Titolo della tesi: Cinque architetture portoghesi degli anni ‘50. Il laboratorio della casa unifamiliare a partire dal ruolo culturale dei gruppi ICAT e ODAM
A partire dagli anni ’70 la critica internazionale si è interessata alla cultura del progetto portoghese, dall’opera di Távora e Siza in poi, alludendo ad alcune dinamiche e protagonisti degli anni ‘50 che, opponendosi allo stile di Salazar, avevano teso timidamente la mano alle esperienze internazionali senza tralasciare il sapere architettonico della tradizione.
L’intento della ricerca è riportare alla luce quelle dinamiche e quei protagonisti che hanno contraddistinto gli anni ‘50 dell’architettura portoghese, poco noti alla pubblicistica italiana, e che la letteratura lusitana definisce come “anni verdi” (A. Tostões, 1997).
L’arco temporale oggetto di studio abbraccia la fine degli anni ‘40 fino all’inizio degli anni ‘60: periodo di nascita dei primi gruppi di architetti d’avanguardia, i gruppi ICAT (Lisbona, 1946) e ODAM (Porto, 1947), impegnati nella rifondazione della disciplina sia attraverso i progetti sia attraverso la costruzione di un sostrato teorico.
Grazie all’operazione culturale dei gruppi ICAT e ODAM, gli architetti degli “anni verdi” trovarono nella casa unifamiliare il pretesto per rivendicare la loro libertà di espressione architettonica rispetto le imposizioni stilistiche del regime. Questa libertà si manifesta nel dibattito teorico sulla Casa Portuguesa: unico vero tema adatto alla sperimentazione pratica delle idee data la committenza privata e la libertà del programma funzionale.
Ed è all’interno del tema privilegiato della casa unifamiliare isolata che sono state individuate le cinque architetture oggetto di approfondimento: la Casa Ruben A di João Andresen (1948-1950), la Casa Sousa Pinto di Francisco Keil do Amaral (1950-1951), la Casa Sande e Castro di Ruy Jervis d’Athouguia (1954-1956), la Casa das Marinhas di Alfredo Viana de Lima (1954-1957) e la Casa dr Ribeiro da Silva di Fernando Távora (1957-1958).
Le cinque architetture sono presentate attraverso ridisegni dei materiali d’archivio e attraverso nuove elaborazioni grafiche volte a generare un apparato inedito di queste opere che, ancora oggi, sono oggetto di studio della critica lusitana.
In ultima analisi, le cinque case sono indagate attraverso una lettura grafica orientata da categorie critiche che fondano le radici nell’apparato storico-culturale dei capitoli precedenti, con lo scopo di mettere in luce la genealogia formale delle architetture in rapporto al sito e alla costruzione (tecniche locali e moderne); le spazialità generate dai vuoti; la figurazione degli alzati; il funzionalismo tipologico; e, in ultimo, l’attenzione al ruolo dell’individuo nella conformazione dello spazio e nell’uso della materia.
Il fine ultimo della ricerca, esplicitato nella nota finale, è divulgare e riportare alla luce, attraverso il campione delle cinque case, la lezione di alcuni dei maestri in ombra dell’architettura lusitana contemporanea; una lezione che, ancora oggi, risuona all’interno della poetica degli architetti portoghesi.