Ricerca: Jankélévitch e Derrida: silenzi e omissioni intorno al tema della morteLa morte è per Vladimir Jankélévitch «il problema par excellence e anche il solo» e per Jacques Derrida ciò «che comanda tutto, tutto ciò che faccio, sono, scrivo, dico». La letteratura critica di ambito non ha esitato a cogliere e analizzare ampiamente il rapporto tra il pensiero dei due filosofi, limitandosi tuttavia al solo ambito tematico del perdono, dove infatti è lo stesso Derrida a chiamare esplicitamente in causa il collega. Intorno al tema della morte, invece, Jankélévitch è il grande assente dell’opera derridiana. Eppure, Derrida trae dalla meditatio mortis del collega immagini, percorsi argomentativi, termini e concetti che, peculiarmente jankélévitchani, andranno a costituire la base di proposte squisitamente derridiane. Come mai dunque, intorno al tema della morte, vige da parte di Derrida un autentico silenzio sull’opera di Jankélévitch? E perché Derrida compie una serie di singolari omissioni sulla matrice jankélévitchana di numerosi elementi che caratterizzano la propria riflessione sul tema della morte? Rispondere a questi interrogativi attraverso una prospettiva teorica e una storico-filosofica-filologica potrebbe ragionevolmente condurre a una lettura inedita di questioni filosofiche nodali per la contemporaneità, nonché a un’importante riconsiderazione dei ruoli, degli equilibri, delle influenze e delle intermittenze all’interno del panorama filosofico francese e continentale del secondo Novecento.
parole chiave
Jankélévitch, Derrida, filosofia morale, morte, decostruzione, ipseità, perdono, pena di morte, morte animale