Titolo della tesi: Il rapporto tra la Corte costituzionale ed i giudici nazionali, alla luce della dottrina dei “controlimiti” e dell’integrazione europea
Il presente lavoro si interroga sul rapporto tra la Corte costituzionale ed i giudici comuni, intimamente connesso alla relazione tra l’ordinamento nazionale e l’ordinamento europeo. L’interdipendenza tra il processo di integrazione europea e la giurisprudenza del Giudice costituzionale ha caratterizzato, infatti, l’evoluzione del ruolo che i giudici nazionali sono chiamati a rivestire nel panorama sovranazionale.
Il nostro studio mostra la profonda evoluzione dell’atteggiamento costituzionale e, in particolare, la rivisitazione delle posizioni giurisprudenziali del nostro Giudice delle leggi. In questo scenario, posizione fondamentale hanno ricoperto i c.d. “controlimiti”, seppur solamente “minacciati” e mai concretamente utilizzati dalla Corte, che sono riusciti a fungere da strumento di riaffermazione del suo potere tutte le volte in cui abbia deciso di “avere una voce” nel contesto europeo. La dottrina dei c.d. “controlimiti” al diritto europeo, infatti, è stata la base da cui partire sia nel caso Taricco, sia nelle pronunce successive. Se, nondimeno, nell’ordinanza n. 24 del 2017 la “minaccia” dei “controlimiti” ha, nella sostanza, confermato la struttura Granital, ossia il meccanismo per cui le norme europee direttamente applicabili prevarrebbero sulle norme nazionali in contrasto con le stesse, ad eccezione di un’eventuale violazione dei diritti fondamentali e dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale, le pronunce successive hanno evidenziato un decisivo “cambio di rotta” della Corte costituzionale. A tal proposito, la sentenza n. 269 del 2017 costituisce, senza dubbio, la pronuncia più significativa degli ultimi tempi, in grado di trasformare i rapporti tra la Corte costituzionale e la Corte di Giustizia e di stravolgere la struttura Granital: a partire da questo momento, invero, si è inevitabilmente inaugurata una nuova fase del c.d. cammino comunitario, caratterizzata da una dialettica tra “controlimiti”, Costituzione e Carta di Nizza.
Il procedimento di dialogo tra ordinamenti è tuttora in corso e sono solamente ipotizzabili i suoi futuri sviluppi. A tal proposito, sembra sempre più reale la considerazione per cui il sindacato accentrato della Corte costituzionale (134 Cost.) sarebbe un “controlimite” implicito e supremo, quantomeno per giustificare la priorità della pregiudiziale costituzionale su quella comunitaria, garantendo una tutela effettiva dei diritti costituzionali eventualmente coinvolti tramite un controllo accentrato e capace di dispiegare effetti nei confronti di tutti.
In stretta connessione con il precedente rilievo, anche l’opera di ri-accentramento della Corte costituzionale, a scapito del ruolo del giudice comune, sembra sempre più tangibile. Ne sono un esempio le pronunce più recenti che, pur riconoscendo ancora uno spazio di autonomia al giudice nel non applicare le norme nazionali in contrasto con il diritto europeo, pongono la Corte in una posizione di innegabile supremazia, quantomeno nel giudicare della compatibilità delle norme interne con i diritti costituzionali e con quelli sanciti dalla Carta di Nizza. Di conseguenza, l’ipotesi di un’estensione della possibilità di sindacare non solo la compatibilità delle norme interne con la Carta di Nizza, ma anche con altre fonti europee direttamente applicabili non sembra, ad oggi, del tutto inverosimile. Uno scenario di questo tipo, appare evidente, frustrerebbe ancora di più la funzione di non applicazione delle norme interne da parte del giudice comune.
L’ultimo trend della Corte è, tuttavia, difficile da inquadrare: da una parte, con le ordinanze nn. 216 e 217 del 2021, nonostante non dimostri la volontà di “ridare voce” al giudice comune, la Consulta sembra propendere per una collaborazione almeno con la Corte di Giustizia, piuttosto che per un’incondizionata supremazia, nel sindacare la compatibilità delle norme interne con i diritti fondamentali, sia quelli nazionali, sia quelli europei; dall’altra, con la recente sentenza n. 149 del 2022, la Corte intende evidenziare che il sindacato accentrato sia comunque uno strumento da utilizzare in ogni caso, proprio per assicurare ai diritti una tutela certa ed uniforme nell’intero ordinamento.
In questo panorama, il ruolo delle Corti nella tutela dei diritti fondamentali giustifica un’estensione della dottrina dei “controlimiti” che, tuttavia, oltre a valorizzare il sindacato accentrato della Corte costituzionale (art. 134 Cost.), dovrebbe lasciare integra la competenza della Corte di Giustizia, almeno nelle materie specificatamente europee.
This paper questions the relationship between the Constitutional Court and national judges, which is intimately connected to the relationship between the national and European legal systems. Indeed, the interdependence between the process of European integration and the jurisprudence of the Constitutional Court has characterized the evolution of the role that national judges are called upon to play in the supranational scenery.
Our study shows the deep evolution of the constitutional attitude and, more specifically, the revisiting of the jurisprudential positions of our Judge of the Laws. A fundamental position has held the “controlimiti”, never concretely used by the Court, which have managed to serve as an instrument of reaffirmation of its power whenever it has decided to “have a voice” in the European context. This doctrine was the basis for both Taricco case and the consequent decisions. If in the Taricco case, the “threat” of “controlimiti” has confirmed the Granital structure, the consequent decisions have highlighted a strong reconsideration of the entire structure by the Court itself. The decision n. 269 of 2017 constitutes, without a doubt, the most significant pronouncement of recent times, capable of transforming the relationship between the Constitutional Court and the Court of Justice and, at the same time, the relationship between Constitutional Court and national judges.
The process of dialogue between legal systems is still ongoing and its future developments are only conceivable. In this regard, it seems increasingly real the consideration of the article n. 134 of the Italian Contitution as a “controlimite”, implicit and supreme, at least to justify the priority of the constitutional preliminary ruling over the European one.
Examples of this are constituted by the recent pronouncements that, while still recognizing a space of autonomy for the judges in not applying national rules that conflict with European law, place the Constitutional Court in a position of undeniable supremacy, at least in judging the compatibility of national rules with constitutional rights and, at the same time, with the Chart of Nice. Consequently, the hypothesis of an extension of the possibility of reviewing the compatibility between national rules and other directly applicable European sources does not seem entirely implausible.
The role of the Courts in the protection of fundamental rights justifies an extension of the “controlimiti” doctrine, which, however, in addition to enhancing the centralized position of the Constitutional Court, should leave intact the jurisdiction of the Court of Justice.