Titolo della tesi: Le politiche femminili del Pci. Assistenza e Lotta per la Pace (1944-1950)
La ricerca intende analizzare le modalità con cui il Pci intende rivolgersi alle masse femminili nel periodo 1944-50, dal ritorno di Palmiro Togliatti in Italia, sino alle fasi più intense della lotta per la pace. Dopo l’8 settembre ’43, si assiste ad una progressiva partecipazione femminile alla Resistenza, spesso con incarichi di supporto per i combattenti, altre volte con partecipazione diretta alle operazioni belliche. La guerra per il mondo femminile comporta un’uscita forzata dallo spazio domestico e un ingresso in quello pubblico, creando in alcune personalità femminili aspettative e speranze di cambiamento destinate però a rimanere disattese. Il Pci sembra rivolgersi alle donne promettendogli di colmare la subalternità rispetto all’uomo, ma questa volontà deve scontrarsi con i limiti imposti dalla controparte maschile, orientata verso modelli che proibiscono di accettarne il progressivo ingresso nello spazio pubblico.
Per l’indagine sono stati utilizzati i documenti d’archivio messi a disposizione dalla Fondazione Gramsci: in particolare quelli della Direzione e della Segreteria del Partito sono stati utili per ricostruire parte delle difficoltà riscontrate, mentre le carte della commissione femminile del Pci seppur poche e manchevoli per il periodo preso in esame, sono state integrate dagli allegati trovati tra i verbali e dalle monografie più recenti sul tema. Lo spoglio dei periodici legati al Pci permette di vedere il tipo di messaggio che si intende rivolgere alle donne in occasione dei principali fatti trattati durante la ricerca, confrontandolo con quanto avviene durante le riunioni della dirigenza.
La ricerca ha analizzato quanto determinante sia stata l’azione comunista nel creare una cultura democratica completamente assente sino a quel momento, ancorandosi al ruolo svolto durante la Costituente. Una volta giunti al termine dall’ultimo periodo bellico è possibile sottolineare l’arretramento che si avvia già nel passaggio dai Gruppi di difesa della donna (Gdd) all’Unione femminile italiana (Udi). Il ruolo che viene scelto per le donne, al termine del conflitto, non è quello auspicato dalla maggioranza delle attiviste, ma quello augurato dalla maggioranza della società maschile. È solo accettando il ruolo materno, che le militanti capiscono di poter trarre da questo l’autorità necessaria per poter parlare di determinati temi e di conseguenza poter fare politica. Con l’esautorazione delle sinistre dal governo e l’infiammarsi dello scontro tra comunisti e democristiani, il Pci mostra di avere altre priorità a cui prestare la propria attenzione, finendo col delegare alla componente femminile il reclutamento dei ceti medi, dimenticandosi delle loro condizioni. Assistenza e Lotta per la Pace sono le principali aree che il Pci delinea per lo spazio politico femminile, perché inevitabilmente legate all’immagine materna. Prima con l’organizzazione dei Treni della felicità, con cui si trasportano migliaia di bambini togliendoli dai pericoli dell’inverno e della fame, poi con l’azione delle deputate alla Costituente è possibile osservare i modi con cui il Partito intende promuovere l’azione femminile, ripiegando nel suo uso, azzarderei strumentale, durante la campagna elettorale del ’48 e nei successivi anni per la promozione della lotta per la pace con cui è possibile attrarre un tipo di elettorato generalmente poco attratto dalle politiche comuniste.