Titolo della tesi: Per via di porre, per via di levare. I modi dell'appropriazione del suolo nelle ville marittime di Stabiae.
L’antico fronte a mare della collina di Varano, nell’odierna Castellammare di Stabia, a cavallo tra l’autunno del 1987 e la primavera del 1988 è stato oggetto di un massiccio intervento di consolidamento. Il versante infatti, fin dai tempi antichi, è interessato da fenomeni di dissesto idrogeologico determinati tanto dalla natura instabile del suolo quanto dalla ricchezza di fonti d’acqua minerale: nel tempo, gli eventi franosi hanno trascinato a valle ampie porzioni dei locali panoramici delle ville d’otium soprastanti, insieme agli antichi sistemi di terrazze originariamente pensati per sostenerli. A 35 anni dal completamento dei lavori, tornare a riflettere su quanto è stato fatto, esaminato dall’angolazione di uno specifico settore disciplinare, diviene il pretesto dal quale prende avvio la ricerca. Erano possibili altre soluzioni? La lunga tradizione sui modi e sulle possibilità di appropriazione del suolo, testimoniata dalle stesse sostruzioni delle ville stabiane e più in generale da quelle delle altre ville marittime del Golfo di Napoli, poteva essere recuperata e reinventata attraverso gli strumenti della composizione architettonica al fine di individuare una soluzione capace di ristabilire un chiaro rapporto tra architettura e paesaggio? La ricerca si inserisce sulla tracce di questa possibilità (mancata, inesplorata o comunque non realizzata), con la volontà di riscoprire nelle arcaiche forme dell’architettura che si sviluppa tra le pieghe della terra, quei modi e quelle possibilità dell’abitare intesi come capacità dell’uomo di dare forma ai luoghi. La questione del rapporto tra suolo e architettura ha da sempre rivestito un ruolo di primaria importanza nel Golfo, con esiti esemplari al punto tale da divenire un campo di indagine privilegiato per i temi e le questioni affrontate dalla ricerca. Il tema di indagine, così evidentemente vasto, viene indagato scegliendo consapevolmente una precisa perimetrazione geografica e di un chiaro limite temporale: l’architettura del suolo nelle ville marittime del Golfo di Napoli, dalla fine dell’età repubblicana al primo secolo imperiale (I sec. a.C.- I sec. d.C.). Il metodo di indagine si basa sull’individuazione di casi studio eleggibili a paradigma di una specifica modalità di conformazione del suolo: dopo un iniziale approfondimento storico-archivistico, essi vengono studiati attraverso il rilevo e il ridisegno, intesi come strumento principe di conoscenza in architettura capace di rendere evidente le ragioni profonde della forma. L’ipotesi del lavoro di ricerca è quella di riuscire a rintracciare a posteriori, nel valore formale e semantico espresso dai brandelli di muro che emergono dalla terra, una serie di atti compositivi elementari e di tipi architettonici primari attraverso i quali l’architettura del suolo si concretizza nel tentativo di stabilire un chiaro rapporto tra terra e cielo, modificandone coscientemente la sottile linea di separazione. L’obiettivo generale della ricerca è quello di costruire una sorta di vocabolario tassonomico (in divenire) delle possibilità espressive dell’architettura del suolo: se è vero, da un lato, che qualsiasi logica classificatoria è riduttiva della complessità intrinseca della realtà, è vero dall’altro il fatto che rende la conoscenza immediatamente disponibile a nuovi sviluppi. Attraverso di esso, nel caso delle ville stabiane ad esempio, l’architettura del suolo sarebbe stata in grado di offrire valide alternative progettuali, capaci di trarre la soluzione ad un problema direttamente dal suo interno.