GIORGIO BOVE

Dottore di ricerca

ciclo: XXXII



Titolo della tesi: INNOVAZIONE IN CHIRURGIA ORTOPEDICA L’USO DEL ROBOT NELLA PROTESI TOTALE D’ANCA Indicazioni e risultati su 26 casi

Introduzione: Il malposizionamento del cotile acetabolare e dello stelo sono all’origine del fallimento di un impianto protesico d’anca, causa lussazioni, consumo polietilene e dismetrie. Scopo dello studio è quello di valutare l’efficacia dell’utilizzo del braccio robotico MAKO, che attraverso la previsione preoperatoria su TC-3D e la successiva applicazione su paziente riduce il margine di errore dell’accoppiamento cotile-stelo e determinando maggior successo clinico degli outcomes. Materiali e Metodi: 26 pazienti sono stati sottoposti a protesi primaria d’anca, 15 donne 11 uomini, con un tempo medio robotico di 66,7 minuti, con accesso laterale diretto e utilizzo del braccio robotico MAKO per la preparazione dello stelo e dell’acetabolo e inserimento delle componenti secondo la programmazione TC preperatoria e confronto con il risultato finale secondo Callanan’s safe zone (30-45° inclinazione, 5-25° versione), e versione del collo femorale secondo Marcovigi. Sono stati utilizzati 4 steli Accollade II 127°, 3 Acollade II 132°, 11 Anato neutra, 8 Anato antiversa. Risultati: l’inclinazione e la versione della coppa acetabolare sono risultati nel finale aderenti alla programmazione, rispettivamente 40,5° e 20,1°. L’antiversione combinata pianificata con una media di 34,8° risultava effettiva con una media di 38,5°. La versione dello stelo, (preoperatorio 9,4°) pianificata in media 15,5° risultava in media antiversa a 19,2°. L’offset combinato vs anca opposta -1,4°. Il 100% era all’interno della safe-zone di combinazione. Discussione: la preparazione “femur first” ha consentito di pianificare un grado di antiversione che poteva far variare la previsione del grado di antiversione della coppa acetabolare, unica ad essere applicata con precisione dal braccio robotico unitamente all’inclinazione. La definitiva antiversione del collo femorale, che ha subito delle variazioni minime da quella pianificata, non viene applicata dal braccio robotico ma affidata all’esperienza dell’operatore. Conclusioni: la definitiva applicazione del cotile attraverso il braccio robotico, pari a quella programmata, ha posto l’attenzione sull’antiversione del collo femorale, valore ignorato nell’esecuzione standard di un intervento. Il risultato definitivo è affidato all’esperienza dell’operatore, per rientrare nei range di sicurezza. Tali valori sono presupposti fondamentali per la diminuzione di malposizione e fallimenti protesici.

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