Titolo della tesi: Giovani e transizioni verso l’età adulta: l’esordio nel mercato del lavoro e l’uscita dalla famiglia
La presente tesi si focalizza su due eventi centrali nella transizione all’età adulta, ovvero l’uscita dalla casa dei genitori e l’entrata nel mercato del lavoro. Tali eventi, seguendo le modifiche che negli ultimi decenni hanno interessato il processo a cui concorrono – che è andato via via assumendo un modello “tardivo”, “prolungato” e “complesso” – vengono sperimentati dalle nuove generazioni in età sempre più avanzate. Insieme alle variazioni riscontrate nel processo di transizione all’età adulta, la diffusione della convivenza, l’indebolimento del legame tra matrimonio e genitorialità e i bassi livelli di fecondità, contribuiscono a rendere i corsi di vita dei giovani adulti sempre più eterogenei e imprevedibili. Interpretando tali trasformazioni nell’ambito della teoria della Seconda Transizione demografica, alla base dei cambiamenti nei comportamenti demografici si colloca lo spostamento verso atteggiamenti e norme postmoderne, con la diffusione di valori individualistici quali principali determinanti delle decisioni sul corso di vita.
L’occorrenza, il timing, la sequenza e la distanza tra i principali eventi che connotano la transizione all’età adulta risultano stratificati in base al contesto socio-economico, al quale inevitabilmente concorre la condizione occupazionale individuale, soprattutto per i più giovani: per loro il lavoro rappresenta la principale fonte di sostentamento e, pertanto, le modalità ed il contesto in cui avviene il loro inserimento occupazionale non incidono solo sull’evento di ingresso nel mondo del lavoro, ma anche sulle altre “soglie” della transizione, inclusa l’uscita dalla famiglia.
In riferimento a quest’ultimo evento, l’obiettivo del primo dei due capitoli ad esso dedicati è quello di approfondire la disamina dei fattori, sia individuali che familiari, associati all’uscita dalla famiglia all’interno del recente contesto italiano prestando particolare attenzione al ruolo della condizione occupazionale.
I risultati di tale analisi confermano come disporre di un lavoro retribuito agevoli la transizione verso l’autonomia abitativa, indipendentemente da genere e classe di età. Per quanto riguarda invece l’impatto della stabilità lavorativa, ha trovato conferma l’ipotesi basata sui risultati degli studi più recenti i quali evidenziano che da quando la precarietà contrattuale è divenuta un elemento strutturale del mercato del lavoro nazionale essa non influenza più l’uscita dei giovani dalla famiglia. Tale risultato si osserva però al netto dell’orario di lavoro: rispetto agli occupati a tempo indeterminato e ad orario pieno, i giovani impiegati ad orario ridotto risultano svantaggiati nel lasciare i genitori, indipendentemente dalla loro tipologia contrattuale.
I risultati ottenuti in merito all’effetto della tipologia contrattuale e oraria sulla propensione dei giovani a lasciare la casa dei genitori vengono approfonditi nel capitolo successivo, che ha l’obiettivo di entrare nel dettaglio della disamina dell’impatto delle diverse caratteristiche dell’impiego.
Si è pertanto sviluppata un’analisi circoscritta ai soli giovani che, seppur già in possesso di un contratto di lavoro dipendente, continuano a risiedere con i genitori, arricchendo la letteratura sul tema sia grazie alla varietà degli aspetti caratterizzanti l’impiego del giovane esaminati, sia per il livello di dettaglio di tali informazioni. Sono state incluse nell’analisi dei fattori associati all’uscita dalla casa dei genitori molteplici caratteristiche “oggettive” dell’impiego, alcune finora inesplorate (come la distanza dall’esordio) e, nel caso della retribuzione oraria e delle ore lavorate, si è riusciti a definire soglie specifiche che differenziano i due generi. Un ulteriore valore aggiunto di tale analisi è l’aver introdotto la dimensione “soggettiva” – ovvero la percezione del giovane in merito alla propria condizione lavorativa – tra i fattori associati alla decisione di lasciare i genitori. Sebbene alcuni studi abbiano iniziato ad analizzare l’impatto di misure soggettive dell'incertezza su altri eventi della transizione all’età adulta, le analisi presentate in questa tesi risultano le prime ad investigare tale impatto in riferimento all’uscita dalla famiglia di origine.
I risultati osservati confermano, anche in questo caso, che la stabilità contrattuale non ha un impatto significativo sulla propensione all’uscita; analogamente, neppure la distanza dall'esordio nel mercato del lavoro e la soddisfazione individuale per le caratteristiche della propria occupazione risultano influenzare la propensione a lasciare i genitori, smentendo l’ipotesi che una maggiore soddisfazione agevoli la propensione a lasciare la famiglia di origine.
Sono invece le ore lavorate e la retribuzione oraria ad avere un ruolo centrale nel predire la probabilità di lasciare i genitori per entrambi i generi, ed il livello di dettaglio dell’analisi condotta ha permesso di definire soglie di guadagno e orario specifiche per uomini e donne.
I risultati descritti rafforzano la necessità di ricalibrare le politiche per il lavoro nazionali – tradizionalmente concentrate su interventi mirati a ridurre la precarietà contrattuale – per agevolare effettivamente i giovani nell’emancipazione abitativa. Essi, più che dal precariato, sono spaventati dalla mancanza di risorse; pertanto, pur tenendo conto delle differenze rilevate fra nord e sud Italia e fra uomini e donne, sono necessarie politiche che favoriscano l’offerta di lavori ben pagati e full-time che consentano ai giovani di non dipendere più dai loro genitori.
Le modalità di partecipazione al mercato del lavoro risultano pertanto un fattore importante nella determinazione dei percorsi di vita dei giovani.
Il focus dell’analisi si è quindi spostato su un altro evento della transizione alla vita adulta, ovvero l’ingresso nel mondo del lavoro, con l’obiettivo di approfondire, da un lato, i cambiamenti che hanno contraddistinto i giovani appartenenti alle coorti di nascita più recenti in merito alla loro età all’esordio e, dall’altro, la strutturazione delle traiettorie lavorative nei primi anni successivi all’ingresso nell’occupazione.
Tale lavoro approfondisce il livello di dettaglio finora raggiunto in riferimento all’analisi della multidimensionalità sottostante la complessità delle carriere lavorative; inoltre, propone una disamina delle traiettorie iniziali declinata anche rispetto al background migratorio, superando la difficoltà di reperire dati longitudinali sulle carriere individuali – in particolare per la componente immigrata contraddistinta da una maggior mobilità territoriale – che fa sì che tale tema finora sia stato poco trattato con un tale livello di dettaglio sulla composizione dei percorsi occupazionali.
L’analisi condotta non si limita a considerare un’unica dimensione delle traiettorie lavorative – tipicamente la stabilità/precarietà contrattuale –, ma apporta un importante valore aggiunto, che consiste nel riuscire a catturarne la complessità, fondamentale soprattutto guardando ai percorsi iniziali, rappresentandone la multidimensionalità. Integrando molteplici dimensioni – la modalità di esordio, la frammentarietà, la progressione di carriera e la persistenza nel tempo – si sono ricostruite e classificate le traiettorie iniziali dei giovani all’interno del mercato del lavoro dipendente veneto sulla base del tempo di lavoro saturato. Le sette tipologie di percorsi occupazionali individuate consentono di evidenziare che, per quanto l’instabilità contrattuale sia confermata un elemento distintivo degli esordi dei giovani, spesso non si rivela un ostacolo per il raggiungimento di elevati livelli di saturazione del tempo lavorabile; d’altro canto, esordi contrattualmente stabili non si traducono necessariamente in carriere connotate da una elevata continuità temporale a lungo termine.
Approfondendo il ruolo del background migratorio si è osservato che i giovani nati all’estero sperimentano più frequentemente traiettorie brevi ed estemporanee, tuttavia, anche per loro si rilevano opportunità di percorsi sin da subito stabili e continuativi, più frequenti tra quanti hanno acquisito la cittadinanza italiana e quindi probabilmente presenti da maggior tempo nel territorio. Inoltre, sebbene i giovani immigrati denotino quote basse di esordi in professioni ad elevata qualificazione all’interno di tutte le tipologie di traiettorie identificate, ciò non preclude la possibilità di migliorare l’inquadramento professionale a quanti rimangono attivi nel mercato del lavoro regionale.
Quanto emerso dalle analisi suggerisce che una più strutturata anzianità migratoria sia capace di potenziare gli effetti di un migliore esordio; ne deriva pertanto che l’orizzonte di una stabilizzazione e di un “mutamento di paradigma” nei confronti delle migrazioni in Italia sia perseguibile nel prossimo futuro tramite politiche mirate nelle quali si presti particolare attenzione all’evento di esordio garantendo ai giovani di origine straniera la possibilità di inserirsi nel mercato del lavoro in termini di una minor integrazione subalterna e con maggiori opportunità di mobilità sociale.