MATTIA MELONE

Dottore di ricerca

ciclo: XXXVI


supervisore: Prof.ssa Elena Tassi

Titolo della tesi: AD USUM POPULI. Origine, natura e funzione delle res in usu publico

Quello delle res in usu publico costituisce uno dei temi oggetto di riscoperta da parte della romanistica contemporanea: che sia per evidenti suggestioni che lo stesso ha sul diritto positivo, o per quella – per quanto mi riguarda congenita – curiosità nei riguardi dello ius publicum Romanum, è innegabile che la questione dei beni comuni prenda e pretenda ciclicamente un suo spazio nelle riflessioni scientifiche. Lo studio di tali beni e della progressiva elaborazione della categoria che li ricomprende – inscindibile da quello della materia interdittale, presso cui le sue maggiori tracce si rinvengono – non potrà prescindere dai rapporti (tutt’altro che pacifici) tra la stessa e la divisio rerum tradita dalle fonti; per tale ragione, la prima parte del presente lavoro sarà dedicata all’analisi della classificazione delle res emergente da quelle fonti che espressamente si pongono lo scopo di descriverla. Le institutiones di Gaio, Marciano e Giustiniano, si riveleranno tuttavia insufficienti ad individuare i confini della categoria oggetto d’esame, dimostrando la fragilità di quelle impostazioni che pretendono di ridurre le res in usu publico ad una mera species del genus res publicae. L’abbandono della prospettiva pertinenziale, assieme ad una inversione di logica – da una di tipo deduttivo ad una di tipo induttivo – consentirà di partire dalla individuazione dei singoli beni che le fonti (giuridiche, letterarie, gromatiche o epigrafiche) lasciano intendere destinati alla fruizione della collettività, per arrivare ad enucleare quella che è, se non una categoria del tutto trasversale alla rerum divisio, una condizione delle cose del tutto peculiare: l’in publico usu esse: uno statuto proprio della res indipendente dalle titolarità dominicali della medesima, fondato sulla sua libera e diffusa fruizione, cui corrisponde una capillare ed articolata tutela. L’autonomia del publice uti rispetto alle dinamiche pertinenziali verrà confermata anche nella seconda parte dell’elaborato allorché, in sede di analisi degli strumenti di tutela, verrà in rilievo l’applicabilità dei medesimi a salvaguardia dell’uso pubblico di beni privati, quali viae e ripae. Ulteriori indizi in merito giungeranno dalle fonti gromatiche, già di per sé più orientate, rispetto a quelle giuridiche, a definire i luoghi a seconda delle funzioni che assolvono, piuttosto che in virtù dei soggetti cui afferiscono; attraverso le descrizioni dei mensores si porrà maggiormente in evidenza la corrispondenza tra privata terminatio e privata defensio, nonché l’importanza, nell’ottica della gestione di spazi e risorse, della nozione di res relictae. Tale ultima suggestione, unita all’esame dei numerosi rimedi predisposti dall’ordinamento romano a tutela delle res in usu publico, offrirà numerosi parallelismi con il regime delle res divini iuris, e indurrà ad avanzare nell’analisi con lo sguardo sempre più rivolto alle radici di quella coscienza collettiva autrice di vincoli di destinazioni a beneficio dell’intero gruppo. Una coscienza collettiva la cui manifestazione più evidente sembra essere proprio quella del relinquere: separare loca e res rilevanti per la comunità e proteggerli attraverso una tutela rafforzata. Attraverso la lente delle res relictae sarà possibile rinvenire un comune filo rosso che lega esperienze e fenomeni declinati in modo del tutto diverso dalle fonti classiche: ager, loca rei publicae administrandae, res divinae, viae e flumina potranno essere accostati in ragione della sovrapponibile tendenza della comunità nel distrarle, distoglierle, dai circuiti di gestione ordinaria, per riservarle ad una condizione speciale. Risorse produttive, luoghi della politica, spazi degli dèi: si tratta di res fondamentali per la civitas e, ancor prima, per la comunità pre-civica. Di qui, a ben vedere, la possibilità che sia proprio lo sviluppo di una simile coscienza collettiva a segnare l’approdo ad una struttura organizzativa compiuta ed unitaria della Roma delle origini: una sovrastruttura che si impone progressivamente su quelle già esistenti, e che si mostra in grado di predisporre tutto lo strumentario necessario a garantirsi la sopravvivenza. All’interno di questo strumentario, verranno in risalto elementi etruschi: dal lessico indicativo di una dimensione comunitaria, alle più antiche tecniche di organizzazione del reale e dei suoi spazi; suggestivi segni di una comunicazione feconda tra le due sponde del Tevere, nell’ambito di una koinè italica sulla quale Santo Mazzarino ha scritto delle pagine ancor oggi illuminanti.

Produzione scientifica

11573/1700911 - 2023 - Filippo Vassalli e la proprietà pubblica tra diritto romano e diritto civile
Melone, Mattia - 02a Capitolo o Articolo
libro: Rileggere i «classici» del diritto civile italiano (1900-1920) - (9788849551853)

11573/1675359 - 2021 - La romanizzazione della Sabina e la divisio agrorum
Melone, M. - 01a Articolo in rivista
rivista: SCIENZE DELL'ANTICHITÀ (Roma: Università degli Studi di Roma "La Sapienza".) pp. 107-114 - issn: 1123-5713 - wos: (0) - scopus: (0)

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