Thesis title: Politropie Urbane. Strategie, tradizione e applicazione degli studi di Morfologia Urbana in Europa.
La città contemporanea è soggetta a costanti processi di trasformazione individuabili soprattutto nel disegno del tessuto urbano e nel contesto socioculturale che lo produce. Negli ultimi decenni, l’architettura sembra però che riesca ad incidere sulla città producendo esclusivamente oggetti autoreferenti incapaci di contribuire alla costruzione urbana, scordando la forma e con essa l’espressione del senso. Una delle cause andrebbe da ricercarsi nella sempre più scarsa costruzione di un pensiero critico su cui fondare il processo compositivo dell’architettura. Sembra infatti, mancare all’architetto progettista quella sagesse, quel giudizio che sia in grado di incarnare un tipo di conoscenza che permetta di accogliere il reale che ci circonda in quanto forma, e, in particolare, quegli strumenti acquisibili attraverso lo studio teorico nel campo della morfologia urbana. Questa è una disciplina scientifica con più di un secolo di storia, durante il quale è stata consolidata una base teorica e metodologica e un ampio insieme di concetti e tecniche per comprendere le dinamiche di trasformazione del paesaggio urbano. Ciò nonostante, manca, nella letteratura sullo studio della forma urbana, un testo che sia in grado di sintetizzare i vari approcci emersi nel corso del tempo, mettendoli a confronto ed evidenziandone gli aspetti comuni. Un testo che non si limiti, quindi, ad elencare semplicemente le differenze tra i vari strumenti operativi e obiettivi scientifici ma che sia in grado di comporre specificità e differenze, similitudini e identità, al fine di costituire una base critica condivisa e complementare su cui fondare lo sviluppo della disciplina per il prossimo futuro.
Il testo affronta questa lacuna e lo fa attraverso l’analisi dei capisaldi della teoria della morfologia urbana, dall’approccio storico-geografico di Michael Conzen, all’approccio tipologico-processuale strutturatosi intorno al lavoro di Saverio Muratori e Gianfranco Caniggia, fino all’analisi spaziale di Space Syntax fondata sulle teorie di Hillier e Hanson e a tutte le più importanti scuole internazionali occidentali che hanno focalizzato i loro studi sull’indagine della forma urbana. La sola lettura dei principi teorici che hanno guidato la formulazione dei più noti approcci oggi non è più sufficiente ed efficace se connessa alla costante trasformazione dello spazio urbano e, nello specifico, ci impone una revisione delle nostre posizioni nei confronti dello stesso, in particolare in relazione ai fenomeni responsabili della trasformazione della città contemporanea. La ricerca, quindi, è anche una rivalutazione critica delle teorie contemporanee della pianificazione e del design urbano e del ruolo dell’architetto-pianificatore in un contesto urbano.
La ricerca propone una possibile chiave interpretativa: la condivisione di un nuovo punto di vista metodologico fondato sulla complessità di concetti e strumenti che la morfologia urbana mette a disposizione dell’architetto, fornendo una visione rilevante della forma urbana come risorsa per la progettazione e una comprensione più profonda delle relazioni tra i suoi diversi aspetti. Essa tenta di porsi come guida con il quale lavorare sulla sostanza strutturale di un organismo urbano, sulle tracce lasciate dal tessuto dalla sua logica formativa, dal modo in cui lo vivono e lo trasformano i cittadini. Una metodologia che sappia leggere e classificare i caratteri e gli aspetti della forma urbana come condizione architettonica e che implichi sempre, oltre al giudizio storico anche un giudizio sulla qualità del tessuto urbano, permette di prefigurare attraverso il progetto la possibilità di modificarne la natura.
Punto di partenza della ricerca è lo studio effettuato sugli approcci principali della morfologia urbana a partire dal tipologico-processuale e dallo storico-geografico, i quali strumenti interpretativi ovviamente si differenziano per i diversi obiettivi delle discipline coinvolte, la geografia e l’architettura. È interessante come, messi a confronto, essi mostrino punti di contatto numerosi a partire dalla loro considerazione della forma, riconosciuta come risultato di un processo, della progressiva associazione organica di parti, e che abbia senso scomporla e indagarne le componenti solo se si tiene conto della sua sostanziale unità e indivisibilità. A conferma di ciò le indagini sulle altre scuole internazionali evidenzia, tra i diversi approcci all’analisi urbana, l’emergere un comune background legato sistematicamente al disegno della forma urbana.
La metodologia si serve degli strumenti fondamentali identificabili nella sequenza “analisi-confronto-sintesi” al quale, nell’atto pratico dell’indagine morfologica, succede quella di “descrizione-giudizio-progetto”. L’analisi da sola non è sufficiente; la ricerca evidenzia il bisogno di confrontare i risultati e studiarli da più punti di vista per arrivare ad una comprensione migliore delle cose e alla loro sintesi. Portare avanti questa idea suggerisce che la fonte più significativa di potenziali elementi per l’innovazione risieda nello stesso ambiente costruito, inteso come prodotto sociale per eccellenza. L’obiettivo finale, infatti, è dimostrare come l’ambiente costruito sia una risorsa di progettazione, una libreria di strumenti ideali. Studiarli ci permette di ritrovare quella libertà “più vera di quella che si avrebbe senza studiare” (Sylvain Malfroy). Un designer che lavora con l’ambiente costruito deve vederlo come un mezzo per il design con caratteristiche tecniche. Una volta che abbiamo capito come funziona e perché ne siamo attratti, siamo in una migliore posizione per usare quella conoscenza nella progettazione e per raggiungere risultati migliori, per attuare una riforma della città su un piano di attualità progettuale che risolve senza residui i problemi non ancora risolti.