SIMONE PETRILLO

Dottore di ricerca

ciclo: XXXV


supervisore: Arianna D'Ottone Rambach
co-supervisore: Juan Pedro Monferrer Sala

Titolo della tesi: Creating al-Andalus: Studio su arabizzazione e islamizzazione (secoli I-III/VII-IX)

Lo studio si propone di analizzare l’efficacia ermeneutica dell’applicazione dei concetti di arabizzazione e islamizzazione nel contesto del primo periodo islamico (capitolo 1), in generale, e del primo periodo andaluso (capitolo 2 e 3), più in particolare. Lungi infatti dall’essere categorie obiettive, esse tendono a riflettere le aspettative degli studiosi che le adoperano, configurandosi come retro-proiezioni. Il significato di tali categorie si disvela soprattutto a partire dalla formulazione delle identità dei soggetti implicati nel processo di espansione e consolidamento dell’impero omayyade. In particolare, l’uso della categoria del religioso – ovvero l’identificazione ab origine delle identità islamiche (i musulmani) – costituisce una problematicità concettuale che non permette di comprendere sia la natura decisamente più sfumata dei confini dottrinali tra le varie teorie e pratiche monoteiste sia la forza dell’alterità etnica e culturale araba introdotta dalle prime generazioni dei califfi. Non solo quindi una critica delle categorie terminologiche in uso ma anche una critica della narrazione storiografica che vuole al-Andalus una Spagna musulmana fin dal fatidico 711, anno in cui sarebbe avvenuta l’invasione della Penisola ad opera di eserciti etnicamente misti ma religiosamente uniti dalla fede islamica. Mettere in discussione questa visione consente di rivalutare il fenomeno dell’arabizzazione (nella sua declinazione linguistica, comportamentale e familiare) e quello dell’islamizzazione, il quale si configura piuttosto come un processo di creazione di un discorso specifico sull’insieme delle pratiche cultuali e dottrinali al fine di distinguerle da quelle di altri insiemi. Processo, questo, cui ha contribuito anche la cristianità latina andalusa (specialmente Eulogio e Paolo Alvaro) mediante l’introduzione di un principio di distinzione, non del tutto coerente rispetto alle teorie dell’alterità cristiana già diffuse, dell’arabo/musulmano allo stesso tempo come di un eretico e di un pagano.

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