Titolo della tesi: Sistema geyser per la rivelazione di neutroni
Nel 1973 fu per la prima volta elaborato un concetto radicalmente nuovo: il rivelatore ad “effetto geyser”. Tuttavia, esso non fu mai realmente applicato fino a quaranta anni dopo, nel 2013, quando un gruppo di ricercatori guidato dal prof. Antonino Pullia iniziò ad utilizzarlo per rivelare la materia oscura presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso.
L'idea principale è semplice: una camera inferiore e una camera superiore, collegate da un tubo.
Nella camera inferiore si trova un liquido sensibile alla sua temperatura di ebollizione. Nella camera superiore si trova il suo vapore, raffreddato a una temperatura leggermente inferiore, che abbassa la pressione e porta il liquido in uno stato surriscaldato, pronto per bollire. Quando una particella colpisce il liquido, l'energia rilasciata all'impatto produce una bolla di vapore che sale attraverso il tubo fino alla camera superiore. Poiché questa è più fredda, la bolla si condensa in una goccia di liquido che viene recuperato nella camera inferiore in pochi secondi.
Il rilevamento di una bolla indica il passaggio di una particella.
Il processo è naturale e automatico, il che rende questa tecnica molto semplice ed efficace. Inoltre questo particolare tipo di rivelatore, poiché si basa sull'energia di rinculo degli urti fra particelle, è praticamente sensibile a qualsiasi tipo di particella, comprese quelle neutre. Sempre per questo motivo, come vedremo in seguito, è invece intrinsecamente insensibile ai raggi gamma.
Sulla base di questo, il progetto mira a sviluppare un rivelatore innovativo di neutroni, la cui caratteristica speciale sarà quindi proprio l'insensibilità ai raggi gamma, molto importante perché la maggior parte delle fonti di neutroni emette anche questo tipo di radiazioni, che possono alterare la misura dei neutroni stessi.
Le possibili applicazioni industriali di questo rivelatore sono le seguenti.
1. Sostituzione dei rivelatori basati su elio-3, che sta diventando sempre più scarso e costoso.
2. Sicurezza nazionale, ovvero rilevamento del traffico di armi nucleari, in particolare quelle al plutonio, che non può essere individuato con la normale ricerca di emissioni gamma.
3. Dosimetria dei neutroni e misurazione del fondo dei neutroni di ambienti in cui sono presenti esseri umani o altre forme di vita.
Inoltre, poiché il principio di funzionamento di base è semplice, i materiali sono sicuri e i campi coinvolti sono così tanti (e.g., meccanica, termodinamica, fisica nucleare, ottica, acustica ed elettronica), si può pensare di produrre una versione accademica a basso costo per coinvolgere gli studenti.
Il rivelatore attualmente a disposizione per i test è un prototipo nato per la ricerca della materia oscura, costituito da un contenitore di vetro riempito con Freon 218 in equilibrio con il suo vapore a 25°C e 8 bar. Le particelle che ci si aspetta di rivelare sono le cosiddette wimp (weak interacting massive particles), ossia particelle dotate di massa (ignota) e carica neutra, del tutto simili ai neutroni, con i quali, infatti, vengono eseguiti tutti i test di calibrazione ed efficienza.
Ogni volta che un neutrone colpisce una delle molecole del liquido sensibile, l'energia rilasciata produce una bolla. Questa bolla viene rilevata con l'aiuto di due telecamere e quattro microfoni. Modificando le condizioni di temperatura-pressione, è possibile selezionare una determinata soglia di energia, in modo da poter costruire uno spettro di energia.
Per questo progetto sono stati necessari tre passaggi.
1. Analisi della tecnologia e del comportamento termodinamico del rivelatore prototipo. In questo ambito sono state studiate e applicate numerose modifiche alla meccanica del rivelatore, per arrivare ad un comportamento termodinamico stabile. Dopodiché sono state effettuate più di 400 ore di di prove per un totale di 56 test-run, 35 dei quali sono stati selezionati per l'analisi. Di questi, 25 sono stati condotti con il solo background naturale di neutroni, e 10 con una sorgente artificiale di americio-berillio da 40 kBq.
2. Ottimizzazione delle condizioni di pressione e temperatura per ottenere la metastabilità richiesta, evitando l'eccessiva ebollizione alle pareti del contenitore ed aumentando la risoluzione energetica. Per fare questo si sono studiate ed ottenute due equazioni, una per il calcolo dell'energia critica richiesta per la nucleazione omogenea in un liquido surriscaldato, e l'altra per il relativo raggio critico della bolla di vapore nucleata. La prima è stata ottenuta mediante l'applicazione diretta della prima legge della termodinamica, la seconda considerando che la formazione di bolle implica il superamento di una barriera di potenziale di entalpia libera.
3. Studio della firma acustica della bolla in diversi regimi termodinamici, al fine di sostituire totalmente i rilevatori ottici (telecamere) con rivelatori acustici (microfoni), che sono più robusti e compatti, e quindi più adatti alla produzione industriale. A questo scopo è stato condotto uno studio per determinare in che modo le condizioni termodinamiche stabilite all'interno di un rivelatore di neutroni influenzino il segnale acustico prodotto dalla nucleazione delle bolle. Si è constatato che l'energia acustica emessa dalla crescente bolla di vapore diventa più importante quando la pressione del liquido diminuisce e il grado di surriscaldamento aumenta, e che il primo effetto è cruciale per la generazione di un segnale ben comprensibile. Da questo studio si vede che la "storia della bolla" è già scritta quando questa diventa visibile, ossia dopo circa 1 ms. L'analisi acustica del primo millisecondo restituisce quindi molte più informazioni rispetto all'analisi ottica, che possono essere sfruttate per distinguere le bolle generate da neutroni da quelle generate per esempio dai decadimenti alfa.