Titolo della tesi: Welfare, economia, territorio. Quali regimi di crescita nelle regioni italiane?
Il presente lavoro costituisce una prima analisi esplorativa sul capitalismo italiano che punta indagare le differenze regionali fra le configurazioni del welfare e la sfera dell’economia, alla luce della letteratura sul social investment e quella di political economy comparata sui growth regimes. L’obiettivo è cercare di connotare in una nuova ottica il modello di capitalismo dell’Italia, individuare i regimi di crescita regionali attraverso un approccio multifonte guidato dai dati e identificarne alcuni tratti rilevanti, con riferimento a un arco temporale che comprende il quinquennio compreso fra il 2015 e il 2019. Capire quali configurazioni regionali esistessero prima di un evento così drammatico e di impatto sui sistemi sociali ed economici come la pandemia può infatti essere un primo punto di partenza per cogliere alcuni elementi peculiari dei territori che orientino anche la ripresa post-pandemica e per meglio puntare lo sguardo su alcuni squilibri e fragilità pregresse. Dalla necessità di restringere questa prima analisi si è scelto come riferimento un periodo ben preciso: nel 2015 infatti l’economia italiana ha ricominciato a crescere, anche se di poco, mentre il 2019 rappresenta l’anno immediatamente precedente allo scoppio della pandemia, l’ultimo preso in esame.
Il lavoro è strutturato in cinque capitoli. Nel primo si delineano gli elementi teorici fondamentali su cui si basa il lavoro. Si affronta il tema della trasformazione dei sistemi di welfare dal punto di vista teorico dell'investimento sociale e si inquadra il nuovo filone di letteratura sui Regimi di crescita, presentando infine il quadro teorico e le domande di ricerca intorno alle quali si sviluppa questo contributo. Nel secondo capitolo si entra nel vivo dell’analisi dei welfare regionali, che rappresentano la componente del regime di crescita relativa alle istituzioni. Viene effettuata una breve review sul welfare italiano e la sua collocazione nella letteratura sui regimi di welfare e rispetto al social investment. Attraverso un’analisi descrittiva prima e multidimensionale poi di indicatori relativi ad alcune arene di policy selezionate per la loro rilevanza nel framework teorico dell'investimento sociale, si deriva una misura sintetica e una possibile tassonomia dei welfare regionali identificati in base al profilo più o meno orientato all’investimento sociale, che si interpretano come varietà delle risposte istituzionali ai nuovi rischi sociali e alla sfide che impongono. Accanto a questa classificazione se ne propone una relativa all’assetto della protezione sociale nella sua variante compensativa. In sintesi, ciò che si vuole mostrare, senza entrare in un’ottica normativa, è che a livello regionale coesistono modelli sociali differenti, basati sull’investimento sociale al Nord e su misure compensative e di reddito minimo al Sud. Nel terzo capitolo si approfondiscono le altre due dimensioni che formano i regimi di crescita: le componenti della domanda aggregata e i motori della crescita. A partire da una visione regionalizzata del capitalismo italiano, nel capitolo le dimensioni della domanda e dell’offerta vengono misurate attraverso indicatori relativi alle componenti della domanda aggregata (consumi, export, investimenti) e ai motori della crescita (specializzazione produttiva dei territori). L’analisi è effettuata cercando di mettere in luce differenze significative in termini di regimi di crescita: non si guarda, ad esempio, solo la specializzazione settoriale del sistema produttivo, ma si delinea quanto questo si posizioni su settori competitivi sia nella manifattura sia nei servizi. A partire da queste due dimensioni si identifica un primo possibile raggruppamento utile a delineare il principale driver della crescita territoriale e a comprendere quale configurazione produttiva lo supporta. Nel quarto capitolo si combinano le informazioni relative alle diverse dimensioni che compongono i regimi di crescita per arrivare a una sintesi dei possibili regimi che emergono a livello regionale.
Dall'analisi effettuata, partendo dal presupposto che a livello complessivo il regime di crescita italiano si collochi in quello di tipo “Publicly financed domestic demand-led”, i risultati mostrano la coesistenza in Italia di diverse configurazioni territoriali: a livello generale alcune regioni si possono classificare entro un regime export-led, altre in un regime consumption-led, un caso outlier in un regime misto, rappresentato dal Lazio. Si osserva anche un gruppo di regioni “ibride”, che mostrando risultati poco chiari non forma un vero e proprio regime, su cui non si è approfondita l’analisi e che rappresenta una parte piuttosto residuale dell’economia nazionale. Si può quindi concludere che emergono quattro regimi di crescita piuttosto definiti che si riferiscono a 13 regioni italiane delle 18 considerate inizialmente: due regimi di crescita di tipo export-led che comprendono le regioni del Nord, eccetto la Liguria, e la Toscana; un regime di tipo consumption-led, che include tutte le regioni del Mezzogiorno eccetto Basilicata e Abruzzo, un regime indefinito in cui ricade il Lazio. Ciascuno di questi regimi presenta dei tratti peculiari anche opposti nelle tre dimensioni esaminate. Il lavoro rappresenta solo un primo passo verso una esplorazione dei capitalismi che incorpori nell'analisi la dimensione sub-nazionale. Questa prima lettura del capitalismo italiano effettuata alla luce della letteratura sui regimi di crescita rappresenta una possibilità per affrontare in modo inedito una delle grandi questioni che come si è visto affliggono il modello italiano e cioè quello dei divari territoriali e delle politiche necessarie per affrontarli. Si tratta di uno scenario complesso in cui molti fattori interagiscono tra loro e su cui sono molte le piste di ricerca percorribili, dall’ampliamento dell’arco temporale delle serie storiche al tentativo di tentare una lettura nel tempo dei territori per evidenziare eventuali spostamenti tra i diversi regimi, dall’approfondimento di alcune aree di policy rilevanti nei diversi gruppi attraverso process tracing e analisi qualitative a uno spostamento di scala ancora più granulare sul territorio per tenere conto delle differenze intraregionali.