Thesis title: La responsabilità antitrust nell'impresa di gruppo
Muovendo dalla ricostruzione della c.d. single economic entity doctrine, la ricerca ha ad oggetto l’analisi dei principi e dei criteri di attribuzione della responsabilità antitrust, in caso di infrazioni commesse da società appartenenti a un gruppo di società (o, più propriamente, da un’impresa di gruppo), nell’ambito sia del public sia del private enforcement, analizzandone le ricadute applicative sia sul piano procedimentale sia sul piano dell’enforcement in senso stretto.
L’elaborato prende le mosse dalla disamina della peculiare nozione funzionale e relativa di “impresa”, di origine giurisprudenziale, propria del diritto antitrust.
L’impresa rappresenta infatti il destinatario delle norme antitrust e, in quanto tale, la relativa nozione incide direttamente sull’attribuzione della responsabilità antitrust nei confronti dell’impresa di gruppo.
Nel ricostruire i “confini” della nozione d’impresa, l’elaborato si soffermerà specificamente sulla c.d. single economic entity doctrine e sul suo sviluppo giurisprudenziale, originariamente propedeutico non già all’attribuzione della responsabilità antitrust all’impresa di gruppo, ma all’esenzione delle intese infragruppo dal divieto di intese restrittive della concorrenza. Sulla base della single economic entity doctrine, infatti, ai fini dell’applicazione delle norme antitrust, è possibile individuare un’unica impresa ancorché eventualmente in presenza di una pluralità di soggetti dotati di personalità giuridica distinta. Esemplificativamente, la teoria dell’unità economica trova applicazione rispetto ai gruppi di società, i quali, ai fini antitrust, rappresentano in via di principio un’unica impresa.
Al fine di svolgere una ricostruzione critica e approfondita della teoria dell’unità economica se ne esporranno altresì le possibili applicazioni estensive, ad esempio rispetto ai c.d. ausiliari integrati, anche tenuto conto della più recente giurisprudenza eurounitaria in subiecta materia, particolarmente rilevante anche rispetto alla determinazione dei criteri di attribuzione della responsabilità antitrust nei confronti dell’impresa di gruppo.
La compiuta ricostruzione della nozione di impresa nonché della single economic entity doctrine consentirà quindi di approfondirne precisamente l’ambito applicativo, rilevando la stessa in egual misura nel public e nel private enforcement del diritto antitrust, trattandosi di una nozione autonoma di diritto dell’Unione europea, come di recente chiarito dalla Corte di giustizia.
In tale ottica, sulla base della qualifica della nozione d’impresa come nozione autonoma di diritto UE, se ne affronterà il consolidamento anche sul piano della “codificazione”, sia a livello UE sia a livello nazionale, nonché il travalicare di tale nozione verso altre branche del diritto, sempre in via di principio con lo scopo ultimo proprio di garantire l’applicazione di criteri uniformi di attribuzione della responsabilità in presenza di violazioni commesse da un’impresa di gruppo.
Rielaborata la nozione d’impresa e la teoria dell’unità economica, la ricerca passerà quindi ad affrontare più specificamente il profilo centrale dell’elaborato, relativo alla determinazione dei criteri di attribuzione della responsabilità antitrust nei confronti dell’impresa di gruppo, dai quali discende in via di principio la possibilità di estendere in via solidale la responsabilità per una violazione antitrust a società del gruppo diverse da quella o quelle che abbiano materialmente posto in essere l’infrazione.
Seguendo anche un piano diacronico dell’elaborazione giurisprudenziale delle corti UE, l’elaborato, anzitutto, si dirigerà a ricostruire i criteri di imputazione alla società controllante delle violazioni commesse da una sua controllata, alla luce dell’effettivo esercizio di influenza determinante della prima sulla seconda (c.d. parental liability). Si chiariranno dunque i presupposti in presenza dei quali l’illecito antitrust della controllata possa essere imputato alla controllante, pur in assenza di un materiale coinvolgimento (eventualmente di natura “omissiva”) di quest’ultima, ma solo perché entrambe risultano parte della stessa unica entità economica / impresa.
In particolare, quanto allo standard probatorio a tal fine richiesto, la ricerca si concentrerà criticamente principalmente sulla fattispecie dalla quale ha tratto origine il più significativo dibattito dottrinale nonché la più variegata casistica applicativa e giurisprudenziale, ovverosia quella dell’applicazione della c.d. parental liability presumption (presunzione di effettivo esercizio di influenza determinante sulla controllata). Se, invero, in via di principio, è onere dell’autorità procedente fornire piena prova del concreto esercizio di influenza determinante della controllante sulla controllata, in presenza di determinati presupposti (principalmente, fattispecie di controllo totalitario o quasi) è ormai consolidata l’applicazione della predetta presunzione.
Lo scritto mira quindi a ricostruire la lenta e ondivaga emersione della presunzione, definitivamente consolidatasi – nella prassi attuale – solo in una fase applicativa piuttosto recente. La ricerca si concentrerà dunque a questo punto su una dettagliata ricostruzione della presunzione, anche al fine di determinarne i razionali e le criticità, in particolare rispetto ai ristretti margini di prova contraria che le capogruppo hanno a loro disposizione. Lo scritto si soffermerà infatti sulla formalistica applicazione della presunzione e sui rarissimi casi di suo superamento, tanto da portare a ipotizzarne la natura di presunzione di fatto assoluta. Nell’ambito di tale ricostruzione, la ricerca si concentrerà anche sulla rilevanza della nozione di “controllo” nell’ambito dell’applicazione della presunzione e, più in generale, della parental liability.
A valle di tale ricostruzione, l’elaborato si rivolgerà quindi ad analizzare la prassi applicativa a livello nazionale, anche alla luce di recenti orientamenti del Consiglio di Stato, in una certa misura in controtendenza rispetto alla costante giurisprudenza eurounitaria.
Dalla parental liability, si passerà quindi alla più recente giurisprudenza – anche propria delle corti nazionali – che, originando da elaborazioni relative all’ambito del private enforcement, ha consentito di tratteggiare i criteri di attribuzione “inversa”, così da imputare alla controllata “innocente” l’infrazione della controllante (con lo scopo ultimo di ampliare la platea dei legittimati passivi nell’ambito di azioni per il risarcimento del danno antitrust). La ricostruzione della predetta forma di trasmissione di responsabilità infragruppo, c.d. top-down, consentirà di orientare la ricerca verso la valutazione critica di un quesito attualmente privo di chiara risposta: ovverosia, la possibilità di trasmissione di responsabilità fra società “sorelle” (nella quale, tra le due società soggette al controllo del medesimo soggetto, solo una sia materialmente autrice della violazione del diritto antitrust). Nel tentare di fornire una risposta a tale quesito, l’elaborato si concentrerà sull’analisi dell’eventuale possibilità di individuare un test unitario per l’attribuzione della responsabilità antitrust nei confronti dell’impresa di gruppo.
A valle di tale complessa ricostruzione, si offrirà quindi uno spaccato comparatistico, circa i criteri di imputazione della responsabilità antitrust nei gruppi nell’ordinamento statunitense.
Ricostruiti i criteri di imputazione della responsabilità antitrust nei confronti dell’impresa di gruppo, l’elaborato potrà quindi volgersi ad apprezzarne le principali ricadute pratiche, per prima cosa sul piano procedimentale.
Anzitutto, si analizzerà il momento nel quale debba essere determinata la single economic unit responsabile di un’infrazione al diritto antitrust (i.e., la single economic unit va determinata nel momento in cui viene commessa l’infrazione oppure nel momento di accertamento della stessa vuoi in sede pubblicistica vuoi in sede civile?). La risposta a tale quesito dovrà necessariamente passare anche dalla ricostruzione del principio della c.d. “continuità economica”, corollario della nozione di impresa che, di fatto, consente la trasmissione della responsabilità antitrust dall’autore originario dell’illecito al suo “successore economico”.
Sempre sul piano procedimentale, la ricerca affronterà il quesito dell’eventuale margine di discrezionalità in capo all’autorità procedente nel determinare quali società appartenenti all’impresa di gruppo ritenere solidalmente responsabili di un illecito.
La cornice delle problematiche procedimentali consentirà di formulare l’ipotesi di una possibile frammentazione del test richiesto per determinare l’esistenza di un’unica entità economica, a seconda della fattispecie rilevante, particolarmente evidente in alcune specifiche casistiche (come quelle della valutazione delle joint ventures e dei gruppi conglomerati).
Esaurita la trattazione dei risvolti procedimentali, si passerà al piano dell’enforcement in senso stretto, sia sul piano della quantificazione della sanzione sia su profili più specificamente pertinenti al private enforcement e a profili processuali delle azioni per il risarcimento del danno antitrust.
Si muoverà quindi da una ricostruzione compiuta di tutti i riflessi che discendono dal rilievo della responsabilità solidale, in via di principio, di tutte le società appartenenti all’impresa di gruppo, ferma restando la natura “derivata” di tale attribuzione di responsabilità rispetto a quelle società non direttamente coinvolte nell’infrazione. Rispetto a tale profilo, l’elaborato si concentrerà anche su come eventuali modifiche della composizione della single economic unit nel corso dell’illecito antitrust o al momento del provvedimento finale / dell’azione di danno possano incidere sul quantum della sanzione da irrogare o sulla platea dei legittimati passivi al risarcimento del danno.
Sul piano più propriamente della quantificazione della sanzione, si valuterà invece l’impatto sulla determinazione del massimo edittale della sanzione irrogabile all’impresa di gruppo (tema particolarmente controverso nelle più recenti pronunce nazionali, in particolare per quanto riguarda i criteri di determinazione del fatturato rilevante da prendere in considerazione), nonché i peculiari criteri di incremento e riduzione della sanzione da applicare in simili fattispecie.
Conclusivo profilo oggetto di valutazione sarà quindi l’analisi del quesito circa i possibili rischi di over-deterrence scaturenti dall’espansione della nozione di single economic unit, anche al fine di saggiarne la necessità di una rimeditazione più rigorosa, soprattutto alla luce della combinazione di tale espansione sia nell’ambito del public enforcement sia in quello del private enforcement.