Ricerca: Libertà autoritaria: psicopolitica e accumulazione capitalistica dalla Scuola di Francoforte alla teoria critica contemporanea
Con riferimento alla rinascita di tendenze autoritarie e illiberali nelle società liberaldemocratiche contemporanee, la teoria critica sostiene che l’autoritarismo «non segna una rottura radicale con la democrazia di massa, ma emerge piuttosto come un’intensificazione delle sue patologie interne». Alla luce di questa connessione, la presente ricerca intende approfondire e sviluppare le analisi sul tema dell’autoritarismo elaborate all’interno della tradizione della Scuola di Francoforte attraverso la lente del concetto di “libertà autoritaria”, utilizzato da Wendy Brown per descrivere una libertà intesa come «un diritto di aggressione contro la giustizia sociale e di rifiutare i principi democratici».
Attraverso una ricostruzione genealogica, la ricerca vuole quindi ricostruire l’origine del concetto di “libertà autoritaria” nel dibattito francofortese sul “carattere autoritario”, a partire dagli studi di psicologia sociale promossi da Erich Fromm dal 1929 e dagli Studi sull’autorità e la famiglia diretti da Max Horkheimer, fino alla ricerca condotta da Theodor W. Adorno all’Università di Berkeley sulla personalità autoritaria e all’opera di Herbert Marcuse.
In seguito, si vuole studiare come le riflessioni francofortesi siano state riprese dalla teoria politica contemporanea, studiando le differenze tra una concezione antidemocratica, antisociale e narcisistica di libertà, definita “libertà autoritaria” (Wendy Brown), “libertà fascista” (Alberto Toscano) o “libertà offesa” (Carolin Amlinger, Oliver Nachtwey), e la libertà negativa della teoria politica moderna (libertà di mercato, di possedere o dall’interferenza con l’autorità). La ricerca vuole così studiare l’ipotesi presente nel dibattito politico contemporaneo secondo cui la percezione di una perdita di privilegi proprietari e processi di espropriazione capitalistica
alimentano in alcuni gruppi sociali il desiderio di ripristinare il proprio dominio rivendicando una concezione “distorta” e “patologica” di libertà.