Titolo della tesi: “Per la difesa della razza nella scuola fascista”. Perseguitare, formare, diffondere
La ricerca si concentra sul rapporto tra la scuola fascista, le leggi antiebraiche e il razzismo del regime nella seconda metà degli anni ’30 ponendosi alcune domande: come penetra il razzismo nelle scuole? Come rispondono queste ultime ai provvedimenti contro gli ebrei? Si limitano ad applicare le norme oppure collaborano alla definizione del razzismo? E come affrontano il problema nelle scuole o addirittura in classe?
Le risposte sono affidate all’interazione tra centro e periferia, e tra centri e periferie, muovendo dalla convinzione che le scuole non si limitino ad applicare i provvedimenti o a rispondere in maniera passiva alle direttive, ma collaborino attivamente alla loro applicazione: perseguitando docenti, studenti, personale amministrativo o i libri di testo redatti da autori classificati di “razza ebraica”, talvolta confrontandosi con un razzismo in fase di costruzione e con diversi vuoti normativi; formando docenti e alunni sul tema; partecipando o realizzando in prima persona iniziative sui diversi argomenti che compongono la questione razzista.
In questo senso, inserendo le scelte del 1938 nel contesto più ampio degli anni ’30, l’attenzione è posta, più che sulle vittime, soprattutto sulle dinamiche di persecuzione, che coinvolgono sia i comportamenti dei protagonisti dell’educazione, sia il rapporto con i meccanismi generali di consenso o controllo propri del regime.
L’indagine si articola attraverso una ricognizione in alcune scuole elementari e medie-superiori, che pongono problemi di ricerca variegati, sondando tre contesti differenti: Torino, Roma e Potenza. La scelta di questi casi è dovuta alla volontà di fornire una prospettiva nazionale, realizzando carotaggi in contesti geografici e amministrativi con una diversa distanza dal “centro” e con una differente presenza ebraica, che si presenta come un ulteriore elemento di confronto.