Titolo della tesi: La Semiotica del Paesaggio nelle Pitture del Bronzo Medio e Tardo nel Bacino del Mediterraneo Orientale e nell’Entroterra Levantino: Temi, Contesti e Usi.
Il clima e il paesaggio naturale, come posto in evidenza da uno studio condotto da T.H. Gaster (1937), hanno in sommo grado influito sulla mitopoiesi di una determinata koinè culturale, la quale, associando cicli stagionali e fenomeni naturali a cause di natura divina, crea motivi cosmogonici, dando vita a una moltitudine di miti, i quali, spesso, si differenziano in base al contesto geografico in cui nascono. Le proprietà di una pianta determinano il suo significato. La presenza all'interno di un ecosistema ne determina la preziosità. Sacralità e natura sono elementi che vanno di pari passo, quando un elemento naturale viene riconosciuto come prezioso, assume un certo ruolo all'interno dell'immaginario sacro e sociale. Proprio come la palma in Mesopotamia, che è definita "provvidenza" grazie alla sua capacità di fornire frutti e legno, il mirto, sebbene meno noto agli archeologi, non è da considerarsi meno importante. La sua presenza nell'iconografia rimane più difficile da identificare, i riferimenti negli epigrafi meno chiari, tuttavia, alcuni contesti archeologici e confronti lessicali, attestano la sua presenza in tutto il Mediterraneo Orientale. La rappresentazione di una pianta rispetto a un'altra denota una conoscenza della stessa e dei suoi principi; in questo caso il mirto è attestato nelle fonti scritte sin dall'Età del Bronzo Antico, noto per le sue proprietà curative, tuttavia, l'identificazione nell'iconografia rimane ancora piuttosto difficile e ambigua. Ma, nonostante ciò, mettendo a confronto le identificazioni nei dipinti e la sua presenza nei contesti epigrafici, è possibile dedurre il suo ruolo all'interno dei contesti sacri e sociali.