Titolo della tesi: L’Italia degli anni Settanta nella politica estera britannica
La ricerca, come dal titolo, verte sull’analisi delle direttrici della politica estera britannica nei riguardi dell’Italia degli anni Settanta e delle molteplici raffigurazioni che se ne diedero all’interno del Foreign and Commonwealth Office e, più in generale, del numero 10 di Downing Street; non dunque, come potrebbe apparire a prima vista, sulle relazioni anglo-italiane di quel decennio. Di qui, pertanto, l’esigenza di scandagliare precipuamente le fonti documentali britanniche.
Nella storiografia si è sovente messa in rilievo la centralità degli anni Settanta; una centralità che non è soltanto di natura cronologica, ma che investe la stessa solidità di modelli e di indirizzi consolidati nei campi internazionale e locale. In Gran Bretagna, si assistette ad una progressiva polarizzazione dello scenario politico nonché al graduale deterioramento della cosiddetta “consensus politics”, affermatasi sin dall’immediato dopoguerra. In Italia, sia sotto il profilo dello scenario internazionale, che per gli effetti della crisi economica e degli accadimenti di politica interna, i Settanta si presentano come anni determinanti di crisi e di svolta nella storia repubblicana.
La vasta mole di documentazione di parte inglese, a partire da quella conservata presso gli archivi centrali di Kew Gardens (The National Archives), è stata corroborata da incursioni in archivi di personalità italiane. L’affresco che ne emerge è piuttosto variegato. Pur nella molteplicità di considerazioni è possibile evidenziare gli assi di fondo che attraversano e sorreggono i giudizi britannici sull’Italia degli anni Settanta. Con riguardo agli anni 1970-1974 (capp. 1-2) – primo ministro era il leader dei conservatori Heath –, si è notato che, almeno nel triennio 1970-1972, la principale direttrice della politica estera britannica nei riguardi dell’Italia fu rappresentata dalla volontà di garantirsene il sostegno nell’ambito dei negoziati per l’ingresso nella Comunità Economica Europea, mentre, almeno sino al 1974, volse verso l’instabilità politico-economica del paese e il partito comunista. Per ciò che concerne invece gli anni 1974-1976 (cap. 3), secondo la periodizzazione proposta – Wilson, laburista, era il capo del governo –, la fondamentale direttrice della politica estera britannica si indirizzò verso il PCI di Berlinguer e, in particolar modo, verso la possibilità d’un suo ingresso al potere; piuttosto, negli anni 1976-1979 (cap. 4) – si trovava a Downing Street Callaghan, succeduto a Wilson alla guida del Labour –, non solo verso l’instabilità politica, inasprita dal terrorismo e dalle turbolenze economiche (e ritenuta peraltro come il principale problema dell’Italia), ma anche, seppur in un’ottica differente, nei confronti della questione comunista.
Non da ultimo, un dato di contesto, ma su un piano più generale, fu indubbiamente quello dello scarso peso rappresentato dall’Italia per la Gran Bretagna. L’alleato italiano fu sì per gli inglesi un partner del quale tener conto, ma non fu di certo paragonabile, anche nei suoi momenti migliori, né alla Francia, né alla Germania occidentale e né tantomeno agli Stati Uniti. È dunque questa la cornice nella quale inscrivere una compiuta analisi delle direttrici della politica estera britannica nei riguardi dell’Italia degli anni Settanta.