentata dalla carbamilazione ad opera del cianato generato durante la risposta infiammatoria. La presenza di anticorpi anti-proteine carbamilate (anti-CarP) nei pazienti, può considerarsi un importante segno predittivo di malattia. Pertanto anticorpi rivolti contro proteine modificate potrebbero essere considerati nuovi "biomarkers" sierologici per la diagnosi precoce della patologia e nuovi "target" terapeutici in grado di modificare il decorso della malattia. Negli ultimi anni le vescicole extracellulari (EV) hanno avuto un ruolo sempre più preminente nelle funzioni fisiologiche in qualità di agenti biologici o “mediatori della comunicazione” intracellulare, coinvolte in numerose patologie data la loro capacità di trasferire proteine, lipidi e acidi nucleici in grado di regolare differenti processi biologici.
Alla luce di queste premesse il progetto di ricerca si è focalizzato sullo studio delle proprietà antigeniche delle proteine modificate post-traduzionalmente trasportate dalle microvescicole (EMV) in corso di malattie autoimmunitarie ed in particolare nell’AR.
Per la realizzazione di questo studio, sono stati condotti esperimenti ex vivo ed in vitro che hanno permesso di analizzare sia il ruolo del processo autofagico nella generazione di peptidi citrullinati e peptidi carbamilati, sia la presenza di antigeni modificati post-traduzionalmente nelle microvescicole extracellulari di pazienti con AR naive rispetto a controlli sani.
In particolare, è stato dimostrato che stimoli autofagici sono in grado di attivare l’enzima PAD4, che catalizza processi di citrullinazione, già dopo 5 minuti dallo stimolo. Per dimostrare ulteriormente il ruolo dell'autofagia in questo processo, abbiamo dimostrato che PAD4 coimmunoprecipita con LC3-II in seguito a stimolo autofagico (tunicamicina o rapamicina). Questo dato conferma che l'attività di PAD può essere rilevata negli autofagosomi e che processi di citrullinazione possano avvenire in questi compartimenti. Le analisi mediante Western Blot e successivi esperimenti di immunoprecipitazione hanno da un lato confermato l’aumento dei livelli di proteine citrullinate dopo stimolo autofagico, dall’altro hanno permesso di identificare le due principali proteine coinvolte, vimentina e α-enolasi1. In seguito, è stata valutata la possibile correlazione tra livelli di autofagia e anticorpi anti-CCP, un marker diagnostico per AR. I risultati hanno permesso di rilevare un incremento dei livelli di autofagia nei monociti dei pazienti risultati positivi per gli anticorpi anti-CCP e, pur considerando la variabilità tra i differenti pazienti, si è osservata una significativa correlazione tra i livelli di autofagia, valutata mediante espressione di LC3-II, e presenza di anticorpi anti-CCP.
Successivamente è stato verificato la correlazione tra autofagia e carbamilazione in fibroblasti e sinoviociti umani. Bande corrispondenti alla vimentina e all’ α-enolasi1 sono state identificate dopo stimolo con TNC o rapamicina. Le bande sono risultate maggiormente evidenti dopo 4h di stimolo.
Ulteriore ricerca è stata condotta sulle microvescicole extracellulari ottenute dopo centrifugazione frazionata dal plasma di pazienti con AR naive mediante analisi in citometria a flusso, western blot e NanoSight (Nanoparticle Tracking Analysis). La morfologia delle EMV è stata confermata mediante microscopia elettronica a trasmissione (TEM). La loro origine cellulare è stata analizzata mediante analisi citofluorimetrica, utilizzando anticorpi specifici (anti-CD31, anti-CD41 e anti-CD45). L’analisi citofluorimetrica ha confermato un numero di EMV significativamente più elevato nei pazienti con AR naive rispetto ai controlli sani (p < 0.0001), mostrando che l’incremento maggiore era dato dalle EMV di derivazione endoteliale (p = 0.0049).
In aggiunta, utilizzando specifici anticorpi policlonali anti-citrullina o anti-carbamil-lisina, l'analisi citoflurimetrica ha rivelato la presenza di un numero significativamente maggiore di EMV contenenti antigeni citrullinati e/o carbamilati nei pazienti con AR naive rispetto ai controlli sani (P ≤ 0,0001). In parallelo, le EMV isolate dai pazienti con AR naive e da controlli sani sono state lisate e le principali proteine soggette a modificazioni post-traduzionali sono state analizzate in western blot. Le EMV di 24 pazienti con AR naive e 20 controlli sani sono state analizzate utilizzando anticorpi policlonali anti-citrullina o policlonali anti-carbamil-lisina. L’analisi densitometrica dimostrava che sia le proteine citrullinate che quelle carbamilate erano significativamente più elevate nelle EMV dei pazienti con AR rispetto a quelle riscontrate nei donatori sani di controllo (p≤0,0001). Successivamente, siamo andati a identificare le principali proteine coinvolte nelle modificazioni post-traduzionali nelle EMV di pazienti con AR naive mediante western blot e coimmunoprecipitazione. I risultati hanno dimostrato la presenza nelle EMV di α -enolasi e collagene di tipo II, le principali proteine candidate alla possibilità di modificazioni post-traduzionali. L'identificazione di vimentina, α-enolasi 1 e collagene di tipo II è stata confermata mediante esperimenti di coimmunoprecipitazione.
Infine, è stata correlata la presenza di antigeni citrullinati e carbamilati con l’andamento clinico della malattia, rappresentato dai principali indici di attività di malattia quali DAS28, CDAI e SDAI, rilevando che la presenza di antigeni citrullinati nelle EMV dei pazienti AR correlava con i principali indici di attività della malattia, quali DAS28, CDAI e SDAI.
In conclusione, lo studio sulle microvescicole provenienti da diversi fluidi biologici potrebbe contribuire all’identificazione di "nuovi" bersagli antigenici delle malattie autoimmuni, in particolar modo l’AR, fornendo così un utile strumento per il monitoraggio e la diagnosi di questi pazienti.

"RNA come biomarcatori prognostici nei pazienti con sindrome coronarica acuta: lo studio RNA-ACS". Nel corso del dottorato è stato condotto uno studio su potenziali biomarcatori prognostici e/o possibili target terapeutici in pazienti con cardiopatia ischemica.
A tale scopo, nel corso di questa ricerca, è stato dapprima identificato un sub-set di circRNA specificatamente deregolati nel miocardio di pazienti con cardiopatia ischemica cronica end-stage. I circRNA sono molecole di RNA circolarizzate che vengono generate da eventi di “back-splicing” su pre-mRNA in maturazione. I circRNA sono molecole di RNA a filamento singolo presenti principalmente nel citoplasma, sono più stabili rispetto alle loro controparti lineari e sono anche resistenti alle esonucleasi, compresa la RNasi. Sono importanti elementi regolatori a livello trascrizionale e post-trascrizionale tramite la funzione detta “sponge” dei miRNA con meccanismo, tramite legame con le RBPs (RNA binding protein) e attraverso il controllo alternativo dello splicing e l’espressione genica. Pertanto, sulla base della teoria dei “competing endogenous RNA” (ceRNA), i miRNA, circRNA ed mRNA che presentano gli stessi siti di legame possono funzionare da competing endogenous RNA ed influenzare la trascrizione proteica.
Per la realizzazione di questo progetto sono stati arruolati 20 pazienti con cardiopatia ischemica cronica end-stage sottoposti ad intervento chirurgico di ventricolo-plastica e 20 controlli sani non affetti da malattie cardiovascolari. Mediante RNA-Sequencing e dopo validazione mediante RT-qPCR, ha identificato 7175 mRNA e 213 circRNA differentemente modulati nei pazienti con cardiopatia ischemica cronica end-stage rispetto ai controlli. Inoltre, mediante una precedente analisi in database su una popolazione di pazienti con scompenso cardiaco non end-stage, ha identificato 49 miRNA differentemente modulati (18 up- e 31 down-regolati). Successivamente, in seguito a integrazione dei datasets ottenuti con i database pubblici (StarBase, CircInteractome, MiRdip) ha realizzato dei network ceRNA (circRNA-miRNA-mRNA) costituiti da 5 circRNAs (circANKRD17, circBPTF, circPVT1, circSLC8A1 and circHIPK3), 12 miRNAs and 1031 mRNAs rappresentati graficamente mediante String e Cytoscape.
In conclusione, i risultati ottenuti hanno dimostrano per una “functional enrichment analysis” di mRNA target dei ceRNA network i pathways Apelin, mTOR, ubiquitin e MAPK sono tra quelli maggiormente coinvolti.

"Sistema Endocannabinoide: possibile target nel trattamento della malattia di Alzheimer". Durante il corso di Dottorato, è stato condotto uno studio sul ruolo di URB597 nella regolazione della neuroinfiammazione e dell’autofagia in modelli di malattia nell’Alzheimer.
La malattia di Alzheimer (AD) è la causa più comune di demenza associata a neuroinfiammazione e neurodegenerazione. L'ipotesi fisiopatologica classica attribuisce il disturbo all'accumulo di peptide amiloide-beta (Aβ) a livello extracellulare, con aggregazione di proteina tau iperfosforilata a livello intracellulare.
La neuroinfiammazione gioca un ruolo significativo nello sviluppo dell’AD, esacerbata da stress ossidativo e da disfunzioni del sistema autofagico. L'iperattivazione microgliale, reagendo con proteine mal ripiegate come l'Aβ, aumenta lo status infiammatorio con rilascio di citochine pro-infiammatorie come TNFα e IL-1β, che contribuisce alla morte neuronale. Recentemente, numerosi studi hanno avuto ad interesse nuovi bersagli terapeutici per l'AD in termini di minimizzazione della produzione di Aß e di promozione della sua clearance. In particolare, è stato studiato il network di neuromediatori pro-omeostatici costituito dal sistema endocannabinoide (ECBS). La rete di segnalazione dell'ECBS è composta da due tipi di recettori accoppiati a proteine G, il recettore 1 (CB1) e il recettore 2 (CB2); il primo localizzato principalmente nei neuroni, il secondo soprattutto nelle cellule dell'immunità innata (microglia) dove si associata a risposte antinfiammatorie. Questi studi hanno dimostrato che alcuni composti cannabinoidi conferiscono effetti neuroprotettivi nell'AD modulando la neuroinfiammazione e la neurotossicità, riducendo il rilascio di citochine proinfiammatorie e prevenendo l'iperattivazione microgliale. Inoltre, è stata dimostrata una downregulation di proteine coinvolte nei processi autofagici in corso di AD come Beclin-1, sebbene non sia stato ancora chiarito il ruolo che l'autofagia svolge nel fenotipo microgliale.
A tale scopo, la ricerca è stata focalizzata sul ruolo di URB597, un inibitore selettivo di fatty acid amide hydrolase (FAAH), nella modulazione dell’ECBS, valutando sia l’effetto antinfiammatorio sia la polarizzazione dei macrofagi in senso M2 sulla regolazione del flusso autofagico e dei livelli di Aβ nelle placche senili. La ricerca è stata condotta sia in vitro mediante l’uso di cellule BV-2 di microglia murina sia in vivo mediante topi transgenici Tg2576.
I dati ottenuti dallo studio in vitro hanno dimostrato che cellule BV-2 trattate con URB597, in presenza e in assenza dello stimolo Aβ, presentavano un soma ridotto associato ad una diminuzione della secrezione di citochine pro-infiammatorie e ad un aumento di quelle anti-infiammatorie. Inoltre, gli studi hanno evidenziato una ridotta espressione di iNOS, marcatore associato al fenotipo microgliale pro-infiammatorio M1, associata ad un aumento di ARG-1, marcatore di fenotipo microgliale anti-infiammatorio M2. Parallelamente, esperimenti in vivo mediante analisi immunoistochimiche su sezioni sagittali di encefali di topi Tg2576 maschi di 14 mesi, hanno rivelato alti livelli di APP mutata, rispetto a gruppi WT.
Successivamente, è stato dimostrato che il trattamento intraperitonealmente per 8 giorni con l’inibitore URB597, induceva un meccanismo neuroprotettivo modulando l’ECBS come evidenziato dall’analisi di neuroinfiammazione e amiloidosi, analizzando la l’espressione dei recettori BACE1 degli endocannabinoidi su cellule microgliali attivate e astrociti. Le regioni prese in considerazione sono state la corteccia prefrontale e l’ippocampo. I risultati indicano che URB597 è in grado di indirizzare la polarizzazione della microglia in senso anti-infiammatorio, aumentando significativamente l’espressione di ARG-1 e riducendo quella di iNOS. Inoltre il trattamento con URB597 riduceva significativamente l’espressione di BACE1 in topi transgenici sia nell’ippocampo che nella corteccia prefrontale. I risultati hanno mostrato anche l’aumento significativo di molecole coinvolte nella plasticità sinaptica (PSD95), compromessa nell’AD.
In seguito, è stata valutata l‘influenza degli eCB sul processo autofagico in cellule BV-2 trattate con URB597 in presenza e in assenza di Aβ e in topi Tg2576. A tale scopo, l’analisi dei livelli di mRNA di fattori chiave coinvolti nel flusso autofagico come LC3 e p62, ATG7 e Beclin-1 hanno evidenziato che URB597 induceva l’attivazione del processo autofagico sia in vitro che in vivo. Questi dati sono stati correlati all’analisi del numero e dell’area delle placche amiloidi con la tecnica del rosso Congo in sezioni sagittali di Topi Tg2576. Il trattamento con URB597 riduceva sia il numero che la dimensione delle placche. Infine, è stato dimostrato mediante analisi immunoistochimiche su sezioni sagittali e semi-quantitative su omogenati di corteccia e ippocampo di topi Tg2576 trattati con solo veicolo, presentavano un decremento della presenza di ULK1, Beclin1 e ATG7 e un aumento dell’espressione di mTOR; inoltre il trattamento con URB597 aumentava i livelli di ULK1, Beclin1 e ATG7 diminuendo quelli di mTOR sia nella corteccia che nell’ippocampo. Parallelamente, l’analisi dei livelli di mRNA di Nrf2 in cellule BV-2 trattate con URB597 in presenza e in assenza di Aβ, ha dimostrato un aumento di questo fattore chiave la cui traslocazione nel nucleo provoca l'attivazione della trascrizione dei geni antiossidanti, un circuito che come è noto, viene deregolato nelle malattie neurodegenerative, esacerbando lo stress ossidativo e l'infiammazione. Infine, dal momento che la carenza di BDNF in AD contribuisce alla neurodegenerazione, la valutazione dell'effetto pleiotropico sulla modulazione dell'ECBS dopo trattamento con URB597 in presenza e in assenza di Aβ in cellule BV2, ha mostrato una riduzione significativa dell'espressione dell’mRNA del BDNF in presenza di Aβ.
In conclusione, i dati ottenuti dimostrano che l'inibizione di FAAH da parte di URB597 è in grado di: i) indirizzare la polarizzazione microgliale verso il fenotipo M2 anti-infiammatorio, ii) inibire selettivamente la degradazione degli eCB, modulando l'attivazione della microglia, iii) inibire l'induzione di processi autofagici che riducono la presenza di placche amiloidi aumentando la clearance di Aβ. Ulteriori studi sono in corso sull’analisi quantitativa dell’espressione di LC3-II per valutare l'effettiva quantità di autofagosomi maturi nei cervelli dei topi Tg2576 oggetto dello studio, e confermare il ripristino dei processi autofagici dopo la stimolazione dell’ECBS. La modulazione dell’ECBS potrebbe rappresentare un promettente bersaglio terapeutico in grado di agire, in senso pro-omeostatico, su differenti fattori che sono alla base di disturbi neurodegenerativi multifattoriali come l'AD.

"Studio del secretoma delle ASC: approcci epigenetici e molecolari per l’ottimizzazione del potenziale terapeutico". Durante il corso di Dottorato, è stato condotto uno studio focalizzato sulle strategie di natura epigenetica e molecolare volte ad ottimizzare il potenziale terapeutico delle cellule staminali di derivazione adiposa (ASC).
In considerazione del ruolo dei meccanismi epigenetici sulla regolazione dell’espressione genica e del potenziale differenziativo, in particolare dell’inibitore DNA metiltransferasi 5-Azacitidina (5-aza), un agente dementilante noto per gli effetti sul commitment differenziativo delle cellule staminali adulte, sono stati indagati dapprima gli effetti del pre-trattamento di questo inibitore sulle ASC in particolare sulla loro vitalità e loro potenziale proliferativo (capacità di formare colonie e la capacità migratoria). I risultati ottenuti hanno dimostrato che la 5-aza è in grado di indurre una riduzione sia del potenziale clonogenico che della migrazione, con particolare attenzione sia nel processo di espansione delle ASC in vitro e sia nel loro mantenimento in vivo dopo l’applicazione clinica. Successivamente è stato valutato l’effetto della 5-aza sul lineage adipogenico mediante lo studio della presenza di vacuoli lipidici e l’espressione di marcatori adipogenici, quali FABP4, PPARγ e c/EBPα. I risultati ottenuti hanno evidenziato che tale trattamento era in grado di indurre sia aumento di gocciole lipidiche sia dell’espressione di FABP4, unitamente all’aumento di espressione di PPARγ e c/EBPα, con un picco nelle fasi precoci dell’adipogenesi.
In aggiunta, mediante analisi in WB e qRT-PCR è stato dimostrato la duplice azione della 5-aza sul pathway Akt/PI3K/mTOR; da una parte l’inibizione di Akt, fondamentale nella regolazione della proliferazione e della migrazione, e dall’altra l’attivazione di mTOR, condizione sufficiente per promuovere l’adipogenesi. L’attivazione Akt-indipendente di mTOR è stata ulteriormente confermata dall’utilizzo della rapamicina, noto inibitore di questa proteina, la cui presenza sopprime l’aumentata espressione di PPARγ indotta dalla 5-aza. Allo stesso modo, il trattamento con 5-aza è stato dimostrato essere responsabile dell’inattivazione del pathway di MAPK/ERK, importante regolatore della proliferazione nelle ASC. Ulteriori studi, hanno dimostrato l’inibizione del pathway Wnt/β-Catenin, mediante analisi dell’espressione di geni inibitori e target di Wnt. Al fine di confermare il coinvolgimento di questo pathway è stato utilizzato il suo attivatore Wnt3A in grado di inibire l’aumento di espressione dei marcatori adipogenici PPARγ e c/EBPα indotto dalla 5-aza. Considerando la capacità della 5-aza di indurre senescenza nei tumori solidi, è stata valutata l’effetto della demetilazione del DNA sulla senescenza nelle ASC. I risultati hanno permesso di dimostrare una diminuzione di espressione di ciclina D1 dopo pretrattamento unitamente ad un aumento del numero di cellule senescenti, una up-regolazione di p21 e p53, associati a senescenza, ed un aumento di espressione di molecole specifiche del fenotipo secretorio associato alla senescenza (SASP), confermando così l’induzione della senescenza da parte dell’epifarmaco.
Infine, è stato valutato la potenziale capacità della 5-aza di indurre apoptosi e di attivare le vie di segnalazione relative al danno al DNA. I risultati hanno dimostrato una riduzione della percentuale di cellule apoptotiche in risposta a 5-aza, evidenziata dall’up-regolazione del fattore anti-apoptotico Bcl-2 in cellule pre-trattate e dall’espressione della forma clivata di PARP1. Nell’insieme questi dati, suggeriscono che le ASC sono sensibili alla 5-aza entrando in uno stato di senescenza, piuttosto che attivando la morte cellulare.
Le ASC sono uno strumento promettente nell’ambito della medicina rigenerativa e nel trattamento clinico delle patologie infiammatorie e autoimmuni, grazie soprattutto agli effetti differenziativi e immunomodulatori mediati dal secretoma, recentemente propostosi come alternativa alle terapie cellulari.
Pertanto, nell’ultima parte della ricerca è stato valutato il potenziale immunomodulatorio mediato dal secretoma sulle ASC, quindi sul ruolo dei microRNA. A tale scopo è stato selezionato il miR-125b-5p, noto per il ruolo regolatore nella proliferazione e differenziamento e per le capacità immunomodulatorie. Dopo trasfezione di miR-125b-5p mimics nelle ASC è stato valutato il potenziale effetto immunomodulatorio e il meccanismo attraverso cui i miR agiscono in maniera paracrina sulle cellule bersaglio valutando il ruolo del recettore Neuropilina 1 (NRP1) come mediatore dell’azione paracrina delle ASC. Esperimenti di silenziamento genico di Neuropilina 1, in presenza del secretoma arricchito con il miR-125b-5p, hanno confermato il ruolo di recettore del microRNA presente nel secretoma.
La capacità immunomodulatoria del secretoma arricchito con miR-125b-5p è stata poi valutata mediante array proteici, riscontrando una significativa diminuzione dell’espressione di citochine pro-infiammatorie, e confermando quindi come il potenziamento in vitro del secretoma rappresenti una valida strategia per l’ottimizzazione del potenziale terapeutico dello stesso. Infine, tramite esperimenti di co-coltura di cellule linfocitarie con il secretoma di ASC arricchito o meno con miR-125b-5p, è stata valutata la capacità di questo miR di indurre una modulazione della attivazione linfocitaria, riscontrando una diminuzione della produzione di IL-2 e IFN-γ, testimoni di una ridotta attivazione della risposta linfocitaria.
In conclusione, i dati ottenuti dalla ricerca contribuiscono a far luce sui potenziali rischi e vantaggi di un approccio epigenetico e molecolare in vitro per migliorare le strategie terapeutiche esistenti che prevedono l'utilizzo clinico delle ASC e, allo stesso tempo, per svilupparne di nuove ricorrendo al potenziamento del secretoma prodotto da queste cellule, unendo in questo modo le potenti capacità immunomodulatorie delle ASC ai vantaggi di una terapia cell-free.

“Ruolo della stimolazione dell’autofagia tramite la somministrazione del trealosio nella cardiomiopatia indotta dalla doxorubicina”.
La doxorubicina cloridrato è un potente antineoplastico appartenente alla categoria delle antracicline diffusamente utilizzato per il trattamento di diversi tipi di carcinoma, nonostante sia ormai ben noto che possa provocare dei gravi effetti collaterali. Tra questi, lo sviluppo di cardiomiopatia è tra i più diffusi, colpendo il 29% dei pazienti entro i primi cinque anni dal trattamento. Sebbene siano stati proposti diversi modelli volti a spiegare questo singolare fenomeno di tossicità cardiaca, ad oggi non è stato ancora possibile individuare uno specifico meccanismo molecolare per la messa a punto di una strategia farmacologica protettiva. Tuttavia, da recenti studi è emerso come la deregolazione dell’autofagia sia una delle cause del danno indotto dalla doxorubicina e come la sua modulazione positiva possa fornire un fenotipo protettivo nei confronti di questa cardiomiopatia. Nello specifico, l'autofagia è un meccanismo di degradazione intracellulare di proteine ed organelli danneggiati attraverso un sistema di vescicole a doppia membrana lipidica denominate autofagosomi. Alterazioni di questo processo centrale per il metabolismo energetico cellulare sono state osservate in diversi modelli di danno e patologia cardiovascolare.
L’obiettivo del progetto è valutare se la somministrazione alimentare di trealosio e spermidina, entrambi potenti induttori dell’autofagia, abbia un effetto protettivo in un modello murino di trattamento cronico con doxorubicina a basso dosaggio. A tale scopo, è stato effettuato uno studio su topi wild-type e mutanti per l’autofagia Beclin1+/- che hanno ricevuto doxorubicina e/o trealosio. Inoltre, è stato ripetuto il trattamento in topi wild-type con spermidina. Dopo 6 settimane, questi sono stati caratterizzati tramite indagini funzionali ecocardiografiche, morfologiche, gravimetriche, biochimiche ed ultrastrutturali al fine di valutare funzionalmente l’effetto protettivo del trealosio nello sviluppo della cardiomiopatia da doxorubicina. Per meglio studiare questo effetto è stato ripetuto il trattamento con un secondo set sperimentale questa volta soltanto di 3 settimane, somministrando ai topi clorochina 4 ore prima del sacrificio. Tramite ecocardiografia, è stato evidenziato nei topi trattati con trealosio o spermidina e doxorubicina, rispetto ai trattati con il solo chemioterapico, un mantenimento dello spessore delle pareti e della funzione cardiaca, valutata tramite calcolo del fractional shortening. Questo effetto protettivo non è invece stato osservato nel modello autofagia-deficiente Beclin1+/-, trattato con doxorubicina e trealosio, mostrando la centralità del flusso autofagico nel mediare l’effetto protettivo dello zucchero. Queste analisi sono state confermate da indagini biochimiche volte ad identificare a livello molecolare l’esatta natura del meccanismo protettivo sottostante l’effetto osservato. I marcatori autofagici LC3-II e p62 sono risultati entrambi accumulati nei campioni trattati con doxorubicina rispetto ai controlli, facendo ipotizzare che il flusso autofagico fosse bloccato in questi animali, e che la somministrazione di trealosio o spermidina lo ripristinasse. Per verificare che si trattasse effettivamente di un blocco tardivo dell’autofagia e non di un’induzione, visto l’incremento dei livelli dei marcatori, abbiamo utilizzato il trattamento con la clorochina, confermando l’ipotesi di blocco tardivo. Inoltre, i topi alimentati con acqua e saccarosio hanno mostrato segni di fibrosi interstiziale, mentre quelli alimentati con trealosio non hanno mostrato tracce di alterazioni parenchimali e deposizione di collagene. Questi dati dimostrano che l'alimentazione dei topi con attivatori naturali dell'autofagia annulla le anomalie cardiache indotte dalla doxorubicina. Le analisi dei campioni mediante microscopio elettronico hanno permesso di evidenziare un’alterata morfologia delle creste mitocondriali nei campioni trattati con doxorubicina, chiaro segno di disfunzione mitocondriale. L’incremento del numero di corpi autofagici nei campioni trattati con doxorubicina, e il massiccio incremento del numero di questi nei campioni trattati con trealosio, lascia supporre un importante coinvolgimento della mitofagia in questo modello. Per studiare la mitofagia, ci si è avvalsi di un nuovo modello murino messo a punto per studiare la biogenesi mitocondriale. Dopo il trattamento con DOX e trealosio, i cuori provenienti da questi animali sono stati raccolti e studiati per immunofluorescenza insieme al marker autofagico LC3, utilizzando un microscopio confocale per acquisire un triplice segnale che ci ha permesso di valutare contemporaneamente la biogenesi mitocondriale e la mitofagia. I risultati ottenuti osservando i profili di fluorescenza, così come quelli ricavati dalla misura dei livelli di espressione del mastergene della biogenesi mitocondriale PGC-1a sia per RT-qPCR che per western blot, hanno confermato un aumento dei livelli di biogenesi nei topi trattati con doxorubicina, come probabile risposta compensatoria al danno mitocondriale. A riprova della validità di questa ipotesi, la biogenesi risulta ridotta dal trattamento con trealosio, ad indicare un probabile effetto positivo del trealosio sul danno indotto dalla doxorubicina che potrebbe coinvolgere l’eliminazione di frammenti mitocondriali derivanti da fissione mitocondriale.
In conclusione, questa ricerca ha dimostrato che la stimolazione nutraceutica dell'autofagia tramite somministrazione di trealosio può rappresentare un promettente approccio cardio-protettivo in un’ottica di futura implementazione nella pratica clinica.

“L'espressione della proteina ID4 controlla i percorsi immuno-correlati nel carcinoma mammario di tipo basale”.
Il microambiente tumorale (TME) gioca un ruolo fondamentale nella progressione dei tumori, con richiamo di monociti circolanti che stimolati da fattori di crescita, come il CSF1, vanno a costituire colonie di macrofagi residenti che entrano nello stato anti-infiammatorio M2 che stimola l’angiogenesi, l’immunosoppressione e la progressione tumorale. Nel carcinoma mammario di tipo basale (BLBC), l'attività dei macrofagi infiltrati nel tumore è controllata in maniera paracrina dall'espressione della proteina ID4, che determina un aumento del potenziale angiogenico dei macrofagi, un'induzione paracrina dell'espressione di ID4 stesso nei macrofagi, che a sua volta induce i membri dell'Hippo pathway YAP1, CTGF e CYR61. Molti studi hanno dimostrato che ID4 stimola la proliferazione, il potenziale staminale e la neoangiogenesi nei tumori BLBC. Nei BLBC ID4 è sovra espresso ed è associato a prognosi sfavorevole. D'interesse, un'analisi dei trascritti ID4-correlati nel sottogruppo di tumori con alta infiltrazione macrofagica (CD68-high) del dataset TCGA di BLBC ha mostrato che ID4 è inversamente correlato ad una serie di pathways immuno-relate, suggerendo un suo possibile coinvolgimento nell'escape immunitario.
Sulla base di queste premesse, è stato condotto uno studio sul controllo paracrino del microambiente tumorale nel carcinoma mammario di tipo basale mediato dall’espressione della proteina ID4.
Per investigare il ruolo di ID4 come possibile guida nel reclutamento e nel reprogramming dei macrofagi nel microambiente tumorale, sono state generate delle linee cellulari di BLBC nelle quali il gene ID4 è stato stabilmente silenziato tramite il sistema CRISPR-Cas9 (cloni M6 ID4-KD). È stato poi valutato il secretoma ID4-dipendente per evidenziare i principali mediatori dell'attività paracrina/autocrina di ID4 sul microambiente tumorale. L’analisi di arrays proteici ha mostrato, nei terreni condizionati dai cloni M6 ID4-KD, una significativa down-regolazione di una serie di fattori di crescita, tra cui FGF2, EGF, IGF1, amphiregulin e IGFBP6, e di citochine, come IL-7, IL-17 e RANKL, in grado di promuovere la progressione tumorale nel carcinoma mammario. Nei macrofagi in co-coltura è stata osservata una significativa up-regolazione di chemochine, tra cui CXCL9, responsabili del reclutamento e dell’attivazione delle cellule T CD8+, T helper 1 e natural killer nel microambiente tumorale.
Parallelamente, sono stati caratterizzati funzionalmente i meccanismi di controllo dell'espressione genica mediati da ID4. Pertanto, è stato dimostrato che ID4, in cooperazione con il lncRNA MALAT1, è in grado di controllare l'espressione dell’RNA circolare circVEGF. In aggiunta, il circVEGF è stato rilevato negli esosomi isolati da terreno condizionato di cellule di carcinoma mammario e nel siero di pazienti con carcinoma mammario trattati chirurgicamente da un tempo ≥ 6 mesi. È stato quindi investigato il ruolo di questo RNA circolare nel TME. Il circVEGF potenzia la capacità proliferativa, migratoria ed invasiva delle cellule di BLBC in maniera sia autocrina che paracrina.
Infine, è stato dimostrato che il circ_0076611 dipendente dall’espressione di ID4, rilasciato dalle cellule tumorali, può essere trasferito ai macrofagi associati al tumore (TAM), dove migliora l’espressione di VEGFA. Inoltre, nei TAM il circ_0076611 esogeno controlla le pathway immuno-correlate rilevanti per la fuga immunitaria del tumore. In particolare, nei macrofagi cresciuti con terreno condizionato da cellule BC, è stata osservata una downregulation dipendente da circ_0076611 di CXCL9 e CXCL10, due citochine che regolano il reclutamento e l'attivazione delle cellule T.
In conclusione, è stato dimostrato che il circ_0076611, dipendente dall’espressione di ID4, esercita funzioni autocrine e paracrine in BLBC, in grado di indurre l'espressione di fattori di crescita proangiogenici e la repressione di citochine chiave responsabili del riconoscimento delle cellule tumorali da parte del sistema immunitario.

“Analisi dei geni correlati all'interferone che controllano la replicazione del papillomavirus in vitro e mediano la risposta anti-papillomavirus in vivo”.
I papillomavirus umani ad alto rischio oncogeno (Hr HPV) causano più del 5% dei casi di cancro in tutto il mondo, in particolare quello cervicale, anogenitale e orofaringeo. Molte infezioni da HPV rimangono asintomatiche e vengono eliminate dal sistema immunitario in circa 6-18 mesi. In questo contesto, il sistema dell’Interferon (IFN) svolge un ruolo fondamentale nelle prime fasi della risposta contro il virus. Inoltre, è stata descritta una interazione diretta tra il virus e le cellule natuarl killer (NK), specialmente nella fase di infiammazione cronica. Tuttavia, HPV ha sviluppato meccanismi di evasione immunitaria per evitare il riconoscimento iniziale da parte dei Toll like receptors (TLRs), nonché interferendo con l'immunità innata e adattativa. Da quando è stato dimostrato che i topi C57BL/6J sviluppano un'infezione cervicale transitoria da MmuPV1 (papillomavirus di topo di tipo 1), e che l'inattivazione dei geni chiave del pathway dell’IFN porta a un'infezione persistente, questo nuovo modello animale ha fornito preziose informazioni su come la risposta innata dell'ospite possa influenzare la replicazione dei PVs. E’ stato ipotizzato che HPV, attraverso strategie di evasione adottate per superare la difesa immunitaria dell'ospite, possa modulare i livelli di diversi geni correlati all'IFN, come i TLRs e i geni stimolati dall’Interferon (ISGs), così come delle cellule NK.
Alla luce di ciò, è stato condotto uno studio sul ruolo di HPV nella modulazione dei livelli di geni correlati all'IFN, come i TLRs, e di geni stimolati dall’Interferon (ISGs), così come delle cellule NK come strategia di evasione per superare la difesa immunitaria dell'ospite. Pertanto, è stata effettuata una valutazione, al basale e al follow-up, della prevalenza, dei tassi di infezione persistente e delle anomalie citologiche di HPV nelle cellule anali di pazienti MSM (men who have sex with men) HIV-1 positivi (n=159), oltre che una caratterizzazione dei livelli di espressione genica dei TLRs (TLR2, TLR3, TLR4, TLR8 e TLR9) e degli ISGs (ISG15, ISG56, MXA e PKR); sono state analizzate le frequenze di diverse sottopopolazioni di cellule NK (CD56+, CD56dim, CD56bright e NKT) in campioni anali ottenuti da un sottogruppo di MSM HIV-1 positivi (n=18) con accertata infezione anale da HPV e displasia; infine, sono state effettuate misurazioni longitudinali dei livelli di espressione dei geni MmuPV1 precoci e tardivi e degli ISGs (STAT1, DDX58, IFIH1, ISG15, HERC6, IFI27, IFI35, IRF7, OAS1, OAS3, OASL1, PLSCR1, SP100, BST2, and SP100), in cellule MPEK-BL6 infettate con MmuPV1, al fine di comprendere quali ISGs siano attivati nella risposta mediata dall’ IFN contro il virus.
I risultati ottenuti hanno permesso di evidenziare un ruolo chiave svolto da PV nella regolazione della risposta immunitaria innata precoce. I bassi livelli di attivazione dei TLRs possono essere correlati al lungo tempo necessario per la clearance anale di HPV; tuttavia, l’aumento di espressione di alcuni TLRs può essere associata ad un aumentato rischio di tumori correlati ad HPV. Inoltre, l'infezione anale da Hr HPV potrebbe inattivare la risposta innata mediata dall’IFN a causa della mancata attivazione degli ISGs. È interessante notare che l'infezione da Hr HPV potrebbe inibire la risposta immunitaria innata riducendo l'attivazione delle cellule NK, favorendo lo sviluppo di lesioni di alto grado. Infine, i risultati in vitro hanno suggerito che gli ISGs sono attivati durante l’infezione da MmuPV1 e agiscono per inibire l’espressione di mRNA precoce di MmuPV1 nel modello di coltura tissutale.

“Valutazione del potenziale angiogenico di cellule staminali mesenchimali adulte isolate dalla polpa dentaria umana (DPSC)”.
Le MSCs sono cellule potenzialmente capaci di differenziare in seguito a specifici stimoli verso differenti citotipi cellulari e questa loro proprietà le rende delle ottime candidate per l’utilizzo nel campo della medicina rigenerativa.
I dati di questo studio sostengono l’ipotesi che le DPSC in vitro sono in grado di differenziare verso un fenotipo simile a cellule endoteliali. In particolare, le differenti condizioni di coltura (DMEM e EGM-2), dovute alla presenza di un fattore pro-angiogenico, potrebbero indirizzare le DPSC verso il profilo endoteliale, mimando il ruolo dei periciti nella stabilizzazione dei tubuli in formazione. Questa ricerca ha dimostrato che: i) bFGF è responsabile dell’induzione del differenziamento; ii) le E-DPSC dopo differenziamento supportano e stabilizzano le cellule endoteliali nella tube formation a lungo termine; iii) le E-DPSC dopo differenziamento in periciti si posizionano dapprima a livello del nodo e poi sulla superficie del tubolo in formazione; iv) le cellule DPSC NG2+ sono le più responsive al differenziamento pericitico e alla promozione e stabilizzazione di nuovi tubuli vascolari, e pertanto rappresentano una risorsa promettente per la medicina rigenerativa per il loro potenziale applicativo nei meccanismi difettosi dell’angiogenesi e per questo utili alla realizzazione di scaffold biocompatibili per la rigenerazione di tessuto endoteliale dei vasi danneggiati.

“Impatto dell’età dialitica sul rischio cardiovascolare”.
I pazienti in terapia dialitica hanno un aumentato rischio cardiovascolare. Tuttavia, non è del tutto chiarito il ruolo dell’età dialitica sullo suo sviluppo e il peso relativo dei fattori di rischio cardiovascolare. Inoltre, sono pazienti fragili che afferiscono periodicamente presso gli ambulatori ospedalieri ed il cui accesso non è gravemente limitato dalle restrizioni necessarie causate dalla pandemia in corso. Precedenti studi hanno correlato la variabilità di alcuni parametri elettrocardiografici con l’outcome di mortalità di pazienti con insufficienza renale cronica particolarmente con l’insorgenza di aritmie. Tuttavia, non sono presenti studi conclusivi sulla stratificazione prognostica del rischio cardiovascolare incluso lo sviluppo di eventi cardiovascolari in rapporto all’età dialitica dei pazienti con insufficienza renale terminale. Ad oggi, infatti, non è stato ancora sviluppato un modello preciso che permetta di stratificare i pazienti con insufficienza renale terminale al fine di attuare precoci strategie preventive individuali.
Alla luce di tali premesse, lo scopo di questo studio è valutare il possibile utilizzo di alcuni parametri di rischio cardiovascolare, collegati alla prognosi, in relazione all’età dialitica dei pazienti con insufficienza renale terminale. I parametri presi in considerazione includono i dati bioumorali pre- e post-dialitici, la variabilità del QT, del tratto ST e dell’intervallo R-R valutate mediante elaborazione dei dati registrati con Holter-ECG delle 24 ore. Ulteriore studio è stata la stratificazione prognostica cardiovascolare in relazione ai suddetti parametri.
Sono stati arruolati 33 pazienti con età media di 64,5±15 anni, divisi in due gruppi in base all’età dialitica minore o uguale a 3,5 anni o maggiore di 3,5 anni. Per ciascun gruppo sono stati valutati i seguenti parametri: il valore SDNN, per la valutazione della variabilità circadiana della frequenza cardiaca; la variabilità dell’intervallo QT, che esprime le modificazioni di durata dell’intervallo che, se superiore a 440 ms, e che è strettamente legato alla concentrazione ematica degli elettroliti che nel caso dei pazienti in dialisi non può essere correttamente regolata dal rene; la variabilità del tratto ST in sopra- e sotto-livellamento rispetto alla linea di base dell’elettrocardiogramma che valuta il rischio di ischemia miocardica; la concentrazione ematica degli elettroliti (sodio, potassio, calcio e cloro) pre-e post-dialisi. In relazione alla variabilità dell’intervallo QT, del tratto ST e della concentrazione ematica degli elettroliti non sono emerse differenze nei gruppi suddivisi per età dialitica.
Per quanto riguarda, invece i valori di SDNN, i risultati indicano che i pazienti maschi con età dialitica inferiore o uguale a 3,5 anni hanno valori medi migliori del parametro SDNN rispetto a quelli con età dialitica maggiore di 3,5 anni (110±34 ms vs 82±22 ms; p<0,05). La riduzione di questo parametro è indicativa di maggiore attivazione del sistema simpatico nei pazienti con età dialitica superiori a 3,5 anni, che potrebbe correlare con una prognosi cardiovascolare peggiore, come anche sostenuto da alcuni studi clinici e sperimentali. In conclusione, questi risultati sono di incoraggiamento verso una maggiore comprensione dei meccanismi biomolecolari e fisiopatologici coinvolti, delle ripercussioni prognostiche, oltreché delle possibili cause di differenze fra i sessi.

“Crosstalk EMT/autofagia: ruolo dell'espressione aberrante dell'isoforma mesenchimale FGFR2c”.
Precedenti studi hanno evidenziato che lo switch di isoforma del fibroblast growth factor receptor 2 (FGFR2) e la conseguente espressione della sua variante mesenchimale (FGFR2c) nel contesto epiteliale dei cheratinociti, sono eventi coinvolti nell’induzione della transizione epitelio-mesenchima (EMT) e nell’inibizione del processo autofagico. Nel cancro, l’EMT e l’autofagia sono legate da un sofisticato interplay, la cui natura è dipendente dallo stadio di avanzamento del tumore. Pertanto, questo progetto di ricerca è volto all’analisi del possibile ruolo svolto dall’espressione e dal signaling di FGFR2c nella regolazione dell’interplay tra autofagia e transizione epitelio-mesenchima in cheratinociti umani.
Inizialmente, è stato indagato se e in che modo l’effetto inibitorio sull'autofagia esercitato da FGFR2c, potesse contribuire all’EMT e alla comparsa di caratteristiche tumorigeniche indotte da questo recettore. A questo scopo ha utilizzato modelli cellulari di cheratinociti umani stabilmente esprimenti FGFR2c (HaCaT pBp FGFR2c). Successivamente, è stato studiato il possibile ruolo dell’'EMT indotta da FGFR2c nella deregolazione dell'autofagia. A tale scopo, ha valutato il possibile contributo di PKCε, la proteina di segnalazione a valle di FGFR2c identificata come principalmente coinvolta nell’EMT, sulla repressione del processo autofagico, mediante approcci di silenziamento genico stabile con shRNA. La compromissione del programma di EMT nelle cellule silenziate per PKCε è stata confermata tramite tecniche biochimiche, valutando il rapporto relativo di espressione di marcatori mesenchimali ed epiteliali. La deplezione di PKCε contrastava anche il decremento del marcatore autofagico LC3-II, provocato dall’attivazione di FGFR2c, confermando un effetto di recupero dell’autofagia. Allo stesso modo, l'accumulo del substrato autofagico SQSTM1, evidente dopo attivazione del recettore, risultava decisamente ridotto nei cloni shPKCε, suggerendo una completa ripresa del flusso autofagico. Dunque, l’attivazione di PKCε è risultato il meccanismo molecolare oncogenico che non solo determina l’induzione dell’EMT, ma che anche contribuisce dell'inibizione dell'autofagia indotta da FGFR2c quando è espresso in modo aberrante nel contesto epiteliale. Infine, è stato valutato il coinvolgimento dell'asse FGF/FGFR2c ipotizzando un ruolo della PKCε a valle del recettore nel controllo dell'EMT e dell'autofagia nel contesto dell’adenocarcinoma pancreatico duttale (PDAC). A questo scopo è stato osservato come varia la risposta in seguito a trattamento con FGF2 in due linee cellulari di adenocarcinoma pancreatico, con differente espressione di FGFR2c, molto più presente nelle PANC-1 e meno espresso nelle Mia PaCa-2.
In sintesi, i risultati ottenuti suggeriscono che l’espressione aberrante di FGFR2c nel contesto epiteliale ed in particolare il signaling mediato da PKCε a valle di questo recettore contribuiscono in modo determinante alla regolazione del sofisticato crosstalk negativo tra EMT e autofagia. Inoltre, nello specifico contesto dell’adenocarcinoma pancreatico duttale, il signaling di PKCε, attivato esclusivamente in conseguenza dell'elevata espressione di FGFR2c, è apparso capace di indurre simultaneamente la repressione dell'autofagia e l’attivazione del programma di EMT convergendo direttamente sulla via di signaling di ERK1/2.

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