Thesis title: L'opera ecclesiastica di Carlo Marchionni (1702-1786) ad Ancona e nello Stato Pontificio
A partire dagli studi condotti da Rudolf Berliner e da Joachim Gaus, l’indagine sull’opera di Carlo Marchionni è sempre andata concentrandosi su due delle realizzazioni romane dell’architetto, quindi la grande villa lungo via Salaria, destinata ad accogliere la collezione di antichità del cardinale Alessandro Albani, e la sagrestia della basilica di San Pietro, la cui ricostruzione, meditata sin dal secolo precedente, si rese finalmente possibile solo negli anni Settanta del Settecento. Al di là delle opere più note, tuttavia, l’attività professionale di Carlo Marchionni, nonché quella, complementare, di disegnatore, furono particolarmente intense: l’architetto mise a punto numerosissimi progetti, in particolare per opere ecclesiastiche, a Roma e in tutto lo Stato Pontificio, mentre la particolare attitudine a raccogliere personalmente le proprie idee all’interno di volumi rilegati, e spesso tematici, è ciò che ha permesso di ricostruire il percorso progettuale di monumenti noti, quando non di venire a conoscenza di opere che non furono mai realizzate, o realizzate e successivamente distrutte. A partire dalle chiese superstiti di Ancona e di Montemarciano, realizzate nelle Marche in concomitanza dell’ottenimento dell’incarico per il completamento del porto dorico, passando per la prova giovanile della chiesa dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista a Nettuno, di fatto il punto da cui la ricerca dell’architetto sul tema dell’edificio chiesastico prese le mosse, per arrivare ai progetti per opere minori, per così dire, quindi alle idee per cappelle e altari di cui non resta altro se non le relative elaborazioni grafiche, il lavoro qui presentato ha tentato di far emergere il ricco quadro di modelli e di riferimenti di un architetto che, pur operando all’interno dei limiti imposti dall’ambiente accademico di formazione, intraprese una ricerca del tutto personale e che, in fondo, tradisce un ancora forte attaccamento a quell’eredità barocca che, nella seconda metà del Settecento, si andava invece rifuggendo.