Enrico Careri, "L’interpretazione della canzone napoletana classica"


Seminari didattici di STORIA E ANALISI DELLE CULTURE MUSICALI Giovedì 17 ottobre 2024 – 9.30-13.30 Aula dottorato 3° piano di palazzo Giusso Dipartimento di Scienze Umane e Sociali Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” Largo San Giovanni Maggiore, 30 80134 Napoli

17/10/2024 ore 9.30-13.30

I princìpi dell’‹Early Music Movement› sulla corretta esecuzione della musica antica risalgono agli anni ’70 del secolo scorso e sono entrati da tempo a far parte del bagaglio tecnico-teorico dei musicisti, e tuttavia continuano ancora a far discutere. Alla base di quei principi ci sono il concetto di fedeltà al testo e il rispetto per le intenzioni dell’autore. Comporre musica, che si tratti di una canzone o di una sinfonia, è sempre un atto consapevole del cervello che prende forma sul pentagramma in una serie di segni estremamente precisi i quali indicano suoni altrettanto precisi che devono essere eseguiti seguendo istruzioni anch’esse precise. La canzone napoletana classica offre una prospettiva particolarmente interessante perché è un genere musicale colto in quanto scritto e allo stesso tempo appartiene alla tradizione orale. L’analisi di “Tammurriata nera” e delle sue diverse interpretazioni permette di cogliere le intenzioni degli autori (E.A.Mario, Nicolardi) e i “tradimenti” di cui sono stati vittime e di avvicinarci al significato del testo. Perché E.A.Mario segna una “p” all’inizio della parte vocale? Perché va cantata piano. Perché va cantata piano? Basta ascoltare la versione incisa da Roberto Murolo nella sua “Napoletana” per capirlo all’istante: gli autori volevano raccontare una storia triste con quella dolce e ironica malinconia che spesso caratterizza la più raffinata cultura partenopea, basti solo pensare a De Filippo, a Di Giacomo, allo stesso Totò. E basta ascoltare una qualsiasi interpretazione di “Tammurriata nera” disponibile su YouTube — Loredana Berté è l’esempio migliore — per accorgersi che il tradimento è la regola, non l’eccezione. Si obietta giustamente che nella tradizione popolare il testo è di volta in volta l’esecuzione, non più lo spartito, e che dunque tutto è lecito. È vero, nessuno vieta a Peppe Barra di eseguire “Tammurriata nera” come meglio crede, né ha il diritto di contestare le sue scelte, perché il testo appartiene a tutti noi, alla memoria collettiva, non più a E.A.Mario e Nicolardi. Eppure un testo c’è, e allo stesso modo in cui bisogna rispettare la prospettiva etnomusicologica o dei “popular music studies” non si può non tener conto del fatto che la canzone napoletana classica — ossia lo straordinario repertorio di poesia per musica composta tra gli anni ’80 del diciannovesimo secolo e le due guerre — appartiene a pieno titolo alla musica d’arte, non ha niente da invidiare alla produzione vocale colta di quegli stessi anni (opera, romanza da salotto, lied).

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