Titolo della tesi: Il Capitolo di San Pietro in Vaticano e il suo patrimonio immobiliare (1400-1525). Strategie amministrative e urbanizzazione a Roma nel Rinascimento
Viene affrontato lo studio di uno dei più ricchi patrimoni immobiliari dell’Urbe, della sua progressiva evoluzione e della sua gestione in quello che è stato definito il “lungo Quattrocento” (1400-1525), esito di un’attività di ricerca che si inserisce nel solco di una duplice tradizione storiografica: da un lato quella inerente il Capitolo canonicale di San Pietro in Vaticano, dall’altro quella degli studi sulla città tardomedioevale e, più in particolare, sulla rendita immobiliare. Si tratta di due filoni di ricerca particolarmente fortunati, forti entrambi di una lunga e consolidata tradizione, che nella presente ricerca viene minuziosamente ricostruita.
Le vicende patrimoniali ed amministrative del Capitolo vaticano sono state debitamente contestualizzate nel quadro dell’incessante processo di trasformazione urbana in atto nella città (soprattutto a partire dal pontificato di Martino V, 1417-1431) e delle forme edilizie e contrattuali maggiormente diffuse, con debiti riferimenti, diretti e puntuali, al sistema normativo vigente e alle sue progressive modificazioni, nonché alle mutevoli politiche pontificie in materia urbanistica.
Per favorire la comprensione dell’abito mentale dei canonici vaticani e dei criteri amministrativi da essi seguiti nell’amministrazione del loro patrimonio si è dedicata un’ampia sezione del lavoro ad una descrizione dell’ente capitolare, alle sue forme statutarie, all’articolazione strutturale e funzionale dei vari uffici che ne consentivano l’ordinaria attività. Tale approfondimento permette di evidenziare l’intima adesione del Capitolo di San Pietro alla dimensione municipale della città di Roma, che fin verso la metà del ‘400 ebbe modo di sfociare, occasionalmente, in forme più o meno manifeste di dissenso nei riguardi dell’autorità costituita e delle strutture curiali. Anche per quel che riguarda il profilo istituzionale e i connotati sociali del Capitolo, dei suoi membri e delle rispettive famiglie vengono evidenziati i passi di un percorso di cambiamento, che sembra aver preso un particolare slancio col pontificato di Sisto IV (1471-1484), quando le distanze fra il clero della Basilica vaticana e la Curia tesero a ridursi, giungendo fin quasi ad annullarsi del tutto.
La ricerca è stata condotta metodicamente, con puntuale riferimento ad abbondante documentazione inedita, conservata in massima parte nella Biblioteca Apostolica Vaticana, nel fondo Archivio del Capitolo di San Pietro, e con l’imprescindibile ausilio di ulteriori fonti edite (documentarie e narrative e trattatistiche), oltre che di una ricca ed eterogenea bibliografia.
Proprio il continuo riferimento al contesto socio-economico della città e, ancor più, un’attenta considerazione del carattere istituzionale del Capitolo di San Pietro e del profilo sociale ed individuale dei canonici che ne fecero parte permettono di approfondire la comprensione delle vicende patrimoniali e amministrative di questo lungo periodo, e di non limitarsi alla loro semplice osservazione e descrizione.
Il patrimonio immobiliare del Capitolo di San Pietro, nell’arco cronologico di riferimento, attraversò fasi cicliche di arricchimento e di erosione legate, le prime, soprattutto ad un consistente flusso di donazioni e lasciti (e in misura minore a compravendite, permute e incorporazioni di altri patrimoni). Il depauperamento del patrimonio, di contro, dipese per lo più da alienazioni, avvenute per lo più alla metà del ‘400.
Nel periodo osservato, sulla scia di ciò che avvenne per l’intero mercato immobiliare cittadino, la rendita immobiliare del Capitolo vide un incremento formidabile. Questo percorso visse però almeno tre fasi critiche, legate alla rovina materiale del rione Borgo nel primo quarto del ‘400, alle ricordate alienazioni, e ai drammi congiunturali di fine secolo (la peste del 1493 e la rovina apportata dal funesto transito delle truppe di Carlo VIII e dalla catastrofica esondazione del Tevere nel 1495). Di questo processo si seguono in dettaglio tutti gli sviluppi, osservati sia al livello dell’intero tessuto urbano, sia nel più ristretto ambito dei rioni ove il Capitolo aveva la maggior parte dei propri interessi immobiliari (Borgo, Ponte, Parione e Regola) e, come saggio metodologico, anche a livello intrarionale, per quel che concerne lo specifico caso del rione Ponte.
Il quadro che è stato possibile ricostruire e descrivere, con l’ausilio di figure, grafici e tabelle, è quello di un patrimonio immobiliare urbano già formato e ben strutturato, ma ancora capace di evolvere, e di adattarsi così alle mutevoli esigenze dell’ente proprietario. Un patrimonio il cui peso, nelle economie di San Pietro, era ancora largamente inferiore a quello del patrimonio rustico, ma che ormai andava avviandosi a rivestire un ruolo di prim’ordine.
Nel complesso la gestione di questo patrimonio sembra non essere stata condotta in modo particolarmente efficace. Numerose erano le cause della relativa inefficienza dell’amministrazione capitolare, legate in parte all’eccessiva vastità del patrimonio e alla velocità con cui gli amministratori decadevano dalle proprie cariche, in parte alle condizioni materiali di molti immobili e dei limiti imposti dalla legislazione vigente, che incidevano in più modi sulle tipologie contrattuali e sul valore dei canoni di affitto, ma anche a più specifiche esigenze dei canonici (come quella di assegnare un alloggio a tutti i membri del Capitolo, o a quella di concedere case a prezzi ribassati a titolo di favore o come compenso per prestiti o servizi ricevuti).
Riflessioni sull’incidenza che gli statuti capitolari ebbero sulla pratica amministrativa, e sulla mentalità individuale e collettiva dei canonici inducono, però, a riformulare in parte questo giudizio. Il fattore primario che spiega la ritrosia mostrata dai canonici nel rivedere i propri criteri amministrativi e la loro scarsa propensione all’accumulo capitalistico di denaro da reinvestire nella miglioria del loro patrimonio risiede proprio nell’animus del Capitolo e dei canonici, i quali seguirono, fin quasi al termine del periodo osservato, criteri di buon governo diversi da quelli che noi siamo erroneamente portati ad attribuir loro. Solo a cavallo fra i pontificati di Giulio II (1503-1513) e Leone X (1513-1521), sotto l’influsso di una sempre più marcata presenza di curiali e forestieri nelle fila del Capitolo, ebbe modo di emergere concretamente uno spirito imprenditoriale nuovo, che trovò massima espressione nella campagna di lottizzazione e concessione enfiteutica “a costruire” di ampie aree inedificate, poste lungo il tracciato dell’allora modernissima Via Giulia.