Thesis title: INCONSCIO E CRITICA. IL MUTAMENTO DI FUNZIONE DELLA PSICOANALISI NELLA SCUOLA DI FRANCOFORTE
La ricerca indaga le forme e i percorsi dell’integrazione della psicoanalisi nella teoria sociale critica elaborata dalla “scuola” di Francoforte nelle sue diverse stagioni. Sebbene sussistano, tra i diversi autori considerati, differenze sostanziali nella concezione della teoria e del suo rapporto con la prassi, si riscontra cionondimeno una linea di continuità, incardinata nella comune esigenza di dotare l’analisi dei fenomeni politici e sociali di un’immagine teorica dell’attore sociale attenta alla sua costituzione psichica e ai rapporti tra dimensione cosciente e dimensione inconscia.
Il fallimento della rivoluzione in Occidente e la conseguente crisi prognostica e strategica del marxismo inducono Max Horkheimer a formulare un programma di ricerca sulle cause della disposizione alla subordinazione autoritaria nelle diverse classi sociali, e in particolare nella classe lavoratrice. Erich Fromm compie i passi più rilevanti in direzione di una sociopsicologia delle adesioni ideologiche e del comportamento politico delle classi, ricorrendo al concetto psicoanalitico di «carattere» e ipotizzando il «carattere sadomasochistico» come forma tipica dell’epoca borghese e in particolare della fase post-liberale di concentrazione monopolistica.
L’avvento del capitalismo monopolistico di Stato costringe tuttavia a rivedere l’impostazione iniziale, e a trarre anche sul piano psicologico le conseguenze della marginalizzazione dell’individuo come agente economico. Si fa strada, così, la tesi di una “crisi dell’individuo”, che si traduce in un aggiramento della famiglia come agenzia di mediazione tra individuo e società e dell’interiorizzazione come elemento necessario della socializzazione.
La Dialettica dell’illuminismo segna un significativo mutamento di paradigma, e avvia il tentativo di ricercare le origini della realtà politica contemporanea nella “preistoria” del processo di civilizzazione, attraverso un concetto allargato di Aufklärung. L’impiego del repertorio psicoanalitico passa dalla caratterologia all’idea della civiltà come rinuncia pulsionale.
In una ideale risposta all’opera di Horkheimer e Adorno, Marcuse tenta di storicizzare i connotati repressivi della civiltà umana, distinguendo la forma naturale del principio di realtà dalla forma storica del «principio di prestazione». Si profila, in tal modo, la possibilità di una civilizzazione “erotica”, improntata a criteri di «razionalità libidica».
L’opera di Habermas contesta l’intenzione totalizzante della «critica della ragione strumentale». La razionalità si articola in una pluralità di dimensioni, e la vita del genere umano in una pluralità di «interessi», tra i quali figura un interesse all’emancipazione e all’autoriflessione, di cui la psicoanalisi rappresenta l’esempio scientifico eminente. La psicoanalisi continua a occupare un ruolo di rilievo anche nella Teoria dell’agire comunicativo, nella quale figura come ausilio empirico di una rinnovata teoria critica del tardocapitalismo. La teoria dell’interiorizzazione assunta dalla prima generazione nel quadro della problematica dell’autorità è superata in direzione di una maggiore centralità del tema del narcisismo.
Axel Honneth prosegue e intensifica il dialogo tra Teoria critica e psicoanalisi, e in particolare con la teoria postfreudiana delle «relazioni oggettuali, invocate (assieme all’interazionismo simbolico) come base empirica della tesi di una genesi relazionale del Sé, dell’analisi della «grammatica dei conflitti sociali» e della condizione del soggetto nell’epoca “postmoderna” (interpretabili almeno in parte secondo schemi di simbiosi e de-fusione appresi nella prima infanzia).