Titolo della tesi: Le PMI alla prova della green economy: impatti sociali e inclusione di genere.
La tesi esplora la transizione ecologica delle piccole e medie imprese (PMI) italiane, con un focus specifico sugli impatti distributivi, sociali e di genere generati da questi processi di cambiamento. Lo studio si inserisce nel dibattito accademico sulla green economy, adottando come riferimenti teorici la letteratura sui sistemi di innovazione territoriali (Bagnasco, 1977; Becattini, 2000; Burroni & Trigilia, 2011), settoriali (Malerba & Orsenigo, 1997) e sullo sviluppo locale (Trigilia, 2005), rapportandola a quella internazionale sulla governance delle transizioni (Meadowcroft, 2007) e sul rapporto tra queste, sistemi capitalistici e impatti sulle disuguaglianze (Mazzucato, 2013; Piketty, 2014; Atkinson, 2015). La transizione ecologica è affrontata soprattutto attraverso approcci socio-tecnici (Geels, 2005), che tendono a trascurare come particolari condizioni di contesto e l’agency degli attori possano influire sui livelli di disuguaglianze (anche in una lente di genere) prodotte dalle innovazioni. Considerando poi gli studi empirici- di carattere industriale (in particolare sul settore gomma) e riferiti alle PMI- questi rimangono limitati o assenti, evidenziando un'importante lacuna che questa ricerca si propone di colmare.
La tesi si struttura attorno a quattro obiettivi principali: 1) analizzare se, e per quali motivi, la transizione ecologica delle PMI rappresenti un processo di innovazione differente rispetto a quello delle imprese più strutturate 2) considerare come particolari fattori di contesto e di agency, che formano la governance della transizione ecologica, influenzino le capacità delle PMI di assorbire le eco-innovazioni 3) valutare se e in che modo a differenti modelli di governance corrispondano impatti distributivi più o meno polarizzanti- anche attraverso una prospettiva di genere 4) elaborare sulla base delle evidenze raccolte suggerimenti per la ricerca futura e di policy utili ai decisori pubblici e agli operatori di settore per migliorare e rendere più inclusivi i processi di transizione
La scelta di condurre un’indagine empirica sul piano micro, adottando tecniche qualitative, ha lo scopo di produrre un’approssimazione non deformante (Piketty, 2014) di un fenomeno macro e complesso come la transizione ecologica. Il disegno della ricerca si articola in diverse fasi. La prima si basa sull’analisi dello stato dell’arte e di dati secondari per inquadrare l’oggetto di studio, sviluppare le domande di ricerca e il frame teorico di riferimento. I primi capitoli presentano il contesto italiano in relazione allo scenario internazionale, e ne analizzano il modello di governance e le scelte di politica pubblica sulla transizione ecologica.
Le implicazioni per la transizione verde sono state discusse attraverso interviste semistrutturate a testimoni privilegiati delle parti sociali, delle istituzioni e attori intermedi di livello nazionale. I risultati evidenziano la presenza di processi di transizione puntiformi, ossia di livelli di eco-innovazione differenziati a livello subnazionale (fra settori e territori), con una tendenza ad accumularsi in contesti e attori a maggiore intensità di risorse. Questi squilibri generano inoltre una via bassa alla transizione dato che i cambiamenti si configurano come un ammodernamento o efficientamento del tessuto produttivo, disaccoppiato dalla crescita della qualità del lavoro o dalla riduzione delle disuguaglianze sociali e di genere.
La seconda fase del lavoro esamina in una prospettiva comparata due sistemi territoriali PMI specializzati nelle produzioni in gomma. La scelta del settore consente di valutare i potenziali trade-off della transizione verde: queste attività hanno un elevato impatto ambientale e, al contempo, sono essenziali per la sostenibilità di numerose filiere strategiche sotto il profilo economico e sociale. In ragione della rispettiva significatività, le aree selezionate per gli studi di caso sono il distretto del Sebino Bergamasco e la Città Metropolitana di Torino. La ricerca sul campo ha coinvolto in interviste qualitative in profondità per ciascun caso: pubbliche amministrazioni, parti sociali, imprese e intermediari (pubblici e privati) ritenuti rilevanti.
La comparazione dei risultati degli studi di caso mostra come- a parità di settore- la qualità della governance territoriale influenzi sia le capacità di eco-innovare delle PMI sia gli impatti distributivi di questi processi. Le reti specializzate, cooperative e coese che caratterizzano il distretto del Sebino si confermano (Bagnasco,1977; Becattini, 2000) più adatte a sostenere le eco-innovazione settoriali (Malerba & Orsenigo, 1997) coniugando competitività economica, tutela degli ecosistemi e benessere sociale. I benefici dei cambiamenti si distribuiscono dunque in modo omogeneo fra imprese e comunità locali. Le PMI Torinesi, invece, scontano la presenza di reti locali più gerarchiche e frammentate- dominate dalle grandi imprese locali. Gli interventi generici e le scarse opportunità di dialogo con le pubbliche amministrazioni ricalcano gli squilibri esistenti fra imprese e i rispettivi dipendenti, a seconda delle risorse a loro disposizione. Entrambi gli studi di caso sono accomunati dall’assenza di valutazioni sugli impatti di genere degli interventi di transizione ecologica: seguendo gli studi (Mazzucato, 2013; Piketty, 2014) senza correzioni delle tendenze di mercato è probabile che le innovazioni rafforzino le disuguaglianze esistenti. Il tema in ogni caso merita successivi approfondimenti di ricerca.
Il lavoro si conclude con una riflessione articolata in dieci punti sui possibili interventi per declinare la transizione verde in un’opportunità di miglioramento del sistema capitalistico attuale, evitando che rafforzi gli squilibri- ambientali, sociali ed economici- che si propone di risolvere.