DOMENICO FARACO

Dottore di ricerca

ciclo: XXXV


relatore: Prof. Orazio Carpenzano

Titolo della tesi: Il metodo Michelucci

Il Metodo Stanislavskij nasce tra la fine del secolo e gli inizi del Novecento dalle puntigliose annotazioni di Konstantin Sergeevič Stanislavskij (solitamente chiamato psicotecnica) basato sulle proprie esperienze registiche e di recitazione. Le vicende della Rivoluzione russa crearono al teatro non pochi problemi e durante una tournée negli Stati uniti Stanislavskij scrive il primo dei suoi libri individuando un metodo tale che la performance dell’attore possa essere riproducibile ad ogni replica dello spettacolo. Al suo ritorno si dedica ai classici russi e all’insegnamento del suo metodo. Il metodo si basa sull'approfondimento psicologico del personaggio interpretato e sulla ricerca di affinità tra il mondo interiore del personaggio e quello dell'attore, sulla esternazione delle emozioni interiori attraverso la loro interpretazione e rielaborazione a livello intimo. Per ottenere la credibilità scenica il maestro Stanislavskij creò esercizi che stimolassero le emozioni da provare sulla scena, dopo aver analizzato in modo profondo gli atteggiamenti non verbali e il sottotesto del messaggio da trasmettere. I risultati dei suoi studi furono raccolti in alcuni volumi. Nel 1938 pubblicò Il lavoro dell'attore su sé stesso e nel 1957 Il lavoro dell'attore sul personaggio. Il metodo Stanislavskij pone alle basi dell'arte dell'attore il concetto dell’immedesimazione. Il metodo Michelucci, oggetto di ricerca di questa dissertazione, vuole rappresentare l’occasione per raccogliere e analizzare a distanza di oltre trent’anni dalla scomparsa dell’architetto il denso pensiero che ha caratterizzato le opere e le visioni dell’autore di un mondo in continua trasformazione, sostenendo l’ipotesi di esistenza di un metodo progettuale ricorrente. Come spesso accade per le opere mosse da inquietudini personali, tracciare modalità univoche di azione sul progetto è compito arduo, per parallelismo con il metodo Stanislavskij, il metodo Michelucci si basa su approfondimenti sulla figura di Giovanni Michelucci, alla ricerca di affinità tra il mondo interiore del progettista e quello delle opere costruite oppure solo immaginate. Una ricerca condotta sia in maniera orizzontale, attraverso l’analisi ed il confronto tra le opere ritenute di svolta compositiva susseguitesi nel tempo, che verticale, attraverso puntuali analisi nella profondità dei progetti. L’intento di questo studio è quello di provare ad ordinare le intuizioni teoriche attorno alle soluzioni della forma architettonica (Parte Prima) attraverso l’analisi della scomposizione dell’opera in parti riconoscibili e dotate di una propria autonomia formale e figurativa (la facciata, la planimetria, l’uso dei materiali, la struttura). L’evoluzione del pensiero teorico di Michelucci, si accosta ad una incessante ricerca sul linguaggio dell’architettura, maturando nella seconda parte della sua carriera principalmente i temi della città variabile e dello spazio totale. Utilizzando questi temi come apparato per rileggere le intuizioni progettuali (Parte Seconda), le seconde argomentazioni indagano il lessico delle opere di Michelucci, attraverso l’interpretazione delle matrici generative dei progetti analizzati. L’insieme delle due parti della dissertazione, intuizioni teoriche e analisi del linguaggio architettonico, cercano simultaneamente di restituire e ricostruire il metodo progettuale dell’autore. Parte prima La costruzione di un metodo Il tema dell’approccio di Michelucci verso il progetto è stato a volte suggerito e a volte sfiorato dalla critica, ma mai esaustivamente codificato nonostante la grande produzione di testi e progetti lasciati in eredità. Le premesse di questo studio si fondano nell’individuazione degli elementi ricorrenti in tutta l’opera del maestro, che definiscono delle “invarianti architettoniche”, anche se queste a volte celate dietro le varie declinazioni assunte di progetto in progetto. Sono riconducibili ad una genesi comune verso una interpretazione del mondo cercata e sperata nei settant’anni di attività progettuale. La ricerca nella costruzione di un metodo attraversa gli strati dei progetti e dei corpi delle opere costruite, sviscerando quelli che paiono essere gli approcci e le soluzioni ricorrenti impiegate sui temi che inevitabilmente ogni opera pone al proprio progettista. Soluzioni che si configurano attorno la definizione sempre più nitida di parti dell’opera architettonica che vengono adottate con continuità, le quali nel loro insieme, definiscono la tassonomia di natura concettuale di riferimento per la decodifica del pensiero dell’architetto. La prima parte di questo studio è orientato alla ricerca ed analisi dei percorsi progettuali effettuati tra le diverse opere ed il paragone tra loro, nel tentativo di delineare le strategie ripetute del metodo, rendendo confrontabili le modalità di progressione verso la definizione degli elementi portatori di significato ed originalità che ne incrementano la composizione. Parte seconda La costruzione di un linguaggio oltre il canone L’evoluzione delle opere e della poetica di Michelucci, sfuggono da una chiara definizione univoca di linguaggio, esprimono come patrimonio comune una ricchezza di temi spesso malintesi o mal interpretati, tenuti insieme dalle visioni progettuali, declinate ognuna nella diversità del prorpio linguaggio architettonico. La figura ricorrente del pilastro albero, dello spazio pensato come caverna, così come i disegni di architetture che ricordano concrezioni di roccia o radici radicate al suolo in un rapporto fisico indissolubile, aderiscono ad un modello architettonico archetipico nel quale la natura non viene presa a modello come possibile fonte di riferimento formale, quanto piuttosto come fonte di insegnamento e di metodo. La riconoscibilità linguistica delle opere è mediata da un coacervo di intenti progettuali, i quali cercano di tenere insieme elementi in apparenza distanti tra loro: la forma o non forma, il simbolismo, la spiritualità, la variabilità funzionale e tipologica. Azioni volte a definire architetture dal carattere personale ed irripetibili. È in questa ricerca ossessiva di trasfigurazione delle opere come individui che risiede l’irriconoscibilità linguistica delle opere di Michelucci, frutto dell’apparente assenza di invarianti architettoniche. Usando le parole di P.Portoghesi, due conclusioni, entrambe errate, potrebbero trarsi da questa irriconducibilità linguistica: quella che sia mancato all’architetto uno stile, una unità di espressione e quella opposta che egli abbia – come avvenne a Frank Lloyd Wright – dominato con il proprio stile ogni influenza e ogni suggerimento esterno. L’architetto ha prodotto invece un’opera tanto varia e mutevole quanto unitaria nell’ispirazione. La sua coerenza, tuttavia, va cercata non nell’omogeneità linguistica, ma nella presenza dell’uomo Michelucci che puntualmente revoca ogni dubbio, ogni acquisizione stabilita, mette in movimento, rimescola le idee e le forme, fino a che abbiano perso ogni riflesso di pigrizia, ogni carattere di garantita permanenza. La seconda parte della ricerca è orientata verso il riconoscimento e l’interpretazione delle componenti che determinano la creazione del linguaggio, indagando quelli che sono i caratteri dominanti figurativi, simbolici e archetipici collettivi delle opere. Le due parti della dissertazione formano nel loro insieme gli strumenti per una anatomia comparata orientata verso la ricerca delle condizioni che generano i caratteri dell’intera opera. Cercano simultaneamente di affermare una continua complementarità, così che le opere rientrino nella teoria per descrivere le mutazioni e persistenze concettuali nel corso dell’evoluzione del pensiero, mentre la teoria si introduce nelle opere per rivelarne i procedimenti logici, i caratteri simbolici e le qualità estetiche. Teoria e Linguaggio trovano un ulteriore momento di incontro e approfondimento in un’ultima sezione della ricerca dedicata al ri-disegno critico interpretativo. Un esercizio di sovrascrittura che si pone come momento di verifica delle parti indagate nella prima e seconda parte. L’obiettivo di questo studio è di dare valore all’attualità del pensiero di Michelucci, ponendo il progetto di architettura al centro della forma e della teoria. In questo senso interpretare oggi le opere di Michelucci equivale a rinnovare la sua più profonda eredità intellettuale, una modalità per leggere e progettare la contemporaneità. Il problema della forma architettonica rimane comunque un dibattito aperto, il metodo Michelucci è il tentativo di restituire una forma di narrazione utile a chi deve affrontare il progetto contemporaneo nell’esercizio della sua composizione.

Produzione scientifica

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Porqueddu, Luca; Faraco, Domenico; Parisella, Andrea - 02a Capitolo o Articolo
libro: Isolario Venezia Sylva - (9788857591629)

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Faraco, Domenico - 01a Articolo in rivista
rivista: IQD INSIDE QUALITY DESIGN (Milano : Verbus Editrice) pp. 61-63 - issn: 1970-9250 - wos: (0) - scopus: (0)

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Faraco, Domenico - 01a Articolo in rivista
rivista: AND (Firenze: DNA editrice, 2006- Firenze: Alinea Editrice.) pp. 30-33 - issn: 1723-9990 - wos: (0) - scopus: (0)

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rivista: AND (Firenze: DNA editrice, 2006- Firenze: Alinea Editrice.) pp. 66-69 - issn: 1723-9990 - wos: (0) - scopus: (0)

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Faraco, Domenico; Peluffo, Gianluca; Prete, Massimiliano; Severino, Maurizio; Severino, Alessandro; Canale, Antonio; Sardo, Tonino - 01a Articolo in rivista
rivista: AND (Firenze: DNA editrice, 2006- Firenze: Alinea Editrice.) pp. 53-57 - issn: 1723-9990 - wos: (0) - scopus: (0)

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